Radicofani e via Francigena – 16/18 settembre 2016
Arieccoli, dopo la pausa ferragostana, i prodi arcoirisiennes. Ma quanti saranno stati, direte voi. ‘Na cifra, amici miei, un botto. Ventisei. Fuori i nomi, direte voi malfidati e io ve li faccio; non faccio come quelli che strillano “trasparenza, trasparenza”, ma poi se chiudono in camera securitatis e chi s’è visto, s’è visto; ma l’assessore quando viè fuori? Ecco, dunque, i nomi (i cognomi soltanto per le omonimie): Marina Gabriella Tonino – Silvia Nadia Paola (Galiffa) Antonietta Anna – Lamberto Patrizia Giuseppe (questa prima squadra giocava col 3.5.3); Luciano (Cantisani: “io ti saluto, o vergine” e “noi vogliam dio ch’è nostro padre”) Isabella Massimo Caterina – Francesca Roberto (Brega) Luca Claudio Iolanda – Paola (Frammartino, “campanaro, suona le campane”) Roberto (Rossini): chiaramente un 4.5.2 (questa squadra più catenacciara); chiudevano i panchinari Elsa (la contista) Gualtiero (il resocontista) Luciano (Baldini, il tuttofare fra tanti tutto dire: a proposito vi piace la nuova parolina inglese – ma va – “storytelling”?) Lucilla (Duranti, sì quella del voi dateve da fa’, ma poi pensa a tutto lei).
Ma quali sono i punti base dell’escursione? Diciamo tre, anzi quattro, perché due parole le voglio dire sulle frequenze.
Gli iscritti (1) si ammucchiano in occasione di uscite urbane o quasi-urbane, diventano rare le persone delle escursioni in montagna (5-6 la media); e perché? Secondo me perché non c’è stato ricambio e senza turn over siamo tutti di vent’anni meno giovani, più pigri e meno disposti alle faticacce delle uscite in montagna con pioggia, freddo et omne tempo.
Che cos’era (2) la Via Francigena? Chi un po’ s’era guardato internet, un po’ lo sapeva di suo (la cultura che non conta più niente?). Un po’ ce lo ha spiegato prima Luciano, nostro maestro e guida, e un altro po’ l’assessore Fausto del Comune di Radicofani, un esperto sul serio; onore e vanto della sua giunta. Io adesso la via Francigena dovrei spiegarla a voi, ma ho in testa una gran confusione su tutte le alterazioni apportate nei secoli all’alveo stradale (ah Rossella dov’eri).
La “Grossa Osteria” (3) è il palazzo (la “posta” dove si cambiavano anche i cavalli e dove si mangiava e si dormiva); e Fausto ci ha guidato al suo interno, buon conoscitore delle tante vicende che ne hanno caratterizzato la storia. All’ingresso un portone enorme per consentire l’ingresso dei cavalli; e poi una cucina piccola per pranzi riservati e una enorme con un camino grosso come una stanza, per cuocere decine di polli, di anatre, agnelli e porcellini. Al piano superiore dormitori e vere e proprie suites per ospiti d’onore, tipo i duchi di Firenze (aoh, robba fina!). E di fronte al palazzo una fontana tutta scena per far restare gli ospiti a bocca aperta; ma fu necessario costruire una conduttura che portasse l’acqua dalla fonte più vicina (e noi pagavamo, cioè i cittadini d’allora).
Poco vi dirò (4) delle due laute cene: al ristorante La Torre venerdì, a la Grotta da Giusy sabato; qui tutti a bacià Giusy perché ci avevano già mangiato altre volte; ora io capisco Lucilla e Luciano e Caterina; ma Tonino? Dice che pure lui la conosceva e se la baciava alla grande. Vi dirò soltanto dei “pici all’aglione”, acqua e farina (altrove li chiamano strozza preti) con sugo di pomodoro e aglio e aglio. Tanti di noi li avevano scelti come secondo primo (scusate il bisticcio, ma non so che farci), altri li preferivano al ragù. Tonino li aveva chiesti all’aglione e il cameriere gliene aveva scodellati… una scodella, divorata la scodella, poi ha messo su una scena da attore (qual è): “prima a me erano pochi, perché nel piattone ce n’erano rimasti pochi, mo’ ne vorrei altri due”. Li porteranno gli altri, sì? no? Sì: arriva il cameriere con un piattone colmo e a Tonino ne versa un’altra scodella Tonino si placa e amen. Ma l’indomani, ultimo come sempre, aveva ‘na faccia…
Ora tocca (5) agli spuntini da Lucilla, dopo l’escursione della mattinata. Non vi sto a dire della varietà di questi spuntini: la panzanella, il prosciutto, la lonza, il salamone (Gualtiero bada che la seconda vocale non sia una o); melanzane, peperoni, frittata con cipolle, insalata mista con pomodori, ecc. e pomodori da soli. Ma, allora, li hai detti? Mbeh, magari con qualche omissione. E, in chiusura, torta e candeline per fare festa ad Anna (mia ex-alunna, a me sempre cara). E, dopo, caffè e ammazzacaffè (vari i tipi di grappa). Altro non aggiungo, se non che Gualtiero (alla chetichella) e Lamberto (alla luce del sole, che, pieno di Raggi, intanto s’era fatto largo tra le nubi) di tutto faceano man bassa, di tutto assaggiando più volte.
Per tutte le su esposte ragioni capirete perché, fra una Cassia e l’altra (e le mie “cassiate”, direbbe Peppe), non ci perderemo mai di vista. Con affetto Gualtiero