Domenica 2 maggio 2021 – E – Da Roccagiovine alla Villa di Orazio e al Prato delle Forme (percorso ad anello)
E’ sempre sorprendente riscoprire le bellezze del Parco Regionale dei Monti Lucretili, a 40 minuti scarsi di auto da Roma, un’area di grande valore non solo naturalistico, ma anche storico e culturale.
Dopo la recente escursione a Cima Casarene, nella zona nord del parco, territorio del comune di Orvinio, questa volta ci siamo persi e sparsi tra i boschi e i castagneti intorno a Roccagiovine, uno dei piccoli borghi che fanno parte del Parco, anzi l’unico il cui territorio è completamente all’interno del Parco stesso. Un piccolo gioiello, Roccagiovine, negato alla vista del viaggiatore, fino all’ultima curva della strada che, dalla statale Licinese, vero e proprio raccordo tra la valle dell’Aniene e la Sabina, sale ai 536 mt del centro abitato, con il suo castello, ora di proprietà dei marchesi Del Gallo, che si propone improvvisamente alla vista. Le notizie storico archeologiche ci dicono che tracce di insediamenti umani risalenti al neolitico sono stati riscontrati nei pressi, e che la rocca stessa sorge probabilmente sui resti di un antico tempio romano dedicato alla dea Vacuna, che è anche il nome della graziosa piazzetta presso la quale il plotoncino di arcoirisini (12 persone), attende scalpitante di poter sciogliere un po’ di acido lattico accumulato, ormai, in mesi e mesi di lockdown più o meno totali.
Al seguito di Giuseppe, ci incamminiamo per il primo tratto del sentiero, più che agevole, che ci porta in breve tempo ad ammirare prima il ninfeo degli Orsini con la sua piccola cascata, poi i resti della villa di Orazio, a lui donata dal suo “mecenate” Mecenate, e che ricorre spesso nelle sue liriche (santa wikipedia protettrice dei “periti industriali” digiuni di studi e letture classiche aiutami tu). E ce lo immaginiamo, il poeta del “carpe diem” passeggiare nelle caldi estati licinesi tra gorgoglii di acque rinfrescanti e frondosi ripari ombreggianti, mentre scrive un’ode alla sua vagheggiata Tindari.
Da qui si prosegue ancora agevolmente fino ad arrivare alla parte più impegnativa del percorso, dovendo salire rapidamente di quota tramite un sentiero sassoso e un tantino scivoloso, a causa anche della leggera pioggia caduta, fortunatamente, durante la mattinata, e cessata prima dell’inizio dell’escursione.
Ad ogni modo si sale tranquillamente, gli esperti e le esperte (ve lo dico, mi disturba l’uso dell’asterisco egualitario di genere tanto di moda in questo periodo), di botanica, indicano e fotografano “nontiscordardime” e ciclamini, i presunti trekkers (come il sottoscritto) cercano punti di riferimento altimetrici e panoramici affidandosi ad improbabili applicazioni informatiche che dovrebbero, miracolosamente, fornire preziose indicazioni sul telefonino … se solo ci fosse il segnale gps.
Chi parla e chi sta in silenzio. Insomma, ognuno con le sue “curiosità”, ma tutti godiamo, come sempre, dello stare all’aria aperta, del camminare, del respirare, dell’osservare la natura.
Fino ad arrivare alla meta di Prato delle Forme visto che l’eventuale obiettivo aggiuntivo della cima del Monte Follettoso viene scartato quasi subito, con la scusa dell’incertezza del meteo (si vabbè… !!) .
Il ritorno è una gradevolissima discesa lungo un bel sentiero che attraverso pianori e castagneti ci riporta alla piazzetta di Roccagiovine, dove la conclusione dell’escursione viene suggellata da una meritata birretta gustata ai tavolini del grazioso bar, con colonna sonora jazz che non ti aspetti.
Insomma, alla fine il buon Orazio ci aveva visto giusto, alla prossima .
Ode 1, 17, a Tíndari
Come un lampo dal monte Liceo vola/Fauno al Lucretile sereno e ogni volta/dai venti gonfi di pioggia e dall’ estate/infuocata difende le mie caprette.
E quando, Tíndari, le valli/e le pietre levigate, dove Ústica declina,/risuonano del suo flauto armonioso,/nel bosco tranquillo, isolate e sicure/le femmine del caprone selvatico/cercano gli arbusti nascosti, i timi,/e i capretti non temono piú l’insidia/dei serpenti o la ferocia dei lupi.
Gli dei mi proteggono: onorano/la devozione del mio canto.
E per te/dal corno generoso dell’abbondanza/verrà ogni ricchezza della terra.
Qui in una valle solitaria potrai eludere/l’ardore dell’estate e sulla cetra di Teo/cantare Penelope e Circe marina/che si struggono per lo stesso amante.
Qui all’ombra potrai gustare il vino/innocente di Lesbo: il figlio di Sèmele/non verrà alle mani con Marte,/né da un sospetto sorgerà il timore/che Ciro con insolenza ponga su te,/cosí debole, le mani impazienti e/laceri la corona fermata/ ai tuoi capelli o la veste indifesa.
Luciano C.
Roma, 6 maggio 2021
Bella escursione e bella descrizione! I Lucretili sorprendono con bellezze inaspettate 🙂 peccato che essendo in smart working al mare a sud ho rinunciato a questa bella gita insieme