Domenica 11 marzo 2012 – Il valore della Memoria: andiamo insieme a visitare le Fosse Ardeatine (percorsi in bici e percorso a piedi)
FOSSE ARDEATINE IL VALORE DELLA MEMORIA
Due resoconti questa volta perché Arcoiris si è fatta in due pur di accontentare i gusti e le “manie” di tutti i partecipanti. Percorso a piedi, appena 9,5 Km, su cui qualcosa dirò a breve e percorso in bici di circa 33,5 Km di cui si sono occupati Massimo e Pino e, quindi, a loro spetterà resocontare. L’appuntamento l’avevamo tutti insieme, a Centocelle, a Piazza delle Camelie dove una buona parte di noi si è ritrovata tante volte il 25 aprile per ricordare e commemorare i “resistenti” del quartiere. Anche se, in realtà, gruppetti di due o tre ci hanno raggiunti durante il percorso. Il percorso, già. Questa volta più che mai un percorso della memoria ed allora per non dimenticare, le nostre guide hanno raccolto tanto, tanto materiale su ciò che è accaduto a Centocelle, al Quarticciolo, al Quadraro in quei nove mesi di occupazione nazifascista della città. Roma città aperta, chi non se lo ricorda? Roma città occupata che in quei nove mesi, però, ha dato prova di essere in grado di liberarsi, di far nascere a nuova vita, dalle macerie, la propria libertà. Il materiale, è vero, è tanto, ora, da qualche anno, ma è anche pieno di tante versioni “diverse” sulle stesse vicende. A volte non si è sicuri neanche dei nomi che appaiono sulle lapidi, persino su quella di piazza delle Camelie, nonostante ci siamo dati tanto da fare per avere un monumento su questa nostra piazza. Ci sono voluti dieci/quindici anni e ora scopriamo che non è detto che quei nomi siano proprio quelli dei resistenti centocellari. E perché? Beh, perché per molto tempo, per troppi anni, la memoria è stata solo orale o anche perché molti dei protagonisti rimasti in vita negli anni successivi non sempre hanno voluto narrare cosa era successo. Eppure anche qui in queste periferie, allora ancora campagna, si è respirato aria di libertà. Centocelle ha vissuto un mese, un mese e mezzo di liberazione già nel gennaio febbraio 1944, grazie anche all’aiuto delle forze dell’ordine fasciste che di giorno vigilavano le strade e le piazze e di notte prestavano le loro armi ai partigiani perché si esercitassero. A piazza dei Mirti si facevano comizi antifascisti. E poi sì, qui c’era l’VIII zona, c’erano persone come Bentivegna e Carla Capponi. E c’era anche lo strafamoso gobbo del Quarticciolo un po’ ladruncolo e un po’ Robin Hood romano. Eppure un ragazzo di 15/16 anni metteva tanta paura allora (furono arrestati tutti i gobbi di Roma a causa sua) e ne ha messa tanta anche per molti anni dopo, perché la sua leggenda è sopravvissuta, seppur malamente, visto che ancora alla fine degli anni ’60 e negli anni ’70 si diceva “il gobbo del Quarticciolo” come a dire “l’uomo nero”. Nel nostro percorso siamo riusciti pure a non perdere il gusto dell’archeologia. Villa De Santis, quindi, ed il mausoleo di Sant’Elena, niente meno che la madre di Costantino. E poi cammina, cammina siamo arrivati al Quadraro, a Piazza XVII aprile 1944, dove un monumento ricorda il rastrellamento di circa 1000 persone portate a lavorare in Germania. Prendevano tutti i maschi dai 16 ai 60 anni, quelli che non morivano prima li caricavano sui treni e sui vagoni scrivevano “lavoratori volontari”. Così i deportati venivano pure giudicati collaborazionisti. Letture di racconti, di storie vere su quella tremenda mattina, letture delle difficoltà del movimento Bandiera rossa a comprendere, a fine guerra, la linea di Togliatti che mette insieme ai partigiani anche i carabinieri. Quadraro e Quadraretto, incroci di acquedotti e luoghi insospettabili, case insospettabili come quella con i busti di Garibaldi, Mazzini, Cavour e non eravamo al Gianicolo. Tu guarda le nostre periferie! È sorprendente camminare nella nostra città e scoprire, verificare che non c’è solo il centro. Ultima tappa Fosse Ardeatine, lì ci aspettavano tre compagni dell’A.N.P.I. Meno male che con loro ancora si può dire. A me piace tanto la parola compagni perché significa che si è mangiato il pane insieme e cosa c’è che può unire di più della condivisione del pane? Il piazzale d’accesso è dedicato alle vittime di Marzabotto ed anche lì Arcoiris si è recata anni fa. La sofferenza e l’orrore sono tutti ancora nei nostri cuori. Modesto, Renata ci hanno raccontato una storia che molti già conoscevano, ma sentirla da chi ha vissuto quegli anni e quegli avvenimenti è un po’ come essere stati con loro in quei momenti tragici. Nelle grotte, dove 335 persone sono state barbaramente uccise, dove sono state eseguite 335 esecuzioni, cala il silenzio. Quei 335 dobbiamo pensarli uno per uno, dobbiamo immaginarli singoli individui e non numeri. Le lapidi, con i loro nomi, lì dove c’è stato il riconoscimento (molti sono ignoti), l’età ed il lavoro svolto, sono disposte semplicemente una accanto all’altra, e percorrere quei corridoi in silenzio è ciò che possiamo fare per ognuna di quelle 335 persone, insieme all’impegno di mantenere viva la memoria non per continuare a piangerle, ma per far sì che gli orrori del passato non rivivano più.
Caterina