E’ arrivato il nuovo bastimento dagli States. Il primo Presidente degli Stati Uniti e l’abolizionista John Brown sono i protagonisti della corrispondenza dei nostri Alessandra M. e Stefano P.
H come Harpers Ferry
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He captured Harper’s Ferry with his nineteen men so true | Catturò Harper’s Ferry con i suoi fedelissimi diciannove uomini |
He frightened old Virginia till she trembled through and through | Terrorizzò la vecchia Virginia finché fu tutta un tremore |
They hung him for a traitor, themselves the traitor crew | Lo impiccarono come traditore, quelli che erano traditori loro stessi |
His soul is marching on | La sua anima continua a marciare |
Glory, Glory! Hallelujah! | Gloria, Gloria! Hallelujah! |
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La melodia della canzone dedicata a John Brown, in parte riportata di sopra, è uno dei ricordi più nitidi della mia infanzia. La marcia molto orecchiabile è ancora popolare qui negli Stati Uniti.
Il giudizio storico sul personaggio è ancora controverso tra chi lo considera un pazzo esaltato e chi pensa a lui come un martire della lotta contro la schiavitù in America. John Brown era originario del New England ma si trasferì nel Kansas, con alcuni dei suoi ventidue figli, per combattere la schiavitù. Era dotato di buone capacità retoriche ed era convinto che le iniziative politiche non avrebbero mai condotto all’abolizione della schiavitù, così tentò di organizzare una ribellione armata che coinvolgesse gli schiavi nella lotta. La canzone ricorda la sua ultima impresa, l’attacco all’arsenale federale di Harpers Ferry, condotto il 16 ottobre del 1859, con tre dei suoi figli e quindici altri compagni sia bianchi che di colore. La piccola truppa di John Brown si asserragliò dentro l’arsenale e resistette agli assalti dell’esercito regolare, contando sul fatto che gli schiavi si ribellassero e venissero in loro aiuto. Ciò non accadde, lui fu sconfitto ed impiccato all’età di 59 anni. Per la maggioranza delle persone degli Stati del nord John Brown fu considerato un martire per una giusta causa, mentre per la popolazione del sud rappresentò una indebita interferenza degli Yankee nella loro vita.
Harpers Ferry è una cittadina della West Virginia che dista circa un’ora di macchina da Washington, ha la particolarità di trovarsi al confine di tre stati: West Virginia, Virginia e Maryland. Prende il nome da Robert Harper che nel 18° secolo era proprietario della linea ferroviaria che passava da quelle parti. A tutt’oggi ha uno scalo ferroviario funzionante e la stazione è stata ricostruita sullo stile di quelle che si vedono nei film western. Ovviamente il sito “storico” più importante, e più visitato, è il forte all’interno del quale si asserragliò John Brown. Non vi fate grosse aspettative perché è una piccola palazzina un po’ anonima, intorno alla quale, però, gli americani hanno collocato una serie di cartelli che spiegano per filo e per segno tutta la storia.
L’aspetto veramente spettacolare è l’enorme parco naturale che la circonda. Harpers Ferry è situata nella valle di Shenandoah alla confluenza dei fiumi Shenandoah e Potomac. Dalla cittadina partono molti sentieri che si inerpicano sui monti Appalachi (Maryland Heights Trail) e offrono percorsi con differenti gradi di difficoltà, tutti ben segnalati e con molti cartelli che illustrano le particolarità del luogo. Durante la guerra di secessione Harpers Ferry era la città più a nord controllata dai confederati ed è stata quindi teatro di diversi combattimenti tutti ampiamente documentati lungo il percorso dei sentieri.
Noi abbiamo scelto una passeggiata semplice di due ore che ci ha portato sul picco che sovrasta la cittadina da sud. La vista vale assolutamente lo sforzo fatto per raggiungere la cima perché si può ammirare la confluenza dei fiumi e l’enorme foresta che circonda la cittadina.
H come Home of George and Martha Washington
Qui George Washington è come Garibaldi da noi, ovunque ti giri trovi un monumento, una piazza o una qualsiasi cosa a lui dedicata. Il sospetto è che qui lo prendono molto più sul serio che da noi e, quindi, quando lo commemorano la retorica non si lesina.
L’attuale capitale degli Stati Uniti sorge a poche miglia di distanza dalla tenuta che i coniugi Washington si erano costruiti e che il presidente amava molto, tant’è che dopo aver sconfitto gli inglesi nella guerra di indipendenza George Washington si ritirò in questa casa rinunciando a tutti gli incarichi che gli volevano proporre. Ovviamente quando sono arrivati a proporgli di fare il primo presidente degli Stati Uniti, unico ad essere stato eletto all’unanimità, lui non si poté più tirare indietro ed accettò.
La tenuta si chiama Mount Vernon e comprendeva, oltre alla casa padronale, tutti gli alloggi per gli schiavi, alcuni opifici, tra cui consigliamo di visitare la distilleria, ed ovviamente una ampia distesa di terreno per le piantagioni. Per quanto riguarda gli schiavi la particolarità che si ricorda è che Washington dispose nel testamento che venissero tutti liberati alla morte sua e della moglie. Questo viene citato come gesto di grande generosità e illuminato per i suoi tempi anche se a noi ci sembra un “tantinello” postumo.
La casa padronale è una villa di due piani che sorge su una collinetta che affaccia su un’ansa del Potomac, alle spalle della casa sorgono tutte le costruzioni per il personale e vari giardini. Si può anche visitare la tomba dove Washington è seppellito accanto alla moglie.
Come al solito è tutto ben organizzato e oltre al tour della tenuta si può visitare anche un museo che illustra dettagliatamente la vita del primo presidente e fornisce informazioni molto interessanti sulla storia americana di quel periodo.
Nel 1800 Mount Vernon era in stato di abbandono, fina a quando non si costituì la “Mount Vernon Ladies’ Association” un’associazione di donne, la prima negli USA, che si fece carico di raccogliere i fondi e di promuovere i lavori di restauro. Ancora oggi è questa organizzazione che gestiste il sito turistico.
Un’altra piacevolissima lettura… grazie mille!!
Buona continuazione e un caloroso saluto,
Luca