Roma, 14 agosto 2022
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“Lo conosci un veterinario? no perché io c’ho un cane ma me l’hanno tolto. Dice che i pregiudicati … insomma dicono che nun possiamo tenere i cani. Ma chi nun ha sbajato in Italia? … io a ‘sto cane devo faje le vaccinazioni, ma quella contro i vermi costa trenta euro, tu lo conosci un veterinario?”. “Quello dice di avere il tesserino da giornalista, ma tu ci credi? Oh, il tesserino da giornalista mica lo danno a tutti!”. “No, in Municipio? In Municipio non troviamo a nessuno, poi ad agosto… Perché non ci fai il permesso fino al 31? Dai faccelo fino al 31!”. “No, guarda io firmo su quell’altro librone, no su questo! Oh, hai capito! E’ su quell’altro che firmo io! Ho sempre firmato su quell’altro!”
Discorsi, pezzi di discorsi, sotto l’alto tetto del capannone della mensa Caritas di via Casilina, le parole si rincorrono a volte numerose, spesso distillate. Quel vecchietto che se li porta bene gli anni, con la sua bella camicia bianca a quadri azzurri, e uno strano cappellino da basket bianco, parla, accidenti se parla. La sua chiacchiera torrenziale investe il suo amico e compagno di tavolo chino sul piatto, quasi curvato sotto il fiume di parole che lo travolge.
Molti sono soli, alcuni ingrugnati contro il mondo, alcuni distinti, magari con un bel cappello di paglia in testa. Lui, dal bel portamento, quasi un Sidney Poitier calvo, consuma il suo pasto – i fusilli, oggi, hanno avuto un gran successo – da solo, in silenzio, disteso con lo sguardo proiettato nel vuoto.
Mentre sono al desk dell’accettazione e mi scorre davanti una fila quasi ininterrotta, mi ritornano alla mente le parole di una volontaria della mensa Caritas di via Marsala, trascritte in un articolo di Giancarlo De Cataldo:
“Sono entrata qui pensando di farcela a risolvere la vita alle persone e presto mi sono resa conto che mi ero data un obbiettivo impossibile. Finché si può, e sin dove si può arrivare. In sostanza, si tratta di diventare un punto di riferimento in queste vite complesse, e l’unico modo è percorrere insieme un pezzo di strada” (*).
Oggi siamo in sei di Arcoiris a percorrere un tratto di strada insieme,
Antonietta, Luciano, Lucilla, Linda, Michela e Simone. Qualcuno sgobba a porgere e svuotare i vassoi, a lavare pentole e padelle, qualche altro, affaticandosi di meno, si dedica all’accoglienza e all’igienizzazione dei tavoli.
Sia i nuovi, quelli alla prima esperienza, che quelli che hanno già sperimentato il lavoro del volontario alla mensa Caritas, si muovono bene, con precisione ed efficienza, forse anche per questo una suora volontaria ci chiede: “ma voi da che Parrocchia venite?” “no, guardi noi siamo solo di Arcoiris, un’Associazione di trekking”, rispondiamo. Chissà, forse pure questa è una Parrocchia!
Si è fatto sera quando torniamo a casa, è una splendida sera romana, e su un gruppo whatshapp mi arriva questa frase di Gino Strada: “Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.“ (**)
Sì, Gino, proviamo a percorrere insieme un pezzo di strada.
(*) https://www.repubblica.it/cronaca/2022/08/04/news/quelle_vite_ai_margini_che_i_giovani_volontari_provano_a_salvare-360309170/
(**) Gino Strada, Buskashì. Viaggio dentro la guerra, Feltrinelli
Sì, noi siamo di Arcoiris, facciamo trekking, è vero, ma penso che l’esperienza alle cene delle varie feste dell’Unità conti veramente tanto in queste situazioni.