newsletter: Viva la curiosita

16 – All’Università (1955 – 1960)


numero 25 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk –febbraio 2023


L’ambiente, i cineforum, le letture, la notorietà di alcuni professori di Lettere (Sapegno, Muscetta, Salinari) mi avevano avvicinato definitivamente alla Sinistra con una spiccata simpatia per il Comunismo, ma l’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS (1956) corresse le mie simpatie; mi avvicino al PSI di Pietro Nenni…

sui gradini della Facoltà di Lettere della Sapienza negli anni Cinquanta

Intanto a Lettere è un brulichio di ragazze romane e reatine, abruzzesi e marchigiane; e di altri territori; proprio tante, con le quali è facile attaccare. Ce ne sono di famiglie altolocate e proletarie come la mia. Una mattina ero in compagnia di un mio compagno di liceo, Vittorio Sbardella, notoriamente di simpatie fasciste; era venuto a Lettere per rimorchiare, mi disse; mi accompagna nell’Aula Magna, lezione di latino con lo spauracchio Paratore: la frequenza di ciascuno di noi è stigmatizzata dalla propria firma, ma c’era l’abitudine di firmare anche per qualche collega assente; bisognava solo guardarsi le spalle da qualcuno degli Assistenti infiltrati tra di noi; non so se poi veniva eseguito il controllo grafico. Attaccammo bottone (!) con due altolocate, una mi ricordo figlia di un Generale. Parlando dell’estate, sfoderarono vacanze estere, Barcellona, Chamonix, Mont-Blanc, roba così; io, allora, che sono di Castel Madama, sparai le mie vacanze a Chateau Madame, alla frontiera franco-svizzera. Di quell’approccio non ricordo altro, ma non morivo dalla voglia di stringere, un po’ per quella estrazione sociale che mi intimoriva e un po’ per l’ideologia che caratterizzava il mio eventuale compagno di avventura. Un po’ perché…

Perché Elsa. Elsa era stata la mia fidanzata al tempo del ginnasio: lei 12 anni, io 14; e in testa mi ronzava il motto “Paese e buoi dei paesi tuoi”; e quando… Quando un giorno Vittorio, cugino di Elsa e mio collega a lettere, mi informò che la cugina, conseguita la maturità, non avrebbe proseguito gli studi. Io, rimuginata la notizia per qualche giorno, conclusi che Elsa non poteva fermarsi alla maturità, doveva intraprendere gli studi universitari. Perciò prendo la corriera per Castel Madama e la incontro; le sciorino le mie conoscenze del mondo del lavoro presente e futuro, l’utilità, la convenienza e l’opportunità di perseguire una laurea. Lei, come sempre molto pragmatica, mi disse: “E perché mi fai ‘sto discorso?”; e io, rimasto come un baccalà, farfugliai: “Ma noi non possiamo fidanzarci?”: e lei: “Se è per questo che me lo chiedi, allora posso fare l’Università”. Svolgendo un po’ la pellicola, ci siamo sposati nel luglio del 1962, tutti e due insegnanti di lettere.

l’ingresso della Facoltà di Lettere e Filosofia in una foto d’epoca

Degli anni universitari ricordo alcuni momenti in particolare. Uno è certamente l’esame di Storia Medievale (professore Raffaello Morghen). Era il mio quinto esame, il più importante. Avevo studiato molto, soprattutto gli ultimi giorni prima dell’esame, anche la notte precedente. Alle prime due domande non rispondo e il professore mi invita ad uscire: è la mossa che precede la bocciatura; esco e attendo tutto affranto. La commissione starà esaminando il libretto, forse; i quattro esami sostenuti sono quattro trenta; passa qualche minuto e mi richiamano; non mi respingono ma riprendono a farmi domande su momenti cruciali della Storia Medievale; rispondo sempre a tono: ormai quel mondo mi era tornato tutto chiaro; mi licenziano scrivendo sul libretto “ventisette”. Da quel giorno non ho più studiato il giorno prima degli esami, che ho poi affrontato con meno ansia in corpo.

il compendio di Sapegno, fra i testi di studio

Un altro momento particolare mi capitò durante la discussione della mia tesi di laurea (“La lingua poetica di Tommaso Campanella”). Premetto che la storia della lingua italiana mi ha sempre appassionato. Io, dunque, sostenevo che Campanella, come già era capitato a Omero (quandoque bonus dormitat Homerus, ogni tanto dormicchia il buon Omero: lo dice Orazio), dormicchiava pure lui: e cito un verso ipermetro, troppo lungo insomma.

Gualtiero nel 1960, l’anno della laurea

Ma il prof Monteverdi interviene e legge il verso in questione in modo tale da farlo risultare della giusta misura; io, che non condivido, confermo la mia lettura e Schiaffini, il mio relatore, la chiude là…

Una nota politica di quegli anni. Nel febbraio del 1960 mi ero appena laureato, quando il PSI di Castel Madama, dove sono nato, mi chiese di entrare – per le elezioni comunali – nella lista “Vanga e Stella”; divento così consigliere comunale di Castel Madama con i socialcomunisti, io appartenente a una famiglia di provata fede “democratica”, cioè democristiana! La mia scelta fu aspramente condannata dai miei parenti, che non mi ospitarono più durante tutta la campagna elettorale; ma anche la mia futura suocera non gradì la mia candidatura, posto che già le era toccato in sorte di sposare un comunista. Fatto sta che mi ritrovai nella condizione di esiliato in patria: perciò, chiuse le giornate di campagna elettorale, con mezzi notturni tornavo a Roma fra l’una e le due, in piena notte; e l’indomani alle 7,10 prendevo la corriera per il paese, dove avevo cominciato ad insegnare, distante da Roma 56 chilometri. Omnia vincit amor. Nunc et semper

Gualtiero

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