Viva la curiosità
di Gualtiero
speciale Natale 2023 – 22 dicembre 2023
A quei tempi tutti avevano una casa, dove star bene, la notte di Natale. E che belle magnate de frettej, che so’ come i fiji: ppiù ne fa, e ppiù ne fa beji! E dove li metti i maccarù? E le castagne bianche addò le mitti?
E doppu cena ce remmischiemmo coi parénti; e con i più stretti del vicinato. Giochemmo a tommola o a simmorella (quei soldini, sotto i mucchietti di semola, fortunato chi li indovinava!). Si mangiava in abbondanza a Natale e noi ragazzi ci dicevamo: “panza mea, fatte capanna!”, perché – come si ripeteva a più voci – “doppu Natale friddu e fame”.
Si mangiava e si giocava fino alla Santa Messa di mezzanotte, quando a vedere la nascita del Bambinello ci andavamo tutti, ma proprio tutti. E a mezzanotte in punto, il drappo che copriva Gesù Bambino, ogni anno, (no’ nne sgaréa unu, sa!), miracolosamente si sollevava, tirato su dalla cordicella manovrata con sapienza dal sagrestano, nascosto dietro l’altare.
E la tombola? Natale era la festa sea! Tutti che aspettavano l’estrazione del numero; e chi la tirava doveva ripeterli spesso i numeri: o perché nonno (o nonna, fa’ tu) ormai ci sentiva poco; o perché mamma co’ ziema Irena se scambieanu i commenti sui frettej; o perché il Peppe di turno sotto la tavola era distratto dalle grazie di Maria, quella birbante che maliziosamente fra sé invocava: “papà… Peppe me tocca” e sottovoce dicea: “toccame.. Pè”.
All’uscita dei numeri, di quelli col doppio o triplo senso, c’era il commento di chi la tirava e un ammiccare furbo fra gli adulti; e le adulte. Eccoli alcuni numeri incriminati (‘Ntuniucciu”, che se ‘mbriachéa cannu jèa a caccià a beve, era il 19; “le cianghi delle vecchie” il 77 “; “sopre e sottu” il 69). I bambini anche allora piangevano, se non vincevano. E zi’ culòna, fattasi vecchia, che era sempre stata un po’ pirchia”, sbottava: “aoh, vesta è l’utima! ‘n ze vence mmai, me stete a spullà”.
E i numeri, mano mano che uscivano, li segnavamo sulla cartella colle favi (che te lle potevi pure magnà); o coi fazoli, no quelli boni però, ma quelli tarlati; o coi pezzetti delle cocce de merangulu (le bucce di arancia spezzettate); ma solo chi aveva consumato una cena più signòra.
E oggi? C’è nostalgia, oggi, di quel sapore antico? Il sapore della buccia d’arancia e delle fave compreso? Molti di noi giocano ancora a tombola durante le feste di Natale, ma più per dovere verso i piccoli; più per tradizione; e solo in attesa di dare inizio a giochi emotivamente più forti, giochi da maschi, come bestia, giochi dei tempi moderni, come il poker, il vero gioco d’azzardo dell’era industriale, che non ha più niente della sana parsimonia contadina. Figurarsi i giochi dell’era telematica! Oggi c’è un po’ di nostalgia; ma, almeno, le mamme non devono più preoccuparsi de mannà… ca’ etto de farina a vella poveretta, che sennò ‘n pò fa nemminu do sagne ‘nvosse, le fettuccine con l’acqua; e non con le uova, che costavano troppo per lei. Ma ce stau j’estracummunitari; e la rota reggira…
Bel racconto, come ci hai ormai abituati a leggerne.
Auguri di buone feste. 🌈
In questo racconto quanti ricordi condivisi! Grazie ancora, e Buone Feste davvero!