Viva la curiosità
di Gualtiero
speciale Capodanno 2024 – 31 dicembre 2023
“Chi ggira la notte de Natale, o upu o cane”. Non so se fosse proprio così a Castel Madama, la notte di Natale: che nessuno girava, se non i lupi o i cani.
E, pur avendo continuato per tanti anni a trascorrere ancora qui, in paese, le notti di Natale, non so se il proverbio si attaglia ancora alle situazioni di oggi: per la semplice ragione che io quella notte, intensa di emozioni, ieri, e oggi anche di ricordi, la trascorrevo e la trascorro insieme a familiari e parenti, un gruppo-famiglia di una ventina di persone.
Ma credo che un po’ tutti si trovassero, e si trovano, nelle mie condizioni: forse è proprio da qui che nella testa di qualcuno si è configurato il detto “chi ggira la notte de Natale, o upu o cane”; e tutti consentirono. Del resto, non è così che nascono i proverbi?
Certo che, quando ero bambino, a Natale l’interno della casa era insolitamente intasato. Gente da tutte le parti: in cucina a preparare piatti speciali le donne; primo fra tutti i maccheroni (che per l’occasione si prenotavano una ventina di giorni prima, perché dovevano venire da Roma), conditi col sugo fatto di conserva-aglio-alici (il tonno era un lusso permesso solo ai benestanti) e, poi, i fretteji, (che)ppiù nefa e più ne fa bbeji.
In nervosa attesa gli uomini, magari già seduti a tavola o aggirantisi alle spalle delle donne, prunti a longà la mani su ‘n fretteju, approfittando di una momentanea distrazione femminile…
Oggi, che i miei genitori non ci sono più, che altri parenti sono morti ed è morto anche Vittorio, mio secondo padre oltre che caro fratello maggiore, il mio Natale non si intesse più soltanto di emozioni, come una volta, ma anche di ricordi, come ho detto; e anche di apprensione, di inquietudine e di dolorosi vagheggiamenti: chi sarà di noi più grandi a mancare per primo, privato così, “nella notte dei… tanti frittelli”, dell’ innocente piacere di gola, fatto di bocconi trangugiati in fretta per battere la concorrenza?
Ma non per tutti il Natale è sempre stato giornata di festa e di allegria da trascorrere con gli altri, in mezzo alla gente, fra i propri cari (pensate al dolceamaro “Natale in casa Cupiello” del grande Edoardo De Filippo; e, se non lo conoscete, leggetelo). Nemmeno per me il Natale è stato sempre allegria, per me, che certe annate – con Ungaretti – ho così amaramente implorato:
“Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata … “
E’ andata così in diverse circostanze: per la morte di una persona cara, per la fine di un amore, di un’ amicizia, di una speranza.
Il Natale può non essere una giornata di allegria per tante persone: per chi vive in esilio, lontano da casa, dalla Patria, come oggi tanti polacchi, jugoslavi, filippini, macedoni, etiopi; e, come ieri, tanti italiani che andavano in America a cercare una speranza di vita, spesso trovando diffidenza e ostilità.
A Roma, a Napoli, a Genova, a Venezia, spero che dovunque, a prescindere dal colore del sindaco e della Giunta, chiunque sia la parte vincitrice, spero fortemente che ciò non costituisca, per i tanti stranieri che noi ospitiamo, motivo di apprensione, di amarezza, di paura; spero che tutti a Natale abbiano una casa, un fuoco, una famiglia; spero che nessuno, a Natale, debba girare solo per le strade, come un lupo, aggressivo; o come un cane, randagio.
Ancora oggi, a un certo punto della ricca cena, ci sarà qualche anziano, che a un certo punto se ne uscirà scandendo le parole: “Aricordeteve: chi ggira la notte de Natale, o upu o cane”. E così sia.