Viva la curiosità
di Gualtiero
n. 7 – aprile 2024
Mia madre era maestra e, negli anni trenta, in paese lei, che veniva da Roma, era tra le poche persone che parlavano italiano. Quindi non usava quel parlare paesano intercalato da motti e proverbi, che presto sono invece diventati la mia più accesa curiosità culturale.
Mia madre, per quel che ho detto, quando mi vedeva reagire con troppa lentezza ai suoi comandi o inviti a muovermi con prontezza, ma non in fretta, altrimenti – ecco il suo primo motto: “presto e bene raro avviene” – mi ammoniva con un bel “chi ha tempo, non aspetti tempo” (e notate la raffinatezza del congiuntivo – l’italiano di una volta!), oppure con a frase più meditata “non rimandare a domani quel che puoi fare oggi”.
(Ma adesso mi concedo una parentesi di qualche riga, per riflettere sull’italiano di oggi, l’italiano dei giovani ma anche di persone adulte e mature (le quali almeno per l’anagrafe dovrebbero esserlo… mature). Ormai leggo sui social “6 andato” e “nn” (per “non”)… e “qlq” per “qualunque”: insomma c’è una fame di vocali che spaventa. Oppure, scrive o dice quel o quella giornalista “di grido” : “piuttosto” e io mi aspetto una affermazione disgiuntiva, alternativa alla precedente; invece no, sta dicendo che una cosa vale l’altra. Chiudo qui la parentesi; sennò appaio veramente un vecchio querulo) …
E torniamo a mia madre. Spesso soffriva di insonnia e io, per imitarla, ho cominciato presto a soffrire di insonnia. Lei una volta mi disse che restare di notte a letto quando non prendi sonno, è inutile; lei si alza e si mette a trafficare in cucina o prende in mano l’ago, o l’uncinetto o i ferri per finire un maglione. Insomma, sembrava dirmi di non cadere nel vortice della noia, se non vuoi che la noia ti faccia brutti scherzi con pensieri molesti, cattivi, neri e comunque depressivi. Che è una condizione, uno stato psicologico (e fisico) che non auguro a nessuno; e di cui hanno sofferto grandi personaggi come Indro Montanelli o Vittorio Gassman e, adesso, anche quel giovane cantante che al Festival di San Remo ha svelato la sua depressione …
Sì, però. Però c’è tutta una nuova scuola di pensiero che ti suggerisce, ti stimola, ti ordina di vivere con lentezza per apprezzare la vita, se non vuoi che la tua vita se ne rotoli via senza che tu neanche te ne accorga. E si ricorre addirittura al motto latino, di tanti secoli fa, “festina lente!” (affrettati lentamente). Insomma già gli antichi romani avevano capito che “chi va forte, va incontro alla morte” (e non conoscevano la potenza degli attuali bolidi).
Io, assai più modestamente, penso che, se ti senti bene, apprezzi i consigli di chi ti invita a vivere la tua vita con lentezza; ma se vivi tempi di brutti pensieri, vorresti bruciare il tempo, tutto il tempo della tua vita, sperando, quando sai ancora sperare, che arrivino tempi migliori.
Un’ultima riflessione. Esistono libri, libretti e libricini, rivolti soprattutto ai giovani, che insegnano come vincere la noia, l’ozio che come si sa è il padre di tutti i vizi. Ma ne esistono altri di libri che inneggiano alla noia, perché è creativa, artefice di alte opere che nobilitano lo spirito. Ma già gli antichi romani, che se ne intendevano, ritenevano che l’ozio (otium) fosse da preferire al neg-otium, perciò i lavori, specialmente quelli pesanti, li lasciavano fare agli schiavi.
E una nota conclusiva. Ci avete fatto caso che, per ogni situazione, ci sono spesso motti e proverbi alternativi? Ah, la saggezza del popolo!