31 maggio 2024
Visita alla mostra sulla Rivoluzione dei Garofani
Mica sempre a scarpinare per monti e per valli questi intrepidi arcoirisini. Oggi 31 maggio facciamo gli intellettuali e andiamo a visitare una mostra appena aperta sui cinquant’anni dalla portoghese rivoluzione dei garofani, del 25 aprile 1974. Data significativa il 25 aprile! Per noi italiani, per i portoghesi e, se permettete la digressione privata, per un mio cognato molto comunista che festeggia il compleanno, per un altro cognato che festeggia con la moglie l’anniversario di matrimonio, per la signora filippina che viveva con mia mamma, che festeggia anche lei l’anniversario di nozze, per sua sorella che a sua volta festeggia la stessa ricorrenza … Insomma, il 25 aprile ho molte telefonate da fare.
Vabbè,vabbè, torniamo alla mostra. Arrivo un po’ in anticipo (unica ad usare i mezzi pubblici, ci tengo a specificarlo) e ne approfitto per visitare la bella mostra di Serafino Maiorano nel padiglione di fronte: continua fino alla fine di agosto, ve la consiglio se capitate da quelle parti.
Di più hanno fatto Luciano e Lucilla, che non si sono limitati a consigliarci la mostra sulla rivoluzione portoghese da loro già vista ma ci hanno accompagnati con la consueta generosità. Dopo le sobrie informazioni introduttive di Luciano, ognuno per suo conto e coi suoi tempi visita la mostra. Mostra che inizia con alcuni pannelli che raccontano sinteticamente i convulsi avvenimenti non solo di quel giorno ma dei due anni successivi. Che casino! Sfido chiunque a ricostruirli con ordine, perché, se in 24 ore i militari pacificamente posero fine alla dittatura di Caetano, nei due anni successivi, fino alla Costituzione democratica promulgata esattamente il 25 aprile del 1976, ci fu una grande instabilità, per il contrasto fra i partiti della sinistra e quelli moderati, con tentativi di golpe, fughe all’estero, nazionalizzazione di banche e industrie, svolta socialista ma con l’appoggio dell’ala progressista dei militari, occupazione dei latifondi, azioni terroristiche, governi di breve vita, partiti dilaniati da correnti, questione coloniale … Non fu facile pervenire a quella Costituzione socialista, che riconosceva i diritti del lavoro e i doveri di solidarietà (e che fu molto mitigata dalle riforme costituzionali del 1982 e 1989)!
La mostra è prevalentemente fotografica ed espone foto dell’epoca, di autori portoghesi e non (comprese foto ancora amatoriali di Sebastião Salgado), organizzate per aree tematiche: il ruolo delle donne, la riforma agraria, la decolonizzazione, tema, quest’ultimo che mi ha colpito molto, perché, oltre ad essere stato un evento che si è compiuto rapidissimamente (pur non senza contrasti fra i partiti), non solo ha avuto enormi ricadute sulle ex-colonie ma ha generato l’ulteriore dramma dei profughi, i retornados, ben mezzo milione di persone, costretti a rientrare in un paese con una già grave disoccupazione. Le foto relative, con adulti e bambini in fila per imbarcarsi verso l’ignota madrepatria, sono commoventi.
Molto belle anche le foto, queste a colori, che immortalano l’occupazione delle terre, con i cappellini di paglia delle donne, che, col loro vestito migliore, sembrano andare ad una festa campestre. La gioia, finalmente! Ma anche la timidezza con cui entrano nelle case abbandonate dai latifondisti. Bella la foto delle lavandaie al fiume. Anch’io ricordo che al paese di mia nonna, ancora alla fine degli anni sessanta, vedevo scendere al fiume alcune donne, con la conca di rame in regale equilibrio sulla testa, e poi sciacquare e battere con energia i panni sulle pietre dell’argine. A suo modo, una festa antica anche quella.
Curiosa, in particolare, una foto in cui due militari stanno sdraiati col fucile puntato, in una strada cittadina, mentre sul marciapiedi scorre un traffico pedonale indifferente a loro e solo due bambini si chinano a guardare da vicino “i soldatini” armati.
Oltre alle foto, la mostra espone le prime pagine dei giornali dell’epoca (la fine della censura e il fervore editoriale sono uno degli aspetti della fine della dittatura), le opere grafiche coloratissime della propaganda elettorale per le prime elezioni, i libri di poesia. In particolare, su una parete sono stampati i versi di Sophia de Mello Breyner Andresen intitolati 25 de Abril. Mi piace riportarli, anche perché il primo verso dà il titolo alla mostra, L’alba che aspettavo:
Esta è a madrugada que eu esperava
O dia inicial inteiro e limpo
Onde emergimos da noite e do silêncio
E livres habitamos a substância do tempo.
Come mi piace citare il bel quadro di Maria Helena Vieira da Silva, amica della de Mello, che ritrae un popolo che avanza pacifico per una via di Lisbona, agitando garofani. Il titolo: A poesia està na rua, La poesia è nella strada.
Infine, una saletta è destinata alla riproduzione video di tre filmati d’epoca (uno di Carlo Lizzani).
Ad accoglierci, dimenticavo, un video del coro di Giovanna Marini, che riproduce in un loop marziale la canzone Grândola Vila Morena, la cui trasmissione dalla radio Renascença fu, venti minuti dopo mezzanotte del 25 aprile 1974, il segnale di avvio dell’azione rivoluzionaria. Con tutto il bene che vogliamo alla bonanima, un martellamento di … orecchie non sopportabile più di due minuti.
Cosa manca in questa mostra? Un foglietto pieghevole, con qualche notizia e qualche immagine della mostra stessa. E, soprattutto, mancano i garofani. Mancano al punto che, sulla stessa bella foto di Paola Agosti, che ci accoglie all’ingresso, è tagliata la mano della ragazza che solleva, sorridente, appunto un garofano.
Dicevo che ognuno visita la mostra con i suoi tempi. E Caterina con i propri, ben noti a noi tutti. Cosicché, mentre gli altri si sono già accomodati al non vicinissimo bar per la consueta birretta (con le patatine offerte dalla Presidente), Caterina sta ancora leggendo tutte le didascalie, non facendosene sfuggire neanche una.
Qualche chiacchiera, qualche risata, poi Lucilla – anche questo come di prassi – batte sbrigativa le mani e scioglie la seduta: tutti a casa, perché sono le otto e “mica mi vorrete far cenare con due patatine?”.
Marina M.