Domenica 13 novembre 2011 – Trekking urbano a Roma. L’altra faccia di Trastevere
Roma Esse-pi-qu-ere, domenica 14 novembre A. D. MMXI
Marotta e Conti, le due simpaticone, le nostre due marine Castorina e Pollicina (ma senza cavalli), ve devo dì che ieri c’era la solita ammucchiata delle escursioni urbane (ricordate? oltre 40 persone a Monteverde, oltre trenta a Bologna; 39 ieri a Trastevere). E te credo: appuntamento elastico alle 10,00; tutto il percorso in pianura, altro che le appettate con Tribioli; e un bel sole caldo, caldo. C’era pure chi è venuto in bicicletta, ma dimme tu. E c’era pure un cane, che fin dall’apertura della passeggiata s’è fatto ‘n’abbaiata coi fiocchi, tanto pe’ dì che c’era pure lui.
Gualtiero s’è commosso co’ tutta quella partecipazione, che poi era assai vivace e particolarmente allegra: pe’ lungotevere li baci scrocchieno, auguri, auguri. Ma de che? Ah, già: Berlusconi… S’è commosso e invece de comincià – come s’era proposto – co’ le canzoni che i romani hanno composto su Trastevere (Casetta de Trastevere, Ciumachella de Trastevere, Trastevere da quanno…) s’è messo a parlà de prigionieri relegati oltre il Tevere (i soliti ebbreacci), de portuali e de commercianti, venuti da Genova (ecco qua Via dei Genovesi), che vennevano insaccati a Via dei Salumi.
Sur Ponte Cestio Gualtiero s’è messo a parlà de Orazio Coclite, che difendeva da solo, ma tanto tempo fa (pare ner sesto, prima che Cristo venisse a liberacce), il Ponte Sublicio, un ponte de legno, intanto che i suoi compagni lo stavano a segà, pe’ non fa entrà a Roma quer burino de Chiusi, er re Porsenna.
Stavamo a Piazza in Piscinula e cianno detto che er nome poteva rievocà un mercato der pesce o la vicinanza delle terme di Agrippa (fra Largo Argentina e Corso Vittorio); e ‘na persona cià detto che lei sapeva che invece lì c’erano delle piscine… L’unione aricchisce l’informazione (facebucche insegna)…
Al Vicolo dell’Atleta, il gruppo ha invocato Max e Pino: dovevano esse loro i primi a ‘mboccà il vicolo, visto che erano venuti in bicicletta: gli attleti. Sempre in quel Vicolo, ‘ndove fu scoperto l’Apoxiomenos (quello che se raschiava la zozzura co’ lo strìgile, ma il nome a Gualtiero proprio non gli veniva) c’era stata la prima sinagoga, dove adesso ce sta ‘na bella casetta medievale. Intanto già era stato letto un sonetto del Belli pe’ spiegà SPQR stampato sul portone de ‘na scola: “Solo Preti Qui Reggneno… e silenzio!”
Il gruppone, più o meno compatto, si addentrava decisamente in quel gomitolo di strade, vicoli e vicoletti stretti e tortuosi, nascosti agli occhi dei più e inaccessibili, come quello ‘ndo stava ben occulta la sezione del PD trasteverino; tante vorte quarche curioso la vedesse…
Davanti all’entrata pe’ Santa Cecilia, Caterina, Tonino (il famoso interprete de Plauto) e Gualtiero hanno letto un po’ di versi “familiari” del Belli, versi accorati o sereni o un po’ incazzati, ma solo un pò, dato il luogo: la famija poverella, la bbona famija, er feraro co’ moje, socera e quattro fiji da sfamà…
A Piazza Sidney Sonnino, è stato ricordato ‘sto politico de destra, conservatore d’altri tempi: pareggiava il bilancio, contrastava la politica spendacciona e colonialista de Crispi contro l’Etiopia, realizzava un’ inchiesta sui contadini meridionali, per auspicarne il riscatto. Anche lui un comunista per i parametri del nostro ex Silvio Berlusconi.
A Piazza Belli ci siamo messi dietro la statua del poeta: dietro perché, passando davanti, tutti vedono il poeta; invece anche il dietro è interessante, perché c’è il popolo attorno a Pasquino: sempre il solito popolo martoriato che de giorno deve mugugnà sempre tra sé e sé; e de notte urla a Pasquino la sua protesta. Qua Tonino, Caterina e Gualtiero hanno letto gli ultimi sonetti, sotto l’orecchio attento del Belli: una furiosa litigata fra donne (Li panni stesi), un’altra che te ricconta che l’ommini so’ mascarzoni, perché quanno je l’hai data…, se la danno (E doppo chi s’è visto, s’è visto), una descrizione der monno diviso fra ricchi e poveri (Li du generi umani: quello tutto mmerda e monnezza e l’altro tutto incensi, ville certose, barconi e aereo privato: e perciò nun devono fa la fila comme noi pe pijà un volo…; altro che il trionfo del merito). Ma meno male che, poi, tutti quanti annamo a finì nello stesso macinino e – come sostiene il caffettiere filosofo del Belli – da morti tornamo tutti uguali. Che è, se ce pensate bene, proprio una bella consolazione…
Come sempre, co’ tutto er còre, vostro Gualtiero. Alla prossima.