Resoconti

 I Nostri soccombettero

Redazione

lbaldini

Domenica 30 gennaio T – Trekking urbano a Roma. A spasso per Monteverde
Roma, 30 gennaio… 2011

(al duo giuspat che scrive gennaio 2010: arimettéte il calendario!)

Dunque, è domenica 30 gennaio 2011, tempo piuttosto grigio (malgrado la presenza di Elsa), quando (un “quando” salgariano) – alle 9 (che levataccia per tanti!) – davanti all’ingresso di Villa Doria Pamphili, Piazza 3 Giugno 1849, si riunisce il grosso di Arcoiris: siamo una quarantina e non era mai successo. Non passano i quindici minuti accademici (ma sarà ancora così all’Università, come si diceva nella prima metà degli anni… cinquanta?), che, nell’ordine, Giuseppe e Patrizia cominciano a narrare l’escursione monteverdina.

    E si comincia dal nome della Piazza. Il 3 giugno 1849 è l’inizio della battaglia finale della (pepperepèèè) gloriosa Repubblica Romana contro le soperchianti truppe francesi, comandate dal – funesto per Roma – generale Oudinot, e chiamate in aiuto dal Papa Pio IX (al secolo: Giovanni Maria Mastai Ferretti; i doppi nomi e cognomi non preannunciano mai niente di buono per il popolo).

    Detta battaglia si sviluppa, oltre che a Villa Pamphili, nelle ville circostanti: Corsini, Sciarra, Spada, Ma altro che spade e scimitarre: una gragnuola di palle cade sulle teste degli eroici difensori di Roma repubblicana, che alla fine soccombono, lasciando sul campo illustri combattenti: Morosini, Dandolo, Manara, Bixio. Le palle erano palle di cannone: di pietra, perciò; non di pezza.

    I Nostri soccombettero (molto incerto, sono andato a vedere il vocabolario, raro: soccomberono), anche perché i francesi aprirono una “breccia” fra le mura, che rese contento e pien di giubilo il Papa, quando lo seppe: lui s’era rifugiato dai Borboni a Gaeta. Ma non sapeva il meschino che ben altra breccia si doveva beccare il 20 settembre del 1870.

    Queste le note di Storia. Ma tutte ‘ste ville stanno a dire che a Monteverde ci stavano i ricconi, che avevano soppiantato i contadini, coltivatori di vino e di grano. A proposito del nome Monteverde, Giuseppe ci ha detto che il nome deriva dal colore del tufo che da quelle parti abbonda: io avevo sempre pensato che il nome dipendeva dal verde dei campi e poi delle ville; riflessione: a pensare “logico” certe volte nun ce se coje.

    Alcuni scorci di Monteverde mi hanno ricordato altri scorci della Garbatella: angoli di pace, sinuosi e surrealmente silenti: come se non vi abitasse nessuno; case popolari a due piani con giardino annesso. La bellissima zona dei “Villini”. Ma poi, come alla Garbatella, casermoni di otto-dieci piani, dove il Fascismo ammucchiava gli sfrattati dalle zone rase al suolo, per dare respiro alla Grandezza Romana.

    In uno di questi “grattacieli” Patrizia e Giuseppe ci hanno presentato un personaggio illustre, un monteverdino autentico, che ha conosciuto Pasolini col quale ci ha pure parlato, tanto da meritarsi una citazione nel famoso “Ragazzi di vita”. A proposito, Caterina Busetta, la lettrice ormai canonica di Arcoiris, ha letto alcune poesie di Pasolini sulla vita del Quartiere; e in precedenza brani drammatici della difesa di Roma e qualche articolo della Costituzione Romana, approvata il giorno prima della caduta della Gloriosa Repubblica.

    Sì, Gloriosa. A proposito, come è vero che “tutti i Santi finiscono in Gloria”, così tutte le escursioni urbane di inizio d’anno finiscono in ristorante, ma non tanto per la solita mangiata che pure s’è fatta, ma per gustare il lavoro mediatico a più mani che Marina Conti (col supporto di Massimo, esperto “infotecno”) ha coordinato con consolidata bravura: quest’anno poi  ci è stato anche generosamente regalato “Arcoiris 2010”, un cd proprio bello con lo… zampone di Andreas.

    Ciò scritto, vi abbraccia tutti un – per questa volta – troppo serioso Gualtiero.

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