domenica 9 novembre – Monti della Tolfa. Nei dintorni di Allumiere e Tolfa in un territorio ricco di storia e sorprese.
Dopo la gita, il compito, che dire, sarò breve anche se mi piacerebbe avere il tempo per ricamarci sù. La mattina del 9 novembre gita “monti della Tolfa”, all’appuntamento a largo della Primavera non c’è nessuno, avrò sbagliato giorno? È anche vero che riesco sempre ad arrivare con forte anticipo contro la mia volontà, ma alla 9 meno qualcosa o più qualcosa ecco arrivare il presidente con la sua fiammante spider, raccoglie me derelitto e si parte. Vengo a sapere che siamo soli soletti orfani della splendida famiglia Miano Busetta, abbandonati dai coniugi Todini e infine dimenticati dai Baldini (singhiozzi convulsi), ma il presidente dai capelli ricci e fulvi e con la guida più che sicura – non per niente lavora ai trasporti ferrovie – nella persona di Nadia, mi fa accomodare di fianco a lei e si parte come i due vagabondi negletti de i “Tempi moderni”. Arriveremo?
Sì, ad un certo punto appena fuori casello di Civitavecchia Nord ecco materializzarsi altri componeti di ARCOIRIS nelle persone di Flavio ed Emma , le nostre guide, Giuseppe – però senza la sua Patrizia – Alessio e altre tre persone. Si parte verso la Farnesiana, la guida Flavio di fronte ad una chiesa imponente ma disastrata ci racconta delle vicende della miniera di allume di rocca, io come al solito seguo ma mi distraggo facilmente, però poi invento qualcosa. Ecco, il nonno suo, di Flavio nativo della zona o deportato nelle miniere – non ricordo bene – spiega al nipotino che venne un turco, vide delle pianticelle di agrifoglio e disse: “Qui c’è l’allume di rocca!” e tutti “perché?” perché dove c’è l’agrifoglio c’è l’allume” sentenziò lapalissiano il turco. E tutti a cercare l’allume, che fu trovato, ma non proprio nelle confezioni da farmacia in supermercato: bisognava poi lavorarci su. E così fecero. Adesso nel vecchio quartiere dei minatori c’è un superfigo agriturismo, dove si mangia, si beve e si paga.
Prosegue la gita lunga passeggiata sotto il sole, comoda e piacevole, arriviamo a Centumcellae e riposiamo tra i ruderi, Emma constata e ci dice che le mura sono progressivamente sparite, insomma resta poca cosa, ci riposiamo e ci fotografiamo a vicenda. Dovrebbe bastare così? No, non è finita. Altra passeggiatina e arriviamo alle pendici de “La Ripa Maiala” dove mentre noi riposiamo e facciamo il consueto picnic, una serie di valenti scalatori maschi e femmine si inerpicano tra i sassi con evoluzioni e piroette degne del circo Togni. Pare che sia una scuola – ci dicono – una scolaresca di scalatori s’intende.
Fine sosta e rientro, aggiriamo il montarozzo e facciamo un’altra strada tra i boschi. Non l’avessimo mai fatto! La passeggiata è bellissima ma le insidie …tante… sabbie mobili, per le recenti piogge, ogni tanto bisogna guadare dei tratti di fango, veri e propri laghi, i nostri bellissimi scarponcini inzaccherati e improvvisamente, per lo strato di fango raccolto, cresciamo di diversi centimetri (non tutti i mali vengono per nuocere) che poi perdiamo mano a mano camminando. Infine si torna alla Farnesiana che s’è fatto sera. Caffè, pipì e cosi via, si riparte e si ritona alle casine nostre.
Baci Gue