Resoconti

Un silenzio ieratico

Redazione

lbaldini

sabato 29 e domenica 30 aprile 2006 – Sui sentieri della Maiella

Quando vai in posti così, senti sempre intorno a te un silenzio ieratico, ma così ieratico (‘st’aggettivo, Marì, proprio me piace!), che pure Tonino – se fosse venuto – i toni li avrebbe abbassati. Veramente senti che da quelle parti ssono passati grandi uomini di pace, di silente operosità montanara, schiva della rumorosa e velenosa mondanità. Prendi Pietro da Morrone, che – alla fine del tredicesimo secolo – qua se ne stava come in Paradiso: un po’ viveva in un eremo e un po’ in un altro con tutti quei fraticelli amici suoi, che non erano capaci nemmeno di far male a una mosca. Intanto che a Roma si bastonavano, si avvelenavano, si ammazzavano. Malauguratamente per lui, a qualcuno della Corte Pontificia tutto quel casino sembrava poco ieratico; e ingenuamente pensò: “Perché non chiamiamo al soglio pontificio ‘sto Pietro Montanaro, che ci regali pure a noi un po’ di pace?”. E così fecero. E iniziò l’avventura de ‘sto povero cristiano (leggetelo – o rileggetelo – il bel libro di Silone), che scelse per sé il disarmante nome di Celestino. Arrivato che fu a Roma per volere – come è noto – dello Spirito Santo, ‘sto Santo Frate trovò l’Inferno, pieno di diavoli, fra cui spiccava il futuro Bonifacio VIII. Che, senza tanti giri, je fece: “A quell’omo, tornatene da ‘ndo sei venuto, che qua non ci sta trippa pe’ gatti; anzi te ce rispedisco io, che devo fa il Papa al posto tuo; e, sui monti del Parco, te ce tengo pure prigioniero”. Disse proprio così, certamente scandalizzando chi queste cose le sa, prima che avvengano; “e più non dimandare”, come dice anche il Poeta. Fatto sta che Pietro ritornò a Caramanico, a ritessere la sue rete di pace fra un eremo e l’altro.
Ed è proprio nell’eremo detto di San Giovanni che ci ha portato Stefano sabato 29 aprile: il tempo, grigio ovunque e lacrimoso, non ci ha fermato; e via per quei sentieri di meditazione! Marì, di meditazione attuale! E Berlusconi qua e Berlusconi là. Aoh, non c’è niente da fare: dopo che lo abbiamo sconfitto silenziosamente (mica se po’ dì: “sonoramente”), Lui agita sempre tutti i nostri pensieri. Il fatto è che la paura di avercelo un altro lustro ci ha lasciato a tutti un chiodo ficcato nella testa. Comunque, sia come sia, siamo arrivati all’eremo di San Giovanni, dove il Nostro era solito fare qualche stagione. Una grotta di due metri per due mezzo: era questo l’Eremo! Come mi hanno raccontato: perché quelle incerte scalettuzze, tagliate nella pietra viva, e quel “percorso di guerra” da fare carponi, un po’ pendoloni nel vuoto, io che il militare non l’ho fatto (per via della vista), non me la son sentita di percorrerlo. Durante il tragitto cadeva dal cielo mica la manna, ma un po’ d’acquetta: ogni tanto ci infilavamo le mantelle. Ma poi smetteva…
A sera, tonificati dalla doccia (scusace, Celestì) eravamo tutti un po’ allupati e chiedevamo a Stefano: “A Stè, ma quando se magna?”. E Stefano, che per la precisione negli appuntamenti, lasciamolo sta’, ci diceva perentorio: “Alle sette e mezza – otto; circa”. Ma poi, insomma, l’ora della cena è arrivata… E abbiamo fatto i soliti gastroiriscofanati, ma eruditi: ché, siccome c’era Sid – un inglese – Patrizia Mauracher (che dal cognome già si capisce che parla più lingue) lo apostrofava nella albionica lingua; e, poi, Sid parlava fitto fitto pure co’ Andreas (che è mezzo tedescaccio; o austriaco; boh). Insomma, Marì, eravamo proprio degli arcogastropolliglottiris! Il bello è che parlava inglese pure Nadia la Presidente; e io, stupito del fatto, ho chiesto a Peppe, che sa sempre tutto: “A Pè, e mo’ Nadia ché parla inglese?” E Peppe me fa: “ Ah, nun ce lo sai! Nadia se presenta candidata al VII Municipio co’ l’Ulivo; e là, come ormai in tutte le Assemblee Elettive, se parla preferibilmente inglese; o, sennò, latino; o arabo” . Fallaci mia, ma dove vogliono arrivare con queste mescolanze! E, tuttavia, è inutile sta a recriminà; Nadia, la dobbiamo aiutare nella sua impresa Oggi al Municipio, domani al Parlamento, qualcuno che ci aiuta: mica è sbagliato. Damose da fa, come diceva anche il Papa, a far votare “Nadia” ai nostri amici del VII.
Dell’escursione di domenica che dirti? Mi ricordo solo tant’acqua, che sciacquava perfino dentro agli scarponi. E noi, che l’anima di Celestino avvolgeva dal Morrone col suo amoroso sguardo, imprecavamo Cielo, Mare e Terra. E li Santi Tutti. Amen.

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