Sabato 17 e Domenica 18 aprile 2004 – E Nel parco della Majella.
Che te lo dico affà? Pioveva a Roma? E – perché? – da noi no? Altro che. Ma, soprattutto, nebbia nel salire a San Nicolao, frazione di Caramanico. Tanta nebbia che – in certi tratti – non ci si vedeva a cinque palmi dal naso. Elsa, porella, ci ha provato e, così, a tarda sera del venerdì, dopo una mangiata che non ti dico, ha fatto uscire le stelle, che ci hanno permesso una passeggiatina digestiva. Ma già sul presto di sabato mattina il cielo era coperto e minaccioso. Comunque, tu lo sai che noi siamo imperterriti e, così, secondo programma, abbiamo cominciato con la visita al museo naturalistico di Caramanico. Visita sobria, intensa; ma breve: in manco due ore abbiamo appreso vita morte e miracoli (con tutti quei conventi, eremi e santoni) di quelle antiche popolazioni, risalendo fino a qualche decina di migliaia di anni fa… Poi, modificando solo un po’ il programma, abbiamo visitato i tholos, abitazioni coniche e pietrose, di quell’antico popolo di rudi pastori, che – come noto – ogni anno rinnovavano la “verga” (?): ti ricordi il dannunziano “settembre, andiamo”?. poi ci siamo recati all’eremo di San Bartolomeo, in parte scavato nella roccia, che stillava gocce di sapore medievale. Durante il ritorno, su per una salita fatta scivolosa dalla pioggia, Angela – gambe cosce e braccia aperte al massimo – faceva su e giù nel fango, nel quale cercava inutilmente di conficcare unghie, dita e palme (o palmi: fai tu).
Gualtiero, seguendo le orme di Luciano, deviava fra rovi e radici infìde; e, ricadendo infine sul sentiero, ormai ritornato pietroso, si tagliava il naso. A cena, stanchi ma affamati (e te pareva…), ci siamo buttati su spropositate portate. Veramente Emma aveva detto “come faccio a mangiare adesso (erano le 19,30), che ho ancora tutto sullo stomaco?”. Ma poi s’è fatta due volte le sagnette coi fagioli, poi le fettuccine, poi gli arrosticini, poi… Ma chi di ogni arrosticino ha fatto un fascio è il gruppetto che faceva capo a Maurizio, Tonino e Peppe: a quest’ultimo è toccata la palma con 13 arrosticini. Penza tu: doppu scutelle de pastefacioli e di fettuccine al ragù, ‘sti scompitati se so’ fatti decine di arrustiji, denominandosi sezione staccata “Gastroiris”. Povero “Vecchio Antonio” che, tra un monte e l’altro, giocava con gli arcobaleni! Però, ut verum dicam (cazzarola, un po’ di cultura ci vuole per ristabilire il decoro che ci ha sempre distinto) questa gentaglia, il giorno dopo, si è poi emozionata al cospetto dell’incontaminata natura selvaggia dell’Orfento e della sua valle: quelle cascatelle, quei ponticelli in legno, quelle scalinettuzze in pietra, quelle margheritine in fiore, quei ciclamini: robba da piagne. Ma che tte lo dico affà? Ce putij vinì.
Gualtiero