Sabato 30 marzo 2019 – La Cappella Sistina d’Abruzzo. Camminata per visitare un luogo straordinario con vista sui giganti dell’Appennino.
Il 30 marzo si è svolta l’escursione straordinaria in Abruzzo, organizzata in sostituzione della passeggiata sul litorale romano prevista per fine febbraio. E’ stata una escursione che ci ha fatto scoprire un Abruzzo magico, una zona a pochi chilometri dal capoluogo L’Aquila, ricca non solo di bellezze paesaggistiche, ma anche storiche e culturali.
Siamo nella zona della piana di Navelli, un altopiano che corre tra i grandi massicci montuosi del Gran Sasso, del Velino Sirente, e della Maiella.
Il giro, organizzato come sempre magistralmente da Luciano e Lucilla, prevedeva un anello di 14 km che partendo dalle pendici del colle su cui si ergono le rovine del castello di Bominaco, ha collegato il borgo fortificato di Castello Camponeschi nel comune di Prata d’Ansidonia, il paese di Tussio, per chiudersi infine di nuovo a Bominaco, da dove, con una breve digressione non prevista abbiamo potuto raggiungere e visitare il paese di Caporciano. Piccoli borghi nei quali abbiamo riscontrato visivamente il processo di spopolamento che investe da tempo le aree dell’Appennino, accentuato qui dagli esiti del terremoto, di cui ricorre in questi giorni il decimo anniversario.
All’appuntamento di Bominaco ci presentiamo in 6. I due Luciani, Lucilla, Isabella, Marina e Silvestro, tutti giunti in zona, in ordine sparso, già dalla sera precedente.
Le rovine del castello incombono e ci aspettano al termine di una leggera salita. Arrivati in cima ci si rende subito conto dell’importanza strategica di questa opera di difesa risalente al sec. XI. La vista spazia a 360° sull’altopiano di Navelli e la frizzante e tersa aria primaverile garantisce lo spettacolo delle cime innevate del Velino alle spalle, della Maiella a destra e del Gran Sasso a sinistra. I resti attuali sono del XV secolo quando il castello venne ricostruito da un signorotto locale, a seguito della distruzione operata da Braccio di Montone durante l’assedio di L’Aquila. Con questa ricostruzione venne edificata anche la torre, affinchè così, 600 anni dopo i prodi giovanotti e giovanotte di Arcoiris, potessero esibirsi come scalmanati ragazzini in un’avventurosa arrampicata sulla scaletta di accesso, fortunatamente ben protetta.
Un pò a malincuore, perchè il posto è veramente incantevole e suggestivo, si parte per un lungo tratto a mezza costa, praticamente in piano, tra richiami ornitologici (non chiedetemi però i nomi dei volatili canterini), pini odorosi, squarci di vedute sulle succitate cime innevate, sino a giungere ai piedi di una collinetta in cima alla quale si erge il borgo fortificato di Castello Camponeschi. Siamo lì sotto, naso in su intenti a rimirare la grandiosità del manufatto, quando veniamo catapultati come per magia dentro il famoso libro di Paolo Rumiz “La leggenda dei monti naviganti”, solo che invece del viandante triestino a bordo di una Topolino d’epoca , ci saluta e ci sorpassa un contadino abruzzese infilato in una fiammante 500 blu che ci indica la via per il castello, mentre la mitica vetturetta arranca, senza problemi, sulla strada sterrata, non senza aver scalato le marce con la classica doppietta.
Il borgo fortificato non è visitabile all’interno ma anche solo percorrendone il periplo delle intatte mura il fascino della costruzione resta immutato.
Proseguiamo ora per il grazioso e silenzioso borgo di Tussio, dove contiamo di effettuare la sosta per il pranzo al sacco, sosta quanto mai attesa da me e da Isabella in particolare, visto che avendo noi dormito a Caporciano ed non essendoci premuniti anzitempo di panini siamo stati costretti, ahinoi, a chiedere assistenza all’unico bar del paese con il risultato che la signora ha pensato bene di prepararci due mezze pagnotte farcite con frittata e melanzane, che al solo ricordo la scrittura mi si imbroglia.
Tussio è noto per i suoi famosi leoni, dei quali Luciano ci racconta le vicende. Una scoperta archeologica che risale agli anni 60 e 70 del secolo scorso e che vide la comunità locale contrapporsi fieramente alle istituzioni nazionali che volevano appropriarsi di una scultura in pietra, un leone appunto, ritrovato nei pressi del sito romano di Peltuinum dove la leggenda collocava la tomba addirittura di Ponzio Pilato. Il giorno che la Soprintendenza si presentò per portarsi via la statua , della medesima se ne persero le tracce. La gente del posto aveva provveduto ad occultarla in luogo sicuro e venne riconsegnata solo dopo solenne promessa da parte delle autorità che in caso di ulteriori successivi ritrovamenti questi sarebbero rimasti in loco. Il leone venne trasferito al Museo de L’Aquila e, qualche anno dopo, nella stessa zona gli scavi ne portarono alla luce un altro, che è quello che si può ammirare oggi nel cortile della canonica.
Al termine dell’anello, tornati a Bominaco, resta da visitare quello che è forse il luogo più importante e suggestivo di tutta la zona. Il complesso formato dalla Chiesa di Santa Maria Assunta e l’annesso Oratorio di San Pellegrino. In particolare quest’ultimo, è un piccolo edificio di preghiera, che ha l’interno completamente e straordinariamente affrescato con vari cicli di scene della vita di Cristo. E’ tale la meraviglia e lo stupore da cui si viene colti nel momento in cui vengono accese le luci che solo questa emozione meriterebbe una gita. La definizione che viene data di Cappella degli Scrovegni d’Abruzzo o Cappella Sistina dei poveri è assolutamente giustificata.
La giornata volge al termine, anche se l’avvio dell’ora solare ci induce ad un’ultima sosta, non prevista, a Caporciano, al bar di cui sopra, dove scopriamo che il marito della titolare, è colui che a richiesta, accompagna a visitare le due Chiese di Caporciano, la chiesa Madre e quella della confraternita ad essa adiacente.
Beh, le ultime righe le voglio spendere proprio per il sig. Massimo, l’entusiasta e disponibile custode delle storie e delle tradizioni di questo borgo di ormai circa 80 residenti, il quale ci racconta e ci descrive i riti legati al culto Mariano e della Pasqua. E lo fa con un trasporto ed una passione tale che anche chi non è credente non può che emozionarsi di fronte al pensiero di come le piccole comunità siano capaci di mantenere vive al loro interno la coesione e lo spirito di appartenenza al vissuto fatto di riti antichi, religiosi sì, ma anche pagani, o laici se si preferisce.
Aggiungo alcuni link per chi volesse approfondire :
La storia dei leoni di Tussio
http://www.tussio.it/I giorni del leone.htm
Un video trovato su youtube sui riti pasquali di Caporciano. Consiglio, in particolare al minuto 12:20 la visione della scenografia descrittaci con enfasi e orgoglio da Massimo