Un po’ di Te – parte 9
Nona parte del “resoconto” di percorsi montani effettuati a cavallo del duemila. Giuseppe M., qualche anno fa, aveva raccolto in un libricino le composizioni di Gualtiero e le aveva corredate con le relative foto. Per ogni trekk annuale, viene messa online una pagina.
Un gruppo in flash
Il muro
Gira rapace il corvo sulla vetta
e, intanto, ansioso e trepidante aspetta
che qualche randonneur, un po’ coglione,
scivolando, rovini nel burrone.
Elsa, che sola e intrepida procede,
I’uccello alto levato presto vede,
e poscia sfida, eretta sulla roccia;
ma sopra lei c’è un muro, che la scoccia.
“E mo’ che faccio?”. E’ questo il suo dilemma:
Luciano e gli altri attendere con flemma
o proseguir da sola l’escursione
e vincere col corvo la tenzone?
E la seconda scelta alfin prevale:
l’assenza di segnali a lei non cale.
“Meglio levarsi subito il pensiero”:
dentro di sé è l’auspicio più sincero.
Con mani e piedi supera quel muro,
mentre che il sol nel ciel dardeggia puro.
S’avvede poi che lungi è dal sentiero:
si sente persa; e vedovo Gualtiero.
“Porca puttana!”, impreca lei ben presto,
guardando il corvo che le si appressa lesto.
“Aìta!” grida; e aiuto le fu dato
dal gruppo che di lei non s’è scordato;
l’orienta alfin con urla ed alti lagni;
nella sventura si vedono i compagni!
Indi Gualtiero, un po’ rammaricato,
vede che il corvo ormai s’è dileguato…
Unicuique sua
Occhi abbottati e più che mai incazzata,
Lucilla stamattina s’è svegliata,
sentendosi le membra un po’ dolenti
per le sue cose ormai sopravvenienti.
“Oh, cazzo, me ce vedi pel sentiero,
là dove in fondo arrancherà Gualtiero,
cercar nel bosco un angolo appartato,
per fare un cambio rapido e accurato?
Pe’ forza che me ‘ncazzo…”; e, in tutta fretta,
tracanna latte, rabbia e… sigaretta.
“Col cavolo che cianno ‘sti problemi
li maschietti”. E giù moccoli blasfemi…
La caduta
Come pietra che sbatte sul selciato,
udiamo un botto secco, anzi un boato;
alziamo gli occhi un po’sopra di noi:
c’è steso Musumeci e non fa “ohi”.
Le braccia su quei sassi abbandonate,
flosce le gambe, lenti frantumate;
esangue il viso e un occhio mezz’aperto:
se è vivo o morto, questo non è certo.
Il rosso cappellin gli giace accanto:
drammatica vision, che desta il pianto.
E già sopra di lui c’è Franco pronto
a immortalar con foto, poi, il racconto.
Peppe si ascolta: il cuore ancora batte
e già si vede ai piedi le ciabatte
e in mano, linda e pinta, la borsetta
con cambio, bagnoschiuma e saponetta.
Sotto la doccia è ancora zoppicante
e ha l’occhio blu di chi ne ha prese tante.
Ma mentre l’acqua calda lo ristora,
manda una prece al ciel, che lo rincuora:
“Grazie buon dio, ché tu m’hai risparmiato,
anche se ancor mi sento senza fiato.
Sicuramente, dopo una dormita,
mi tornerà il piacere della vita”.
Facile integrazione
Livia lo sa: è sempre sotto esame
e cerca di placare le sue brame;
tutto vorrebbe e a tutto sempre aspira,
a lei fa un baffo la trottola che gira.
Ma sente questo gruppo un po’ severo;
con regole d’acciaio. E c’è Gualtiero,
che nella mente cià quaderno e penna
per annotar chiunque un gesto accenna.
Con tutto ciò, ben presto viene a galla
che quando siamo già zaino in spalla,
lei ancora nella “gite” è di frequente,
ove risuona il suo parlar fluente.
A pranzo in verità va tutto liscio:
vino per noi; a lei manco di striscio,
“stasera so’ spaghetti”; “e a me la zuppa”;
“che buono ‘sto dolcetto”; “sì, pe ‘a truppa!”
Gran final
A parte ingiurie e tempestosi scazzi,
ci unisce l’attrazion per monti e stazzi.
Sì, c’è chi alterca o piglia pe’ i fondelli,
ma, messi a letto, siam sette fratelli.
Gualtiero
NON RICORDAVO LA CATTIVERIA NEI CONFRONTI DI LIVIA. TI CHIEDO SINCERAMENTE SCUSA