racconti dalla quarantena

Ginnastica

Redazione

lbaldini

racconti dalla quarantena: resoconti di giornate fra cucina e soggiorno percorrendo viaggi fantastici o meno.


Roma, 8 aprile 2020

Viaggio all’interno di casa mia in ottanta (speriamo di no) giorni (9)

Su e giù sui tre gradini della scaletta in sala davanti alla libreria, improbabili danze attaccato allo scopettone, strisciamenti non meglio definiti sui tappeti, di cui scopro virtù mai intuite. È così che appaiono fantasmi.

I giri di corsa intorno al Seminario? E chi se li dimentica. L’ora di ginnastica non l’ho mai vissuta bene. Non ero entusiasta a prescindere, poi, alle medie, in uno scantinato riadattato a palestra, mi fecero provare l’ebbrezza della cavallina. Una di quelle esperienze che ti possono segnare. Un imbranato ciccione che deve correre, arrivare coordinato sulla pedana, battere bene i piedi, poggiare a tempo le mani sull’attrezzo, darsi la giusta spinta e riatterrare aldilà dell’ostacolo senza fracassarsi i zebedei e senza spiaggiarsi sul pavimento. Un vero supplizio! 

A me lo sport, soprattutto da spettatore, è sempre piaciuto e i giorni delle Olimpiadi trascorrevano con assunzioni di overdose di telecronache sportive. Vedevo tutto, dal dressage al tiro con l’arco, dai tuffi all’hockey su prato, eppure la disciplina della ginnastica non mi appassionava. Yuri Chechi era un grande e i suoi esercizi erano poesia pura. Il rosso toscano era pure un progressista, una bella persona, il suo esercizio agli anelli era qualcosa di incredibile, ma … ma la ginnastica … nun me piaceva. 

Sicuramente la mia esperienza alla cavallina c’entrava qualcosa. 

Alle superiori, la sede del biennio era un ex Seminario e anche qui la palestra era del tutto improvvisata e così, con la bella stagione, si andava all’aperto. Il prof, di cui ho cancellato fattezze e identità (non sarà un caso) ci faceva riscaldare con giri di corsa attorno alla palazzina scolastica. Scene da perfetta commedia all’italiana, tutti di corsa nei passaggi davanti al professore, tutti a camminare appena fuori dalla vista. Solo che io non ce la facevo a correre nemmeno per quei 50 metri necessari. Una mole vicino al quintale non aiutava.

Da vecchio, dopo anni di pervicace astensione dall’esercizio ginnico, mi prende la mania della corsa. Pochi anni sufficienti a spingere le ginocchia a dolorose manifestazioni di dissenso. Poi il ritorno di fiamma del tennis: i legamenti, parte del corpo, di cui avevo sempre sottostimato il ruolo, si ribellano fino allo sfinimento. Va beh, mi rimane la camminata: semplice, non traumatica, naturale. 

Col virus niente camminate, tutti a casa. Però la coercizione domestica non deve sfociare in abbrutimento, in surplus calorico, in sedentarietà. I messaggi televisivi sono martellanti: state in casa e fate attività fisica. Ed eccomi qua su e giù per questi tre scalini a viaggiare rincorrendo fantasmi del passato. 

Ps per Francesca: non sto facendo proprio tutto quello che mi hai prescritto però mi impegno!

Luciano B.

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1 Comments

  1. LA COSA CHE MI LASCIA SEMPRE “STUCCATO”: MA COME FACEVI A PESARE UN QUINTALE? IO T’HO CONOSCIUTO SEMPRE AGILE, ASCIUTTO, UN ATLETA…

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