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C’è una frase che

Redazione

lbaldini


Roma, 19 aprile 2020

Oggi, 19 aprile, sono tre anni che Nadia ci ha lasciati.

Molti di voi c’erano, lì a Vasto, in quel bel sabato di sole caldo e nessuno può dimenticare quel primo d’aprile. Un pesce d’aprile ben amaro.

Era cominciata bene la giornata: tirar su la serranda e vedere il sole ancora basso sul mare, la colazione tutti insieme in allegra confusione (Tonino sempre ultimo ad arrivare), la formazione degli equipaggi per raggiungere in macchina l’attacco dell’escursione, lo scherzetto di Paola – quello sì, simpatico pesciolino d’aprile – la quale, fingendo di sbagliare strada, ci ha fatto fare un carosello per tre volte su una rotonda. E poi la bella camminata sui binari della ferrovia dismessa, con il mare al nostro fianco ed un sole sempre più caldo, che ci induceva a liberarci man mano degli indumenti. A me si sono rotti pure gli scarponi, ma, presagendo che stessero per abbandonarmi, avevo quelli nuovi appresso e li ho inaugurati quasi subito. Anche qualche brivido di fifa in galleria: era buiissimo, camminavamo a tratti sui residui della combustione della rete aerea e mi preoccupavo per eventuali storte o – peggio – per possibili imbrattature degli scarponcini nuovi. Solito pranzo al sacco; non tanto solito, qualcuno si nutriva di semi! Impossibilità di trovare un bar aperto per il nostro rituale coffee. Ritorno sullo stesso tragitto, ma con il mare e i trabocchi stavolta alla nostra sinistra. Arrivati al punto di partenza, finalmente la possibilità di caffè, gelato, birretta, sul trabocco che l’indomani ci avrebbe ospitati per quel pranzo che già pregustavamo (siamo o non siamo Enogastroiris?). E dopo il caffè, che cosa può desiderare un fumatore se non una sigaretta da aspirare con voluttà? Ecco, allora, la provvidenziale panchina davanti al mare. Apro una parentesi: avete notato quante volte nei luoghi panoramici, siano essi di montagna, collina, lago, mare o città, le panchine siano orientate esattamente all’opposto di come la logica vorrebbe e, invece di guardare gli scogli, guardino la statale o, invece di essere rivolte alle vette scintillanti, siano disposte in direzione di un parcheggio? Chiudo la parentesi. La nostra era, invece, una panchina intelligentemente posizionata verso est, verso il mare messo già un po’ in ombra dalla collina alle nostre spalle.

Quello che segue è un ricordo mediato, perché io mi ero allontanata di qualche metro e non ho sentito direttamente le parole di Nadia. Me le ha raccontate chi era seduto al suo fianco e condivideva il godimento della sigaretta dopocaffè. Anche la riflessione è del narratore. Al termine di una giornata senz’altro bella, di vacanza, passata a costeggiare il mare, ma – in fin dei conti – non eravamo alle Maldive, non alloggiavamo in un diciotto stelle, avevamo pranzato con un panino, eravamo approssimativamente vestiti e sudati e impolverati … insomma, alla fine di una giornata in cui molti non troverebbero nulla di speciale, Nadia, rilassata sulla panchina, con indosso la camicia a scacchi e lo zaino giallo appoggiato da un lato, con lo sguardo rapito dal lento movimento del mare, fa un altro tiro e si chiede con naturalezza: “Chi sta meglio di noi?”. Frase banale? Sento che qualcuno pensa che sto dando peso ad un’affermazione priva di particolari significati, ad un modo di dire comune, soltanto perché lo leggo alla luce del dopo. No, non credo che sia così. Nadia non era affatto banale e, con la sua inconfondibile “erre”, non diceva mai nulla di non pensato. Talvolta poteva addirittura assumere un tono didascalico ma ordinaria non era mai. No, non era una domanda retorica ma un’affermazione che non concepiva replica. Perché, chi degli astanti avrebbe potuto ragionevolmente contraddirla? “Nessuno sta meglio di noi”, che siamo vivi, in buona salute, davanti ad un mare stupendo, soddisfatti di una sana stanchezza, ristorati da un buon espresso (quello che tanto ci manca in questi giorni di bar chiusi!), pronti per una doccia rigenerante ed una cena casareccia.

Beh, ogni tanto mi capita, in situazioni di pienezza e benessere, di star sul punto di pronunciare questa frase e di non riuscirci. Non per dozzinale superstizione, credetemi, ma per il pudore di non saper attribuire alla frase di Nadia – l’ultimo mio ricordo di lei – il significato pieno che esprime, di consapevole capacità di godere dei più semplici doni della vita.

Marina M.

8 Comments

  1. Una domenica mattina iniziata con la lettura del tuo pezzo, col sorriso di Nadia e con qualche lacrimone. Grazie!

    1. “perchè le donne della mia generazione fiorirono per strada, in fabbrica divennero filatrici di sogni e dentro il sindacato organizzarono l’amore secondo i loro saggi criteri….” Cioè dissero a ciascuno secondo i suoi bisogni e la sua capacità di risposta..luis Sepulveda
      è un regalo che faccio a Nadia e a tutti noi di Arcoiris
      SssMaaaack!!!!!!!!!!

  2. Non un commento, cara Marina, ma un semplice grazie. Grazie per le tue parole, grazie per aver trovato il coraggio di esprimerle e di condividerle ed un grazie speciale a Nadia che tanto ha dato ad ognuno di noi e a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di starle accanto anche solo per un piccolissimo pezzetto della strada della vita.

  3. Marina, riesci sempre a trovare le parole giuste per scavare nei nostri ricordi. Sì, in questo periodo di clausura quello che ci manca di più è l’essenza di ciò che per noi è la vita: gli amici e le montagne.
    Aspettiamo con ansia il momento in cui potremo tornare a condividere i nostri momenti di pura gioia, quegli attimi impercettibili in cui senti davvero che l’esistenza è concentrata in pochi semplici gesti e in uno sguardo amico. Quando la felicità è totale e puoi dire, chi sta meglio di noi?

  4. E’ lunedì pomeriggio e pioviccica, leggere queste righe mi ha catapultata li. Ho visto Nadia e ho provato le sensazioni del fine giornata dopo escursione. Grazie Marina
    Non vedo l’ora di trovarmi sudaticcia e stanca alla fine di una lunga camminata insieme a voi un abbraccio a tutti

  5. Grazie, mi sono sempre chiesta come fosse stata quella giornata. Immaginavo che Nadia l’aveva vissuta fra le persone a cui voleva bene, che le volevano bene, facendo ciò che le piaceva fare ma la conclusione raccontata mi fa pensare ad una profonda completezza che mi consola nonostante il sentimento di incompiuto e la forte mancanza. Laura

  6. Grazie Marina, con la tua bella ironia hai alleggerito un pensiero doloroso, e hai fatto emergere il ricordo di bei momenti trascorsi insieme. A presto

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