Viva la curiosità
di Gualtiero
n. 11 – dicembre 2024
L’inizio della trama di un fatto di cronaca: “Lei, la sua fidanzata, sgozzava i genitori, perché aveva bisogno di soldi per fare quel viaggetto, lui la guardava, imperterrito…”
Ma basta con queste atrocità, mettiamola su un piano leggero. Certe volte le parole sono complicate sotto il profilo etimologico, sono composte da più pezzetti, che bisogna riconoscere, per coglierne il significato. Prendete adesso la parola “imperterrito”, che significa “che non si lascia turbare, che resta impassibile; “in”, il primo pezzetto, significa non (negativo), “per” è superlativo (assai, molto) e “territo”, come al solito, ci viene dal latino “tèrritus” , atterrito, che prova terrore, paura. Ecco perché, al contrario, imperterrito è colui che resta imperturbabile ai turbini della tempesta e nella trama che raccontavo.
Parole come terribile, terrorizzato, terrore e terrorismo, solo a pronunciarle, me le sento cadere addosso, come uno schianto. Penso alle efferatezze un tempo delle brigate rosse e oggi delle imprese di Hamas. (Ma c’è pure Gaza)
Provate a immaginare quelle persone che nell’alluvione, che ha colpito Valencia, prima hanno perso l’auto parcheggiata fuori casa, che è scivolata via come una barchetta in balia delle onde; poi una corrente d’acqua vorticosa è entrata al piano terra dentro la loro casa e loro col fiato grosso e gli occhi stravolti son dovuti salire, ma che dico, fuggire ai piani superiori … E tutto questo è successo in un attimo, in uno spazio temporale brevissimo, così breve che – ci insegnano i latini, e prima ancora i greci – è indivisibile (un atomo, appunto). Poi, però, anche l’atomo sono riusciti a divederlo; ed è stato un guaio…
A proposito di attimo ricordo un film di un po’ di anni fa (L’Attimo Fuggente del 1989), col prof Robin Williams che educa gli allievi alla libertà creativa; invece c’è oggi tanta discussione su ruolo e funzione decaduti dell’insegnante, svilito da uno stipendio troppo magro.
Ma gli attimi passano e noi stiamo ancora qui; imperterriti a cicaleggiare.
E adesso che c’entra la cicala? Intanto è lui che canta, il maschio, non la cicala, uno che cerca compagne; e, in verità, non canta, ma sbatte sempre e solo le ali; tutta l’estate. Ma quando arriva l’inverno e va dalla formica a chiedere un pezzo di pane, quella lo deride e gli sbatte la porta in faccia… (dal greco Esopo a La Fontaine) ; poi però Rodari corregge la favola, anzi la inverte: la formica diventa una cicalona e dà via tutto il cibo che ha. Una correzione davvero rivoluzionaria!
Qualcun altro regalava tutto il suo mantello. Ma chi? San Martino, no?! E non sentiva freddo, non intirizziva? No, perché aveva fede nella sua religione. Aver fede nelle proprie religioni…
Grazie al prof. Che bei giochi di parole!!!? Certo Gualtiero se li può permettere: conosce, riflette, scrive. Grazie della leggerezza