News, un bastimento carico di

E’ arrivato un bastimento carico carico di… A

Redazione

lbaldini


Tutte le cose belle hanno una fine e così il Bastimento di Alessandra M. e Stefano P.  torna a casa, ma prima del ritorno nel Belpaese i nostri ci regalano ancora un loro prezioso scritto.


A come America


Ad ogni mutamento di posto io provo una grande enorme tristezza. Non maggiore quando lascio un luogo cui si connettono dei ricordi o dei dolori e piaceri. È il mutamento stesso che m’agita come il liquido in un vaso che scosso s’intorbida

Italo Svevo

Cherry blossom in DC – foto di A. Miti

Adesso arriva il momento più difficile. 

È ora di raccattare tutte le nostre cose e preparare i bagagli per tornare definitivamente in Italia a fine maggio.

Il bagaglio più ingombrante è quello che ci portiamo dentro. Il carico di emozioni, umori e sensazioni che ci ha lasciato questa esperienza di quasi 2 anni negli States. Come viene spontaneo alla fine di un viaggio ci si pongono le domande: ma ne è valsa la pena? Gli Stati Uniti, questo grosso scatolone pieno di tutto e di più, ci sono piaciuti? Cosa ci portiamo a casa? Saremo anche noi vittime del “Reverse culture shock” o il rientro sarà sereno e senza grossi impatti emotivi?

Quando siamo partiti a luglio del 2021 eravamo intenzionati ad “immergerci” il più possibile in questa realtà molto diversa dalla nostra. Come dei bimbi in una pasticceria avremmo voluto assaggiare tutto. Sentendoci novelli Napoleone, abbiamo comprato una mappa degli States e l’abbiamo attaccata al muro con l’intento di disegnare il nostro itinerario di conquista. Per noi Waterloo è arrivata subito, appena abbiamo avuto la reale sensazione di quanto sia grande questo paese e di come fosse impossibile girarlo tutto.

Ma non ci siamo scoraggiati, abbiamo ridimensionato le nostre pretese e ci siamo concentrati sulla costa Atlantica, con qualche sporadica incursione negli Stati centrali. In questo nostro itinerare abbiamo anche visitato tanti piccoli posti, intorno al Distretto di Columbia, che forse, in un viaggio classico, non avremmo mai visto. 


Georgetown in autunno – foto di A. Miti

Ci piacerebbe riassumere le nostre considerazioni su questo immenso paese elencando le cose che più ci hanno colpito. Continuando sul leit motive del bastimento carico di parole, come dei bimbi abbiamo cercato di dare loro un voto, da uno a dieci. L’elenco è bizzarro e strampalato e non ha altro intento che cercare di condividere qualche emozione con voi che ci avete sopportato per tante lettere dell’alfabeto.

E allora, bando alle ciance. Votiamo!!  

ArgomentoVotoMotivazione
Cibo3/10Questa è la nota dolente, ci spiace ma non ce la possiamo fare. Non salviamo nulla, ad eccezione dei burger, che in pratica hanno inventato loro, e del pezzo di mucca cucinato alla brace che non hanno la possibilità di rovinare. A chi piace suggeriamo anche i bagels, cibo ebraico, che in alcuni soggetti può dare dipendenza. Per noi il massimo che c’è qui in America 😊 Ah, no, dimentichiamo le aragoste e i granchi, una delizia infinita a costi molto contenuti per gli standard americani. Abbiamo dedicato un racconto sul cibo quindi non ci dilunghiamo. E comunque il voto la dice lunga!
Città grandi8/10Gli Stati Uniti sono un paese caratterizzato da forti disuguaglianze. Questa disuguaglianza non si misura solo in termini economici ma anche nelle strutture metropolitane. Ad esempio, la differenza tra le grandi città, le metropoli e i piccoli agglomerati urbani è abissale. In alcuni grandi centri sembra di vivere nel futuro, mentre in una parte sconfinata di America l’unica differenza con i tempi del Far West è la presenza delle macchine al posto dei cavalli. New York è una cosa a parte, o la si ama follemente o la si odia. Noi abbiamo amato tanto sia i suoi pregi sia i suoi difetti, perché la troviamo unica. Altra città che ha lasciato un segno nei nostri cuori è Chicago, il cui centro è un sapiente mix di architettura moderna e Art Deco, il tutto sulle sponde di un lago grande come il mare.   Boston è più austera e fieramente orgogliosa di essere il punto da cui è nata l’indipendenza Americana. Philadelphia è un’altra tappa fondamentale per capire l’importanza che, all’epoca, ha avuto per il mondo la dichiarazione di indipendenza e la costituzione americana. Ovviamente un turista attento riesce a cogliere in queste metropoli anche come lo stile di vita americano possa essere molto più duro e violento di quello a cui siamo abituati noi italiani.
CNN7/10Ogni sera, circa alle 19, inizia il momento delle news americane. Ancora prima di accendere il televisore e collegarci alla CNN la nostra solita curiosità. Dai accendiamo la TV, vediamo a che puntata siamo arrivati del January 6th (l’assalto alla Casa Bianca da parte dei suprematisti bianchi) che ci ha tenuto compagnia, ininterrottamente, per tutto il periodo della nostra permanenza a Washington o del Chinese spy Balloon (quando per settimane non si parlava altro del pallone cinese che sorvolava gli States), o del caso Alex Murdaugh* (il famoso avvocato della Carolina del Sud accusato di aver ucciso la moglie e il figlio e condannato recentemente all’ergastolo) che ha tenuto gli americani ed anche noi col fiato sospeso per settimane. A quell’ora la CNN si concentra solo su poche notizie, le più rilevanti in quel momento e non si parla d’altro. Ogni sera, un po’ come ad Otto e mezzo, vengono intervistati gli ospiti, giornalisti, politici, esperti che dicono la loro in modo molto pacato, rispettando gli interventi degli altri ospiti e mai, proprio mai, mostrando segni di aggressività o prepotenza. Ma come, non litigano? Ci viene da dire… guarda non si interrompono, lasciano finire l’intervento. Ci sembra impossibile, noi abituati alle risse televisive, al non capirci nulla perché nessun discorso riesce mai ad essere concluso… troppa educazione. Quanta grazia 😊L’aspetto veramente negativo e fastidioso è la frequenza delle interruzioni pubblicitarie.*Netflix: Murdaugh murders: a Southern scandal
Costo della vita3/10Gli Stati Uniti sono molto più cari dell’Italia e le grandi citta degli Stati Uniti sono molto più care del resto del paese. Per darvi un’idea i prezzi a Washington sono due o tre volte superiori ai nostri. Ma l’aspetto più scioccante è che questa è la patria del capitalismo, tutto è regolato dalle leggi della domanda e dell’offerta. I prezzi degli affitti variano di settimana in settima in base al variare della richiesta, il costo di un biglietto di una partita dell’NBA può arrivare fino a $20.000. Il metro monetario viene utilizzato per misurare l’importanza di tutto e la ricchezza è ostentata come segno di realizzazione personale.
Libri10/10Abbiamo letto tanto in America. Il tempo, sorprendentemente, si è dilatato rispetto alle nostre frenetiche giornate romane. E così abbiamo cercato di leggere quanto più possibile, soprattutto letteratura e storia americana. Storie di integrazione e di difficoltà di integrazione, storie di schiavi, di guerre di secessione e di indipendenza, storie di chi ha lottato e lotta ancora per il riconoscimento dei diritti civili, storie di chi si è innamorato della lingua italiana e ora scrive libri direttamente in italiano come Jhumpa Lahiri e infine romanzi vari.Per chi fosse interessato, stiliamo di seguito un elenco delle letture che hanno reso piacevole il nostro tempo libero: “In altre parole” e “Dove mi trovo” di Jhumpa Lahiri “Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie “Cape Cod. Un luogo dell’anima americana” di Henry David Thoreau “Gli altri americani” di Laila Lalami “Gli ultimi americani” di Arianna Farinelli “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strout “Le nostre anime di notte” e “Canto della pianura” di Kent Haruf “Born to run” di Bruce Springsteen*“Renegades” di Barack Obama e Bruce Springsteen “Don’t know much about history” di Kenneth C. Davis (non sappiamo se esiste una versione italiana) *Se non lo avete letto, affrettatevi a farlo. Non è solo un libro sulla musica, è molto di più. Non è solo una autobiografia ma è qualcosa che entra nelle viscere e non ne esce più. Bruce è molto di più di quello che siamo abituati a sentire o vedere. E’ una persona estremamente profonda, di forte spessore, dall’animo fragile e sensibile come pochi, con una conoscenza profonda di sé stesso e non solo. La descrizione che fa delle persone e delle cose che lo circondano dà la percezione di quanto sia capace di entrare nell’animo di chi gli è vicino e di vedere al di là delle apparenze.  E’ un libro divertente ma anche molto, molto commovente.
Lingua7/10Dopo due anni, abbiamo smesso di lottare e abbiamo fatto pace con l’inglese americano e forse, non ce ne vogliano gli inglesi, lo preferiamo a quello un po’ snob dell’UK. Ma che fatica, che stress! 
Paesaggi9/10Qui potete scatenare tutte le iperboli di cui siete capaci. Su tutte campeggia la parola sconfinato; sconfinato il paese e ridicolmente popolato rispetto all’Europa. Gli spazi enormi sono solcati da fiumi altrettanto grandi. Le grandi foreste della Pennsylvania di autunno ti ammaliano con un arcobaleno di colori che va dal giallo al rosso intenso. Le Florida Keys si ergono come esile spartiacque tra il golfo del Messico e l’oceano Atlantico. Al nord ci sono laghi estesi come il mare. Nel parco di Shenandoah abbiamo visitato una caverna che, a detta degli americani, è la più grande del mondo (noi questa non ce la siamo bevuta, ma credeteci che è veramente grande). La natura è talmente rigogliosa e ricca di fauna e flora che quasi ti spaventa. Tutto sembra più grande ed esagerato, come d’altronde è il carattere degli abitanti.
People10/10L’America è multicolore, fatta di persone dai visi e dalle tinte più disparate. Africani, asiatici, ispanici, caucasici, sud americani e ovviamente europei hanno reso questo nostro soggiorno policromo. Forse siamo stati anche fortunati perché Stefano ha lavorato in un ambiente internazionale. Ma quanto è stato bello confrontarsi con tutti loro, conoscere le loro storie e le loro peculiarità, il cibo e il modo di rapportarsi agli altri. Si passa dal giapponese, silenzioso, discreto, “guai a toccarmi o sfiorarmi” a quello cinese che ti bacia solo su una guancia avvicinandosi appena appena, a noi italiani che se non diamo due baci non siamo sazi e che tocchiamo tutti e tutto, pacche sulle spalle e via dicendo. Dobbiamo dire che il nostro atteggiamento è contagioso, perché la nostra amica Irlandese, che prima ci salutava a distanza, adesso si avventa su di noi e ci abbraccia e bacia; però la giapponesina, sempre con la sua mascherina, con delicatezza ti fa capire che non ce la può fare a cambiare atteggiamento. La brasiliana caciarona accanto alla coreana silenziosa e timida. Insomma un amalgama perfetta dove trovi tutto quello che cerchi in un essere umano. Con molti di loro abbiamo stretto forti legami, sarà difficile separarci ma siamo anche consapevoli del bagaglio di affetto che porteremo con noi. Per noi italiani, poco abituati alla multi etnicità, questo aspetto è piaciuto molto e forse è stata l’esperienza più arricchente della nostra avventura negli States.
Piccoli centri5/10Anche per i piccoli centri c’è da fare una distinzione. Da un lato ci sono quelli che sono stati fondati dai coloni europei. Dislocati lungo la costa orientale e fieri di definirsi centri storici in virtù dei loro due secoli di storia (sic!).  Al nord sono caratterizzati dalle tipiche casette stile americano, con il portico, il giardinetto fiorito, la bandiera a stelle e strisce che sventola un po’ ovunque. Al centro del paese c’è la piazza con il municipio e il monumento al pompiere o ai reduci delle tante guerre fatte dagli USA. Danno l’idea di un posto dove tutto scorre tranquillo e ordinato. Fanno eccezione le sparatorie che, si sa, qui non sono infrequenti. All’estremo opposto ci sono le cittadine sorte negli anni successivi alla colonizzazione. Agglomerati di case anonimi, tutti uguali, senza personalità. La sensazione che abbiamo avuto è quella che ci portava a dire, ogni volta che le attraversavamo: “Oddio mio, qui ti tagli le vene, che fai tutto il giorno? E se ti dimentichi di comprare il latte, fatti 10 miglia per lo store più vicino!”. Trasmettono un senso di solitudine, persone che non riescono a concepire il fatto di creare una piazza dove incontrarsi e scambiarsi sensazioni. 
Sanità4/10Nella nostra prima visita medica, il family doctor, il medico di base qui, ci ha detto: “credo che vi siate già resi conto che qui l’assistenza sanitaria è un casino”. Probabilmente la medicina specialistica, di cui ringraziando il cielo non abbiamo mai avuto bisogno, è all’avanguardia, ma quella di base non è all’altezza di quella italiana. Tutti consigliano di evitare di andare al pronto soccorso per le emergenze, perché i costi sono elevatissimi e non sempre coperti dall’assicurazione. Hai a disposizione delle app in caso di emergenza che, almeno a noi, non danno nessun senso di sicurezza. Una normale visita di controllo costa $300, noi che abbiamo una buona assicurazione ne paghiamo solo 20, ma ci chiediamo se tutti possano permettersi una assicurazione come la nostra. La cosa che ci ha colpito per l’estrema efficienza è la somministrazione dei medicinali. Il medico te li prescrive e manda la ricetta alla farmacia più vicina a casa tua e li ti danno il numero di compresse esatte previste dalla prescrizione. Nessuno spreco o medicinali scaduti!
Stagioni9/10L’America è verde, tanto verde. Piena di parchi nazionali, foreste, montagne. Gli stati che abbiamo visitato ci hanno offerto un’ampia panoramica di come muta la natura al cambio delle stagioni. Ma anche senza andare troppo lontano, nella stessa Washington si assiste ogni anno, in autunno, al bellissimo foliage dai mille colori e allo sbocciare, in primavera, dei ciliegi giapponesi, i famosi Cherry blossoms, delle magnolie dal rosa acceso e dal bianco latte, dell’infinità di fiori e tuberi piantati ovunque, anche nelle piccole aiuole sui marciapiedi. La premura verso i fiori, gli alberi e la natura in generale è assoluta. Tutti, ma proprio tutti ne hanno un rispetto invidiabile.Se si escludono le mezze stagioni, il clima a Washington in inverno e in estate non è invidiabile perché si passa dal freddo gelido al caldo torrido e umido. In generale, poi, è molto più variabile di quello a cui siamo abituati a Roma.


Trasporti

6/10I mezzi di trasporti tipici degli americani sono la macchina e l’aereo. Gli americani sono capaci di percorrere lunghissime tratte in macchina, sulle loro Highway a sei corsie che si snodano dritte lungo percorsi lievemente ondulati. Una curiosità sono le corsie a scorrimento veloce a pagamento che corrono accanto a quelle gratuite e ti consentono di andare più veloce perché sono meno trafficate a causa del costo. Per le lunghissime distanze c’è l’aereo che, anche qui, dopo la pandemia ha incrementato molto i prezzi. La rete ferroviaria non è sviluppata e i treni sono molto più lenti di quelli europei. Infine i pullman, i mitici Greyhound e altre compagnie più moderne, frequentati dalle persone meno facoltose e da quelle che intendono viaggiare in economia, che collegano quasi tutto ma sempre con tempi lunghi.

Ringraziamenti:

Un ringraziamento va a tutti voi, cari lettori. Con i vostri commenti, ci avete spronati a continuare. E diciamo che ci siamo divertiti molto. Speriamo che vi siate divertiti anche voi e soprattutto che il nostro “bastimento” possa darvi suggerimenti se vi viene la bizza di venire in America!

A Luciano va un ringraziamento davvero speciale. Perché senza la sua idea, questa rubrica non sarebbe mai esistita. Luciano lo conoscete quindi non ha bisogno di essere descritto ma solo ringraziato. La sua sensibilità è un dono di cui tutti noi beneficiamo.

Un grazie particolare anche a Lucilla perché ha fatto da anello di congiunzione tra noi, Luciano e Arcoiristrekk, perché ci ha fatto scoprire tante belle e importanti iniziative e per tanti, tantissimi motivi ancora che ci legano indissolubilmente

Alessandra e Stefano


3 Comments

  1. Sono contenta che finalmente tornate a casa, però mi mancheranno molto i vostri racconti. Grazie, ci avete fatto conoscere aspetti particolari di quel grande paese. Bentornati

  2. Cari Alessandra & Stefano, grazie mille per tutti i vostri racconti, siete riusciti a trasmettermi le vostre sensazioni e le vostre emozioni, mi avete fatto fare un bel viaggio con voi!
    Che il rientro in Italia vi sia lieve, un abbraccio,
    Luca

  3. Lucilla e Luca, le vostre sono belle parole e ci fanno molto piacere. Grazie mille,
    Alessandra e Stefano

Leave a Comment