Alessandra M. e Stefano P., i nostri “inviati speciali” negli Stati Uniti, questa volta ci conducono in luoghi davvero particolari.
J come JFK
La figura e l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy è ancora molto sentito negli States e il senso di colpa per il suo assassinio probabilmente non è stato ancora superato. Ce ne accorgiamo appena atterriamo a New York nell’enorme aeroporto a lui dedicato.
A Washington non gli hanno dedicato un memorial simile a quello costruito per i Presidenti più rappresentativi degli States, come Lincoln, Roosevelt, sia Delano sia Theodore. Monumenti imponenti e anche suggestivi ma che hanno l’unico intento di celebrare la persona. A JFK è stata dedicata un’enorme area polifunzionale sulle sponde del Potomac che ospita spettacoli teatrali, musicali o semplici raduni di gente. È un posto per la cittadinanza dove ci va spinti dal desiderio di soddisfare un’esigenza culturale o, semplicemente, per ammirare il tramonto sul fiume. Sia all’interno che all’esterno campeggiano le frasi dei discorsi più significativi di Kennedy per ricordare un Presidente che ha saputo scaldare il cuore degli americani ed immaginare una strada per costruire un’America migliore.
Ad ovest del Lincoln Memorial di Washington parte un ponte, lungo circa 500 metri, che attraversa il fiume Potomac e finisce in Virginia. Appena attraversato il ponte ci si immette sulla Memorial Avenue che conduce al cimitero di Arlington. Il luogo è molto conosciuto perché è ripreso in innumerevoli pellicole americane che trattano temi connessi con i militari o la difesa della nazione. Lo spazio è immenso e, prevalentemente, accoglie i caduti sui tanti fronti che hanno vista gli USA in guerra. Gran parte delle tombe sono semplici lapidi bianche piantate nel prato verde, tutte uguali a significare che la morte è una livella che azzera tutte le differenze tra gli uomini.
Ovviamente ci sono delle eccezioni e una di queste è la tomba di JFK, situata su una dolce collinetta da cui si può ammirare un ampio scorcio del cimitero. Il luogo è molto sobrio e austero. Al centro di uno spazio circolare brucia una fiamma perenne e di fronte a questa, nel terreno, è disposta la lapide di JFK con il solo nome e le date di nascita e di morte. Alla sua destra si trova la lapide di “Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis”, riportata con tutti i tre cognomi, quello da signorina e quello dei suoi due mariti. Ai lati delle due tombe ci sono due lapidi più piccole di due figli che sono morti alla nascita. A delimitare l’area circolare c’è una balaustra in pietra che riporta le principali frasi pronunciate dal Presidente tra cui la più famosa che recita “Americani non pensate a quello che l’America può fare per voi ma a quello che voi potete fare per l’America”
A noi ha colpito molto anche un murales che abbiamo visto lungo il Waterfront all’altezza di Georgetown che raffigura un giovanissimo Kennedy mentre pronuncia la frase Ich bin ein Berliner, che riporta la mente ad un mondo ormai lontano. Un mondo nel quale esisteva una drammatica frattura ma dove pulsavano anche passioni e il desiderio di unire popoli differenti.
J come Jellicle cats
Pensiamo che si possa affermare tranquillamente che gli Stati Uniti sono la patria del musical, dagli indimenticabili creati da Bob Fosse, Jesus Christ Superstar e tanti altri ancora. Tra questi quello che attrae gli animi più delicati è sicuramente Cats, del 1981, basato su testi di T. S. Eliot e musiche di A. L. Weber. Uno dei più grandi successi di tutti i tempi per longevità, spettatori e incassi. La trama parla di una comunità di gatti randagi, Jellicle cats, e la lirica più famosa è Memory.
Bene, a Washington non esistono gatti randagi. Per noi che veniamo da Roma è uno shock importante non vedere mai una coda che spunta da dietro un monumento o dei baffi che ti guardano da sopra un muretto. Non a caso i topi la fanno da padroni e ballano allegramente sui marciapiedi incuranti della gente che passeggia. Ma gli americani sono americani e si sono inventati un business in proposito “Cat Café Washington DC | Crumbs & Whiskers (crumbsandwhiskers.com)”.
Un esercizio commerciale a Georgetown dove la gente, pagando una certa quota a seconda del tempo che si vuole dedicare, può andare ad accarezzare e coccolare i tanti gatti ospitati nel locale, consumando delle bevande e stando sdraiati su comodi tappetti. La comunità di gatti, generalmente molto giovani, non più di 2 anni di età, è composta da felini abbandonati, feriti o senza una coda. Gli esercenti sono in contatto con il “gattile” municipale dove vanno a prelevare i gatti che poi sono curati, accuditi fino a quando non trovano qualcuno che si prenda cura di loro, li compri (la cifra si aggira intorno ai 150 $ con certificato di vaccinazione assicurato) e li porti a vivere in una accogliente casetta.
L’obiettivo è quello di ridurre quello che qui chiamano “l’eutanasia dei gatti randagi” sorte che viene riservata a coloro che non trovano una collocazione. Pensandoci meglio si può dire che è una rivisitazione in chiave industriale delle gattare romane.
Ben descritto, ben scritto. Per quelli della mia età piacevolmente leggibile. Per qualcuno piu giovane “testo da liceale anni 70” Ah, bellissime le foto (commento di parte)
Mi piacciono i cimiteri di guerra. A Roma c’è quello inglese a Testaccio, un’oasi nel caos del quartiere. Grazie del reportage su Jfk e su Cats. Ho visto il musical proprio a New York. Bella iniziativa quella del Caffè gattaro. Lo racconterò a un’anziana signora, grande ex gattara romana, non più autosufficiente e sempre allettata.
Grazie dei vostri interessantissimi racconti di viaggio!
Cats… tempo fa è stato nel repertorio del mio coro per un paio di anni.
Buon proseguimento!