Dalla città dei ponti e dell’acciaio ad un prolifico Padre della Patria, gli Stati Uniti visti dai nostri due corrispondenti speciali Alessandra M. e Stefano P. .
P come Pittsburgh
Fino ad una decina di giorni fa, Pittsburgh per noi era solo la città dei Pearson, i protagonisti di una delle serie TV americane meglio costruite e interessanti che abbiamo mai visto, “This is us”. Difficile esprimere i sentimenti e le emozioni che ci ha suscitato. Ci viene da pensare di primo acchito ad una terapia familiare che diventa collettiva perché tutti noi possiamo riconoscerci nei personaggi e nelle vite individuali e familiari che hanno caratterizzato la nostra esistenza.
Tuttavia, scopriamo improvvisamente che Pittsburgh, la seconda città della Pennsylvania dopo Philadelphia, è molto altro e iniziamo ad apprezzarla anche al di là della finzione.
Pittsburgh si trova alla confluenza di due fiumi Allegheny e Monongahela, che si uniscono per formare il fiume Ohio. Da una collinetta raggiungibile con una ferrovia inclinata progettata per trasportare persone e merci su e giù per pendii ripidi, si gode un panorama bellissimo della città con i suoi grattacieli e i 3 fiumi che la attraversano.
Oggi è conosciuta principalmente come The steel city, la città dell’acciaio e per i suoi più di 400 ponti costruiti con questo materiale. Noi abbiamo provati a contarli ma sinceramente ci sfugge come possano essere così tanti. Allora ci siamo imbarcati in varie discussioni: chi diceva contano anche le corsie, chi diceva contano anche i passaggi pedonali, chi diceva contano anche i ponticelli in città e i ponti nei sobborghi ……alla fine siamo arrivati alla conclusione che i pittsburghesi non sanno contare e la matematica non è il loro forte 😊
In verità, storicamente fu chiamata The steel city per le sue fabbriche. In particolare, durante la seconda guerra mondiale, la domanda di acciaio era talmente aumentata che le fabbriche della zona lavoravano 24 ore al giorno e ciò ovviamente ha comportato un inquinamento atmosferico tale da farla soprannominare “l’inferno con il coperchio aperto”. Per i patrioti, meno attenti alle questioni ambientali, Pittsburgh è stata ribattezzata l’arsenale della democrazia perché, nel periodo bellico, è riuscita a produrre 95 milioni di tonnellate di acciaio, di più di tutta la Germania nazista.
Dopo la guerra, il progetto di riconversione ecologica e rivitalizzazione civica noto come “Rinascimento”, ha consentito di ripulire l’aria e i fiumi, e di incentrare gli sforzi sullo sviluppo culturale e di quartiere.
Oggi Pittsburgh è una delle città americane dove si vive meglio sia in termini di qualità dell’aria e di vita sia in termini di sicurezza.
Scopriamo anche che Pittsburgh ha dato i natali ad Andy Warhol, alla nascita Andrew Warhola Jr, figura di spicco del movimento della Pop art statunitense e uno dei più influenti artisti del secolo scorso. È stato pittore, grafico, illustratore, sceneggiatore, regista, direttore della fotografia, insomma un’artista eclettico, dall’animo fragile. In città c’è un enorme museo a lui dedicato, mancano molti dei quadri e delle opere che tutti noi conosciamo ma lo spazio è pieno di illustrazioni, fotografie e molto altro ancora. I documenti, gli scritti e anche altri strumenti di lavoro sono racchiusi in queste stanze e parlano di lui. Dopo aver visto la docu-serie dedicata all’artista(1), riusciamo ad apprezzare ancora di più la sua figura che già riscuoteva il nostro interesse.
Un aspetto un pochino meno culturale per cui Pittsburgh è famosa riguarda una piccola ma importantissima invenzione che è stata qui realizzata: il ketchup! Ora la Heinz è la fabbrica più nota della città e gli americani, ovviamente, gli hanno dedicato un piano di un museo dalla struttura architettonica molto interessante. La cosa che si capisce meno è perché hanno messo sullo stesso piano del museo la storia del ketchup e quella della schiavitù, peraltro fatta molto bene. Ma si sa che gli abbinamenti non sono il forte degli americani.
Un’altra cosa che ci ha molto colpiti, ad un’ora e mezzo circa da Pittsburgh, è The Fallingwater (La Casa sulla cascata) una villa progettata e realizzata dal famoso architetto statunitense Frank Lloyd Wright negli anni ’30 e considerata uno dei capolavori dell’architettura organica, nonché patrimonio dell’UNESCO. Una perfetta armonia tra l’uomo e la natura, attraverso l’integrazione dei vari elementi artificiali, propri dell’uomo, come ad esempio la casa, e naturali come il legno o la pietra. Fu progettata come rifugio per i fine settimana dei facoltosi coniugi Kaufmann, proprietari del Kaufmann’s Department Store di Pittsburgh e sembra che sia stata frequentata anche da Einstein, oltre che da vari illustri personaggi dei primi anni del ‘900. Sembra anche che Einstein non ci abbia mai dormito e questo a noi è sembrato stranissimo perché è un posto a dir poco favoloso, completamente immerso nel bosco e con una vista eccezionale dalle mille finestre che si affacciano sul verde e sulla cascata. Noi l’abbiamo visitata in autunno durante il famoso foliage americano e i colori ci hanno affascinato regalandoci emozioni forti.
1) Per chi fosse interessato a conoscere meglio l’artista, consigliamo la docu-serie su Netflix “I diari di Andy Warhol”
P come Padre della Patria
Thomas Jefferson è considerato uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Statista, diplomatico, giurista, architetto e filosofo, è stato uno dei principali estensori della dichiarazione di indipendenza e terzo presidente della nazione.
Di fronte a così tanta personalità non ci potevamo esimere dall’andare a visitare la sua residenza privata che si trova in Virginia, appena fuori da Charlottesville, nella regione Piedmont. La località si chiama Monticello, nome ispirato probabilmente dalla profonda ammirazione che Jefferson aveva per la cultura italiana.
La villa è stata progettata da lui stesso combinando una classica struttura anglosassone, composta di mattoni rossi e infissi bianchi, con una cupola di ispirazione palladiana. Il risultato si può comunque considerare interessante da vedere. La villa è collocata su una collinetta e domina la tenuta circostante dove, in origine, si coltivava principalmente tabacco. Consigliamo sicuramente di visitare l’abitazione dove si possono ammirare gli ambienti di servizio, collocati nel sotterraneo della casa e gli spazi padronali, con lo studio del presidente e la camera da letto sua e della sua consorte. Abbiamo anche capito perché loro abitavano al primo piano dopo avere visto la scala ripida e stretta che porta al piano superiore.
La tenuta circostante è altrettanto interessante perché si possono visitare le case dove vivevano gli schiavi, il cimitero dove è sepolto Jefferson, che è tuttora di proprietà degli eredi, e delle aree dove sono piantate vari tipi di piante coltivate all’epoca, come: cotone, okra, tabacco e zucca.
La visita ci ha permesso anche di scoprire degli altarini nascosti di questo poliedrico uomo politico. Infatti abbiamo appreso che la stessa persona passata alla storia per aver scritto nella dichiarazione di indipendenza “All men are created equal”, nella sua vita ha posseduto più di 200 schiavi di cui rifiutò la liberazione perfino nell’atto testamentario, con cui invece dispose la loro vendita a pagamento dei debiti lasciati in sospeso. Probabilmente dopo la nascita alcuni uomini perdono il diritto all’eguaglianza, visto che il padrone degli schiavi ne poteva disporre a piacimento come fossero beni di sua proprietà.
L’aspetto più intrigante, però, è quello che definisce Jefferson un padre della patria. Nonostante il poverino sia rimasto vedovo molto presto, ha fatto comunque in tempo a fare sei figli con sua moglie. Dopo la morte della moglie ha avuto una lunga relazione con la sua schiava, Sally Hemings, con la quale ha fatto altri sei figli. Pare, ma questo non è certo, che abbia fatto altri due figli con una signora che lavorava a servizio da lui. In conclusione si può affermare che è stato un padre della patria in senso proprio, contribuendo personalmente al suo popolamento!
Gli americani comunque sono fantastici perché gli eredi di colore del presidente Jefferson hanno costituito una associazione e tutt’oggi si riuniscono regolarmente.
Grazie infinite per questi vostri reportage:
sono interessantissimi!
le vecchie foto della casa sulla cascata, che abbiamo studiato a scuola, ci hanno fatto credere che la casa fosse dipinta di bianco.
menomale che no!
Molto interessante. Bella la storia dei 400 ponti.