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20 novembre 2022 – Turno di volontariato alla mensa Caritas di via Casilina
È domenica pomeriggio, la prima domenica ecologica senza traffico automobilistico, o quasi, una domenica in cui il freddo, forse per la prima volta quest’anno, si fa sentire. Alle cinque, quando arriviamo davanti al cancello della Caritas su ponte Casilino, troviamo già diverse persone in attesa di entrare alla mensa.
La nostra squadra è numerosa, la più numerosa di sempre, siamo in nove, alcuni come Linda, le due Gabrielle, Fernando, Lucilla, Massimo e il sottoscritto, sono ormai veterani, altri come Marzia e Aldo sono alla prima esperienza. Il pomeriggio scorre tranquillo, davanti al banco dell’accettazione dove operiamo io e Aldo, incrociamo sguardi conosciuti e persone nuove alla prima esperienza di mensa. Tra questi ultimi mi colpiscono quattro ragazzi. Intanto sono giovani marocchini, sono proprio giovani, e ben vestiti, curati nell’aspetto, garbati. Solo uno parla e comprende la nostra lingua, con attenzione ascolta i consigli e le informazioni che gli fornisce Anthony, il responsabile Caritas, e le trasmette efficacemente agli altri tre. Tra le altre cose viene fornito loro un numero verde del comune per ricevere aiuto nel reperire un posto per trascorrere la notte.
Ancora una volta mi rendo conto che l’aspetto è un terribile bugiardo. Come è possibile che questi ragazzetti così precisini siano degli homeless? Come è possibile che tante persone comuni siano frequentatrici delle mense Caritas? In realtà in questi pomeriggi passati alla mensa ci si rende conto che la vita ha traiettorie pazzesche, multiformi e incredibili, che la vita è una e centomila (anzi otto miliardi) e che l’applicazione di teorie e metodi per classificare le persone oltre ad essere pericolosa è terribilmente stupida.
Questi pensieri nella mia mente si ingarbugliano con la ricerca dei numeri degli utenti sui libroni, la fila per firmare i registri, inevitabilmente si allunga.
“Per favore mi fai una fotocopia?” Lui è un utente usuale, gli operatori lo conoscono bene. Dopo un po’ ci si chiama per nome e lui, sicuramente, frequenta la mensa da molto tempo. I suoi vestiti sono un po’ raffazzonati, ma certo la giacca a vento bianca con inserti colorati non ce la può fare a mascherare le offese all’eleganza che il vivere per strada infligge. Cicciottello, forse un po’ gonfio, spiega che l’assistente sociale gli ha fatto avere una dieta e gli ha detto che quel foglietto se lo deve portare sempre con sé. Di più deve darne una copia anche ai responsabili della mensa dove mangia! Lui, ligio ai consigli dell’assistente sociale, ci lascia la nostra copia, ma, prima di tutto questo, dona ad Anthony diversi pacchetti di mascherine anticovid. “Sono nuove, sigillate, a voi sicuramente possono servire!”. Rimaniamo sbigottiti. Mi stupisce ancora di più quando, sempre lui, tira fuori dal suo zaino, vera borsa di Eta Beta, un contenitore per alimenti e un giaccone invernale per donarli ad un altro utente della mensa, suo amico.
Intanto è arrivato un anziano segaligno dai capelli bianchi che borbotta da solo frasi poco comprensibili. In effetti è meglio non comprenderle le sue parole sono un florilegio di offese contro le donne, tutte le donne. Mentre cammina avanti e indietro senza sosta, come pervaso da una forza interna incontrollata, ne dice di ogni, è impossibile interloquire. La maschera anticovid che indosso mi aiuta a coprire l’imbarazzo.
Il pomeriggio volge al termine, ormai è buio e velocemente torniamo alle nostre case al riparo da questo vento freddo freddo. Diversi dei nostri utenti passeranno la nottata all’addiaccio, mi sovvengono le parole di Aldo: “chissà quante cose si potrebbero mettere a posto in questo strano mondo con il montepremi che oggi ha conquistato Djokovic vincendo qualche partita di tennis!”.
Luciano B.