Nadia - Noi e Lei

… ricordo solo la nostra allegria e il suo sorriso

Redazione

lbaldini

Carissima Caterina,

grazie per questa iniziativa affettuosa verso Nadia. Accettando di scrivere questo breve contributo mi sento come se potessi, anche se molto parzialmente, partecipare per un po’ alla vostra amicizia, più quotidiana e duratura rispetto a quanto io abbia potuto viverla con lei. Ma rispondo alla tua richiesta in omaggio al tempo della nostra vita che abbiamo condiviso, cercando insieme, scavando, operando per andare verso una profondità ed una radicalità che sentivamo respirare con noi, nella storia umana, sociale religiosa di quegli anni.  Anni ricchi, anni fecondi. E non fu certo un caso, trovarci insieme, lì in quel cortile della parrocchia o sul muretto o per le strade, dopo la luce accesa sulla chiesa di allora, dal Concilio Vaticano II. Sta in quegli anni, in quella ricerca, in quel cammino il volto della Nadia che ho conosciuto. Sta in quel ritrovarci ogni giorno chiamando quei momenti, costruzione di fraternità – ancora non potevamo, non sapevamo dire anche di: “sororità”, come avrei fatto in seguito con maggiore libertà – .

La conclusione di quel cammino comune fu una crescita. Lei probabilmente ci arrivò per prima rispetto a me, rispetto ai miei tempi. I nostri bisogni si diversificarono a partire dalle più personali esperienze di vita ma sono certa che lei sapesse del mio rispetto nei confronti delle sue scelte e del suo nuovo percorso. Non ricordo tra noi conflitti o chiusure. Ho sempre davanti agli occhi il suo sorriso. Credo sia rimasta quella ragazza e quella donna che aveva scelto una parte, quella degli ultimi per comprendere sé stessa e le altre e gli altri, rischiando sempre nelle relazioni, non senza un piglio ironico che forse la salvava nei momenti più difficili.

Sorriso sincero e una lucida capacità critica, la capacità di non cedere alla omologazione di qualunque specie fosse, dunque la necessità di condurre con determinazione la necessaria battaglia personale, per non avere paura di perdere amicizie e luoghi. Così dopo la conclusione della nostra esperienza comunitaria ci rimase poco tempo per vederci. Ci volevamo bene, un affetto senza ombre seppure ormai difficile da dimostrare fisicamente. Ci stimavamo, almeno, io la stimavo e con lei mi sentivo libera, cosa davvero non scontata nemmeno in una comunità cristiana. Per quei doni della vita inaspettati ma intensi, dopo il trasferimento della nostra famiglia ai Castelli Romani, ci ritrovammo nel bel mezzo di una manifestazione, a Roma, nei pressi di via Cavour, in mezzo ad una folla disordinata, seppure incanalata nel suo flusso ininterrotto verso il luogo di ritrovo. Ci scoprimmo a camminare insieme, mi pare che il tema fosse “la questione femminile”.  Ricordo il suo sorriso allegro e il mio, davvero contente di ritrovarci lì, su quella strada, tra quella gente, felici di scoprire una condivisione che non aveva bisogno di tante parole anche se ne dicemmo a fiumi, come per recuperare un tempo perduto e come per dirci o almeno per dire a me stessa: non siamo sole!

Decidemmo che quello era il momento della nostra sosta, il flusso proseguiva il suo cammino ma noi entrammo in un bar… non ricordo cosa facemmo, ricordo solo la nostra allegria e il suo sorriso

Teresa

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