numero 14 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – aprile 2021
Premessa
Antonello Falomi ha fatto politica per tanti anni. Dopo l’esperienza di consigliere comunale e di assessore nella Capitale è approdato in Parlamento nella stagione vincente dell’Ulivo. Alla lunga permanenza al Senato della Repubblica è succeduta una legislatura presso la Camera dei deputati. Oggi ricopre la carica di Presidente dell’Associazione degli ex parlamentari. Quando conobbi Antonello, a metà degli anni ’90, scoprii la sua passione per la montagna e la sua abitudine a passare le vacanze estive sulle Alpi. Facemmo anche un’escursione insieme, una delle prime di Arcoiris, di cui però è restata traccia solo nella mia memoria e di pochi altri.
Quando il gruppo che poi avrebbe fondato Arcoiris iniziava ad organizzare gite escursionistiche ho conosciuto la tua passione per la montagna. Quando hai iniziato ad andare per sentieri? Alpi o Appennini? Con chi hai iniziato?
Ho cominciato ad andare in montagna a 36 anni. Non lo avevo mai fatto prima. La mia prima escursione partì da Arolla, un paesino a 2.000 metri nella Val d’Herens, sulle Alpi della Svizzera Francese. Mi ci portò mia moglie Giulia che per tradizione familiare frequentava le valli che si affacciavano lungo il tratto svizzero del Rodano.
Quali sono i ricordi più intensi di quelle esperienze?
Della mia prima esperienza in montagna ricordo di essere arrivato al Rifugio delle “Aiguilles Rouge” senza fiato. Quasi non riuscivo a parlare. Non avevo ancora imparato a cadenzare il passo secondo il ritmo giusto. Avevo solo fretta di raggiungere l’obbiettivo. La montagna, invece, ti insegna a dosare bene le forze.
Quali sono i ricordi più intensi di quelle esperienze?
I ricordi più intensi sono legati agli obbiettivi più ambiziosi: raggiungere e superare i 4.000 mt., attraversare i ghiacciai evitando i crepacci, le notti senza sonno nei rifugi in preparazione di nuove escursioni, la paura di non farcela e la soddisfazione per la vetta raggiunta, il senso di beatitudine che ti danno i grandi spazi, le grandi tavolate allegre ad alta quota, il bagno caldo dopo un’intera giornata di cammino.
Affronti (o affrontavi) i sentieri per raggiungere obbiettivi: una vetta, un rifugio, oppure lo spirito è quello di chi si vuole immergere nella natura e godere di aria buona e bei paesaggi?
Per me le due cose vanno insieme. Anzi, si può dire che darsi un obbiettivo è un modo per godersi la natura e il paesaggio e viceversa.
Vai ancora in montagna?
La pandemia mi ha impedito di andarci la scorsa estate. Ma non ho rinunciato alle lunghe camminate nelle zone appenniniche dell’Alto Lazio, ai confini tra Umbria, Lazio e Toscana. La prossima estate spero di poter tornare sulle Alpi, anche se l’avanzare dell’età rende meno ambiziosi i miei obbiettivi. Ma la pace e il senso di appagamento che mi dà la montagna mi spinge a continuare.
Jean-Jacques Rousseau osservava nelle sue Confessioni: “Non riesco a meditare se non camminando. Appena mi fermo, non penso più, e le testa se ne va in sincronia coi miei piedi”. Qual è il tuo rapporto col camminare? Per spostarti in città ti muovi a piedi?
La considerazione di Rousseau per me non vale se cammino in montagna dove, invece, il camminare funziona per me come una sorta di elettrochoc. Mi libera la testa da ogni pensiero, penso solo a dove devo mettere i piedi, all’obbiettivo da raggiungere e al paesaggio che attraverso.
In campagna e in città il camminare aiuta molto a pensare. Per questo, se non piove, mi piace camminare ogni giorno per quattro, cinque chilometri. Abito vicino al Parco dell’Appia Antica che offre molte possibilità di cammino e ogni volta che lo faccio ringrazio “Sant’Antonio Cederna” che con le sue battaglie contro la speculazione ha regalato a Roma un parco straordinario.
La montagna e la politica è un rapporto di lunga data. Basti pensare a Giolitti e alla sua presenza a Bardonecchia o al tre volte ministro delle finanze del Regno, Quintino Sella, che fu anche fondatore del Cai. Vittorio Foa era un grande frequentatore di Cogne. Leggere le pagine della Resistenza, poi, significa quasi sempre andare in montagna con la meglio gioventù di allora. Le foto di Togliatti in tenuta da escursionista sono famose. Una località di montagna come Pralognan nel 1956 fu teatro dell’accordo tra Nenni e Saragat che portò all’unificazione socialista. Infine, moltissimi Presidenti della Repubblica hanno passato le loro vacanze estive in montagna. Pertini, poi, andò perfino a sciare con Papa Wojtyla sull’Adamello! Secondo te perché tra gli appassionati di politica ci sono così tanti frequentatori della montagna?
Mi hanno sempre affascinato i politici che frequentano la montagna. Ricordo l’emozione di un soggiorno a Champoluc, in Val D’Aosta, dove abitualmente soggiornava Togliatti.
Da parlamentare, ho conosciuto diversi miei colleghi che frequentano la montagna. La mia impressione è che non siano mai stati molti nonostante si tratti del modo di utilizzare il proprio tempo libero meno inquinante e più ecologico.
Credo che in Parlamento si fosse creato anche un gruppo interparlamentare di amici della montagna: ne sai qualcosa?
Non so se esista ancora, in passato vi è stato un gruppo interparlamentare “Amici della montagna”. L’attuale Vice Presidente del CAI, il mio amico Erminio Quartiani, è stato deputato e so che da dirigente del CAI si dà molto da fare per portare all’attenzione del Parlamento i problemi della montagna.
Ricordi dibattiti parlamentari interessanti dedicati allo sviluppo e alla tutela della montagna?
Prima della cancellazione insensata delle “Comunità montane”, in occasione dell’approvazione delle leggi finanziarie, il tema della montagna e dei suoi problemi era sempre presente nei dibattiti parlamentari. Adesso sembra che insieme alla sparizione delle “Comunità montane”, si sia dissolta anche l’attenzione del Parlamento.
I territori montani hanno sofferto in qualche caso di un rovinoso abbandono (vedi molte zone appenniniche) e in altri un eccesso di sviluppo turistico distruttivo dell’ambiente e del paesaggio. Lo Stato non ha fatto troppo poco?
Nonostante l’esplicito riferimento alla esigenza di tutela introdotto dai costituenti nella nostra Carta costituzionale, aver lasciato la cura della montagna alle sole forze del mercato ha prodotto il degrado e l’abbandono delle zone poco interessanti dal punto di vista del profitto e gravi danni ambientali e paesaggistici.
Assieme al CAI, l’Associazione degli ex-parlamentari di cui sono attualmente presidente, ha promosso sull’argomento un interessantissimo convegno, di cui sono stati pubblicati gli atti.
Le nostre zone interne del centro Italia vivono una enorme marginalità, il terremoto del 2016 ha aggravato la desertificazione di quelle zone. Secondo te si potrebbe fare qualcosa per invertire questa tendenza?
Penso che la tendenza si possa invertire creando nelle zone interne occasioni di lavoro coerenti con gli obbiettivi di risanamento ambientale di cui queste zone hanno bisogno. Spendiamo tanti di quei soldi per riparare ai danni dell’incuria, quando, invece, una manutenzione permanente e organizzata del territorio potrebbe fornire occasioni importanti di lavoro. Per fare questo, però, ci vuole un intervento pubblico importante.
Io spesso lungo i sentieri, soprattutto durante le escursioni più semplici, ho intessuto con i miei compagni di gita delle discussioni politiche accanite; a te è mai capitato?
Le discussioni politiche più o meno accanite sono il pane quotidiano della mia vita e le camminate sono una parte importante della mia vita.
Sulla scena del dibattito politico negli ultimi anni ha fatto irruzione il movimento di “Fridays for Future”. I temi ambientali ormai non possono più essere sottovalutati.Cosa pensi di questo movimento di studenti? Che ne pensi di Greta Thunberg?
Mi fanno guardare al futuro con speranza e ottimismo. Rivedo lo stesso entusiasmo e lo stesso impegno dei movimenti giovanili che mi è capitato di conoscere e di vivere.
La situazione è davvero così grave? e secondo te possiamo ancora riuscire ad evitare la distruzione del pianeta?
La consapevolezza della gravità della crisi ambientale ha raggiunto, ormai, tutti i livelli politici e istituzionali. Il problema è passare dalla consapevolezza alle scelte concrete per superarla con nuovi modi di produrre e di consumare. Ci sono forti interessi che ostacolano questo passaggio. Sono convinto, però, che le forze che si battono per cambiare le cose, saranno in grado di impedire la distruzione del pianeta.
Perché in Italia il movimento ecologista non ha mai avuto un grande successo?
Perché per fare politica bisogna saper cogliere i nessi che legano le questioni ambientali all’economia, al lavoro, agli assetti istituzionali, alle grandi scelte internazionali. I movimenti monotematici, senza questa consapevolezza complessiva, non vanno da nessuna parte e finiscono per esaurire la loro funzione con la conquista di qualche seggio in Parlamento.
Infine, questa è la chiusura di tutte le nostre conversazioni, eccoci ai consigli. I temi che abbiamo trattato sono stati oggetto di numerosissimi libri o film, qualcuno di questi ti è rimasto impresso? Ce li puoi segnalare?
Gli Scritti sulla montagna di Massimo Mila, Il sergente nella neve e Il bosco degli urogalli di Rigoni Stern, Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu.
Quanto ai film, Altitudine, un film svizzero che ho visto di recente perché è ambientato in luoghi delle Alpi che frequento da anni e che per me sono “luoghi del cuore”.
[l’intervista è stata raccolta da Luciano B.]