numero 26 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk –aprile 2023
Sono passati molti anni da quando ci siamo conosciuti e tutto attorno a noi è cambiato. È cambiato il mondo, è cambiata l’Italia, è cambiata la nostra città. In più di trent’anni la vita di ciascuno di noi si è radicalmente trasformata. Abbiamo vissuto una vera rivoluzione economica, sociale e culturale. In questo gran trambusto in cui siamo stati immersi se c’è una persona su cui si poteva e si può fare affidamento questa è Massimo. Nel tempo del pressapochismo e del raffazzonato, se vuoi un’opinione meditata e seria, chiama Massimo. Se la giornata è un gran casino e tutti corrono di qua e di là e non ce la fanno a darti retta, allora, senti Massimo. Lui, anche quando è sommerso da mille incombenze, il tempo, magari un secondo, lo trova e ti ascolta. Se la sigla di una vecchia trasmissione Rai (ve la ricordate “I ragazzi di padre Tobia”?) recitava “chi trova un amico trova un tesoro” Arcoiris e tutti gli amici, con Massimo hanno trovato un vero e proprio “Cerro rico” (*).
(*) Collina boliviana nei pressi della città di Potosì che ai tempi della colonia spagnola aveva le miniere d’argento più importanti del mondo. Questa località è considerata la più ricca fonte d’argento nella storia dell’umanità. Da questa miniera proveniva l’80% di tutto l’argento del mondo.
Un quarto di secolo fa nasceva Arcoiris e a te è toccato in sorte l’incarico di presidente, il primo presidente di Arcoiris. Te lo saresti aspettato che quella Associazione così gracile potesse avere una vita così longeva? È inevitabile chiedere un tuo ricordo di quegli anni.
No, non pensavo che Arcoiris sarebbe durata tutti questi anni. Siamo nati come associazione culturale occupandoci principalmente di progetti solidali e culturali, legati al territorio di Centocelle e del Municipio. Abbiamo poi scoperto la voglia condivisa di stare all’aperto, la montagna: Arcoiris è diventata “Il vecchio Antonio”, le persone che si sono avvicinate abitano in altri punti della città, abbiamo delle guide volontarie e siamo ora anche ArcoirisTrekk, senza mai dimenticare gli intenti originari.
La sede dell’associazione era in via dei Ciclamini, in una sede del PDS che ora non esiste più. Un ricordo in particolare: la progettazione della pista ciclabile, mobilità alternativa “in nuce”, che doveva toccare tutti i punti di interesse sociale di Centocelle e oltre: dal Parco Archeologico al mercato, alla Asl, fino alla sede del Municipio, al parco Palatucci…; ci mettemmo tanto impegno e passione e alla fine, purtroppo, non se ne fece nulla, ma eravamo comunque dei giovani, entusiasti precursori dei tempi.
Venticinque anni di attività sono tantissimi, proviamo a costruire un tuo album dei momenti salienti di Arcoiris. Descrivici qualche fermo immagine di “momenti Arcoiris”.
Sono tanti anche i momenti importanti di Arcoiris, per me legati in particolare ai rapporti con le tante belle persone che ho conosciuto e frequentato. “Aulabus”, organizzato con la nostra amica Alessandra: abbiamo costruito un percorso di visita archeologica per i ragazzi delle scuole di Centocelle, con tanto di quiz da somministrare ai ragazzi; le edizioni del concorso “Roma racconta la libertà” e “I percorsi della memoria”: per contribuire a non dimenticare gli orrori della guerra e dell’occupazione nazifascista dell’Italia; i vari concerti (bellissimi) organizzati con gli amici del Senato per raccogliere fondi destinati a progetti di solidarietà; i miei due figli (da piccoli) massacrati dalle escursioni alle quali li portavamo, ma felici; la cara Nadia che discute con Elsa sui conti dell’associazione (ma che t’importa se non tornano per 5 centesimi!); Caterina e Gualtiero che, chiacchierando, vanno piano ma arrivano ovunque; e, last but not least, tutte le stupidaggini dette (in particolare, ma si potrebbero aggiungere al merito diverse altre persone) da me, Peppe e Tonino, raccogliendo le quali si potrebbe pubblicare un libro (che giustamente non comprerebbe nessuno); l’emozione di tutte le giornate per Nadia, con le premiazioni, le cantate, la condivisione di ricordi.
Proseguiamo con le escursioni: quali delle centinaia che abbiamo fatto inseriresti nell’albo d’oro Arcoiris?
Di quelle in montagna inserirei sicuramente una bellissima camminata guidata da Bruno (non ricordo dove), con la discesa fatta giocosamente saltando nella neve alta, che ci arrivava a metà gamba: credo sia stata una delle camminate più divertenti fatte in vita mia. Poi Monte Sole, coi suoi dintorni incantevoli e le storie terribili delle stragi nazifasciste; L’Aquila del dopo terremoto, con il magnifico centro storico ancora svuotato dalle normali attività e tracce di distruzione/ricostruzione un po’ ovunque.
Ho sempre vissuto un rapporto dualistico tra montagna e mare, entrambi mi permettono di allargare gli orizzonti, di ri-vivere un rapporto diverso con la natura, di emozionarmi immergendomi in due panorami, all’apparenza diversi, che si completano a vicenda; quindi, ovviamente: le Cinque Terre, la Costiera Amalfitana, Genova, Ischia, l’Elba, Venezia! Inoltre, queste gite, in genere un po’ più semplici dal punto di vista tecnico, hanno sempre visto la presenza di nutriti gruppi di “arcoirisiani”: mi piacciono molto le nostre “ammucchiate”.
Veniamo alla montagna. Il tuo rapporto con la montagna. Le tue prime esperienze sui sentieri: ci racconti i luoghi e le persone di quei tempi?
Per diversi anni, ancora ragazzo, per me la montagna è stata rappresentata dal Parco Nazionale d’Abruzzo. Si viaggiava con zaini militari che ti curvavano la schiena; tende canadesi, sacco a pelo, scarponi di cuoio: tutto era molto più pesante e meno tecnico di oggi; nessuno aveva le bacchette, al massimo un ramo robusto si prestava a fare da bastone. Se entravi sulla macchina di qualche amico, andava bene, altrimenti ti toccava fare l’autostop. Si faceva campeggio libero a Val Fondillo (che è un po’ un corridoio pianeggiante d’ingresso del parco). Nelle acque gelate del Fondillo ci si lavava (molto rapidamente), si sciacquavano i piatti lavati con la cenere dei fuochi accesi per cucinare e per scaldarsi la sera, con una umidità che ti avvolgeva: l’effetto era che ogni tanto dovevi girarti per scaldare tutto il corpo. La gestione dei pasti e la spesa erano collettivi e, come succedeva sempre negli anni ’70 dello scorso secolo, frutto di interminabili discussioni e compromessi finali. Salivamo a Opi per gli acquisti e c’era un’escursione termica notevole: il paese è più in alto, ma non soffriva dell’umidità del fiume e dei boschi.
Eravamo ragazzi legati dall’appartenenza politica “gruppettara”, abituati a convivere nelle nottate di discussione o nelle occupazioni, attenti all’ambiente e all’ecologia (sic!): la montagna si è rivelata uno dei nostri ambienti ideali.
Spesso salivamo sul Monte Amaro, sulla cui cima c’è sempre un folto gruppo di camosci: era diventato la nostra passeggiata abituale. Anche di fronte, sul Monte Dubbio (mah!), abbiamo camminato diverse volte. E poi il Passo dell’Orso, Val Jannanghera, Val di Rose e tutti gli altri stupendi e ben segnati percorsi verso Pescasseroli da una parte e Villetta Barrea dall’altra.
Una delle volte che siamo andati a cercare la Grotta delle Fate, con le sorgenti del Fondillo, ci siamo persi, si è fatto buio e ce la siamo vista un po’ brutta.
Diversi anni dopo, era il 1988: ero con Caterina e avevamo Claudio appena nato, di pochi mesi; ci facciamo il solito Monte Amaro con Claudio nel marsupio; quasi alla fine della discesa ci raggiunge un gruppetto di scout: avevano un piccolissimo calzino in mano e, giustamente, avevano pensato che lo avessimo perso noi.
Se c’è una cifra che ti distingue è il tuo impegno in politica e nel sociale. Dopo aver conosciuto te, Gualtiero, Peppe e tanti altri si era rafforzata in me l’idea che la montagna fosse un luogo per persone di sinistra. Quando scopro che Alemanno e tante altre persone di destra sono appassionati frequentatori di sentieri e cime mi è crollata un’altra convinzione profonda. Secondo te l’andare per rifugi ha una qualche connessione con gli ideali di destra e/o di sinistra?
Non credo, ma sono solidale con te: anche a me fa strano sentire gente di destra innamorata di De André o, addirittura, di Guccini… ma tant’è!
Troppo spesso abbiamo incontrato sui sentieri camminatori improbabili con attrezzature improbabili e, siccome un altro tuo tratto essenziale è la precisione, è interessante conoscere il tuo rapporto con la preparazione di un’escursione. Partiamo dalle cose da portare con sé. Che cosa non deve mancare mai nel tuo zaino? Cerotti, ombrello, cioccolata o che altro?
Sopporto delle prese in giro, ma l’ombrello non manca mai! Ho sempre con me una borraccia, una giacca impermeabile, un coltellino e un apribottiglie, qualche busta di plastica e una borsa di stoffa, un cordino, un piccolo “pronto soccorso”, occhiali da sole. In inverno anche ghette, cappello e guanti. Fino a un po’ di tempo fa avevo sempre con me una torcia, ma ormai, con i moderni cellulari, non occorre più.
A proposito delle attrezzature improbabili: 1985, eravamo con Caterina in Val d’Aosta e dalla Val di Rhémes salivamo al Col Fenêtre, tappa dell’Alta Via n. 2; salita ripida e con un dislivello di più di 1000 metri, che finisce con un canalone pietroso, sul quale avevamo difficoltà con i nostri decenti scarponi da montagna; a un certo punto compare un gruppetto di giovinastri (di lingua tedesca) nel quale il più attrezzato aveva delle scarpe da ginnastica, altri… le espadrillas (non so se ricordate: scarpette di stoffa col fondo di corda)!
Non sono molte le persone che riescono “a fare scopa tra lavoro e passione”, a me pare che tu col tuo lavoro di informatico all’Inps sia uno di quelli. Negli ultimi anni l’informatica è entrata prepotentemente anche nell’escursionismo, basti pensare a quella fonte inesauribile di informazioni che è internet, alle mappe elettroniche, ai programmi di preparazione fisica, al miglioramento dei sistemi di sicurezza, … Per qualcuno l’abbandono delle carte dei sentieri sostituite dall’uso dei files gpx è stato un trauma, per altri un affascinante e utilissimo passo in avanti. Immagino che per te, anche in questo campo, la nostalgia del passato non prevale sull’apertura verso l’innovazione, è così?
La digitalizzazione ha dato avvio alla quarta rivoluzione industriale, ha stravolto le modalità di erogazione dei servizi pubblici e privati, ha permesso la circolazione della moneta elettronica: ha modificato profondamente le nostre abitudini e anche le nostre società. Oggi possiamo svolgere online molte delle attività per le quali, già solo una decina di anni fa, bisognava occupare del tempo andando fisicamente in un luogo e facendo file; è probabile che sul sito sul quale stiamo comprando o fruendo di un servizio “parliamo” con una Intelligenza Artificiale; possiamo pagare con la carta di credito o con i dispositivi smart; il grande mare di Internet ci fa conoscere località prima di esserci stati, i social ci permettono contatti un tempo impensabili; il nostro smartphone fa da navigatore e ci offre mappe, tracce dei sentieri, contapassi, torcia, altimetro…
Nessuna nostalgia del passato, ma uno sguardo al futuro che trovi l’equilibrio tra gli umani bisogni sociali, il rispetto dell’ambiente e del lavoro globalizzato e lo sviluppo tecnologico.
Ma è sempre così? Non è, per esempio, che i computer diventeranno così indispensabili da renderci schiavi?
Qui entriamo in un ambito di discussione che sta coinvolgendo scienziati, filosofi, intellettuali di ogni tipo.
Personalmente penso che le stesse tecnologie possano essere utili o dannose: dipende sempre dalle scelte individuali e/o collettive e dall’uso che se ne fa.
Chiudiamo con il tema della cura. La Pandemia ci ha fatto scoprire la fragilità delle nostre società e l’importanza di quei lavori di cura che spesso avevamo sottostimato. Arcoiris, forse anche per l’età media dei soci, ha curvato i suoi interessi verso nuove attività di tipo sociale. La collaborazione con tante Associazioni ci ha portato a frequentare gli immigrati di “Baobab Experience”, i bambini malati di “Il cuore grande di Flavio”, quelli sfortunati di “Isla ng Bata” o quelli scappati dalla guerra in Ucraina, le persone fragili della mensa Caritas. Francesco Izzo presidente dell’associazione “Isla ng Bata” in una conversazione che abbiamo pubblicato ad agosto 2022 ci disse “io credo che sempre più persone stiano prendendo coscienza che l’unico modo per vivere in armonia è prendersi cura dell’altro, di colui che ha meno di noi.” Che ne pensi?
In fondo, per quanto evoluti, sempre animali siamo; non sopravviviamo se non in solido, in gruppo. E siamo umani: il gruppo dovrebbe difendere i più deboli, i più bisognosi, anche se sappiamo che sempre più spesso non è così. Credo che più i gruppi sono aperti e solidali, maggiori sono le possibilità di vivere pacificamente. D’accordissimo, quindi, con il pensiero di quella bella persona che è Francesco.
Noi occidentali siamo nati con la camicia, viviamo in pace da quasi ottant’anni, mentre i nostri nonni e/o genitori hanno vissuto la guerra, la sofferenza, l’abbandono della propria terra a causa della fame… ma la memoria di molti è veramente corta! Aiutare gli altri è, sempre, aiutare anche noi stessi… e ci fa vivere meglio, più felicemente.
Come giudichi i nuovi impegni di Arcoiris nel campo della solidarietà? Si potrebbe fare di più e, magari, meglio?
Stiamo facendo, nel nostro piccolo, ciò che ci è possibile fare come associazione. Il maggiore impegno, contributo, può essere individuale; molti di noi collaborano con associazioni di volontariato: possiamo forse impegnare più risorse e tempo in queste attività.
E per finire Gastroiris. Tu sei molto attento alla qualità di cibo e bevande. Ci puoi consigliare una lettura (libri, riviste, siti internet, …) su questo argomento?
Da quello che vedo nelle librerie e nelle edicole, mi sembra che ci sia più interesse per i libri di cucina che per tutti gli altri generi; quindi, volendo, se ne trovano a bizzeffe e per tutti i gusti.
Detto questo, vi consiglio due letture particolari, molto diverse tra loro:
Isabel Allende, “Afrodita. Racconti, ricette e altri afrodisiaci”, godibilissimo libro nel quale la grande scrittrice cilena, tra ricette ed eros, ci dice: “Mi pento delle diete e di tutte le occasioni di fare l’amore che ho lasciato correre…”;
una pagina Facebook che io trovo molto divertente è “Insultare su Tripadvisor sentendosi grandi chef”, con una selezione di recensioni che hanno dell’incredibile, provare per credere: https://www.facebook.com/insultaresutrip
[intervista a cura di Luciano B.]