numero 16 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – agosto 2021
“Non ho nient’altro da lasciare. Le cose mie preziose le ho date a Roma. Il dente della balena a te, che mi leggerai, chiunque tu sia.” È la chiusa de L’Architettrice di Melania G. Mazzucco (2019 ed. Einaudi) quando la protagonista, prossima alla sua fine, prefigura un ipotetico testamento, ed è anche la perfetta ora solare in cui l’ombra di una donna del ‘600 si staglia su una donna contemporanea; è il momento in cui i lettori percepiscono senza più dubbi come coincide la figura di un’artista del passato, Plautilla Briccia, architettrice, con la scrittrice di oggi, studiosa di gran pregio. Per scrivere il libro, le ricerche nei documenti storici di vita quotidiana, nelle opere teatrali e poetiche degli archivi, sono state lunghe e difficili; Mazzucco le illustra alla fine del libro, e questo ci fa capire quanto la vicenda inventata, che narra la vita di Plautilla Briccia, sia stata supportata da un’indagine profonda almeno quanto gli scavi per la posa della prima pietra della villa detta del Vascello, dalla Briccia progettata nella prima metà del 1600 e abbattuta a cannonate dai francesi due secoli più tardi, durante la campagna che nel 1849, ha posto fine all’esperienza della Repubblica Romana. La compagnia Medici difese fino all’ultimo uomo, l’avamposto del Vascello, per impedire ai francesi di entrare da Porta S. Pancrazio, per questo oggi la villa si chiama villa Medici. La storia racconta non soltanto la carriera della pittrice, innamorata dell’architettura, ai tempi in cui Bernini e i Barberini trasformavano Roma, ma tratteggia anche le carriere degli ecclesiastici e dei diplomatici nelle corti europee (Mazzarino in quella di Luigi XIV per esempio) e racconta di un amore lunghissimo, ambiguo, che oscura e nutre la carriera di Plautilla Bricci: quello con l’Abate Elpidio Benedetti, personaggio che vi lascio scoprire nel libro … Abbiamo sfiorato le opere dell’Architettrice, passeggiando con Arcoiris, nelle uscite cittadine a Roma, nella chiesa di San Luigi dei Francesi dove, si dice nel libro, riposano le spoglie mortali dell’Abate, nella cappella progettata da Plautilla. Il motivo che mi ha mosso a scrivere questa pagina però è un altro; mi ha commosso nella chiusa ritrovare un oggetto che appare nelle prime pagine (e che lega Plautilla al padre): il dente di balena. Si tratta di uno di quei tipici “mirabilia” delle collezioni degli eclettici uomini di scienza del passato, tuttavia qui diventa l’Oggetto Letterario per eccellenza. È la cosa dalla quale parte la fantasia di una storia intera, di una vita intera, immaginata, in un dialogo tra le due artiste, lontane nella Storia, ma forse vicine nei sentimenti. E chiunque tu sia, da lettore, ne ricevi il dono.
Laura M.