numero 14 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – aprile 2021
“La prima volta che bevi un tè con uno di noi sei uno straniero; la seconda, un ospite onorato; la terza, sei parte della famiglia”, Haji Ali, capo del villaggio di Korphe, Pakistan.
Quattrocentottantasei pagine di un libro tascabile non sono un grande incentivo alla lettura. Almeno per me. Poi gli autori, Greg Mortenson e David Oliver Relin non li conoscevo e così quel volume è andato a finire nella pila di “quelli da leggere … un giorno”. Passano gli anni, la pubblicazione è del 2009, ma io lo ricevo in regalo nel 2016, e la pandemia oltre che sconvolgere i ritmi di vita, modifica anche i gusti e le modalità di approccio ai libri.
All’inizio del 2021, un po’ scettico, affronto queste 400 e passa pagine.
Tre tazze di tè, scritto da David Oliver Relin racconta un pezzo di storia di Greg Mortenson, un giovanottone americano grande e grosso, che da alpinista diventa promotore di un’organizzazione di cooperazione operante in Pakistan e dintorni.
Il giornalista Relin si innamora di Mortenson e della sua incredibile storia e scrive un volume appassionato e coinvolgente. Il libro racconta come, nel 1993, lo scalatore americano partecipa ad una spedizione sul K2, ma fallisce, si perde e, ormai mezzo morto, arriva a Korphe. Un paesino, poco più di quattro poverissime case, aggrappato alla roccia di una vallata sperduta del Karakorum pakistano. Mortenson, convalescente, si innamora di quella gente che lo cura. Greg rimane colpito dal fatto che, in quel luogo fuori del mondo, i bambini, per molti mesi l’anno, si fanno scuola da soli. Il governo afferma che non può permettersi di pagare un insegnante per tutto l’anno. La scuola non ha un edificio e le lezioni si tengono su uno spiazzo polveroso all’aperto. Agli occhi di Mortenson l’alpinismo perde ogni fascino. La sua ragione di vita diventa la costruzione di scuole per i bambini di quelle poverissime zone musulmane.
L’americano non sa nulla di istruzione e di costruzione di scuole e gli inizi sono più che avventurosi. Senza competenze, senza soldi, senza un metodo. Insomma un dilettante allo sbaraglio. Vive in macchina perché non ha mezzi per affittare un appartamento e cerca finanziamenti per le sue imprese scrivendo centinaia e centinaia di lettere a uomini di spettacolo o a magnati della finanza, a casaccio. Inoltre il territorio in cui vuole portare l’istruzione ai bambini e soprattutto alle bambine, con i suoi intrichi religiosi, tribali, sociali, economici, si colloca agli antipodi di chi è cresciuto immerso nella provincia americana.
Mortenson è un testardo e così fra mille vicissitudini, in un’alternanza piuttosto vorticosa di frangenti drammatici e deprimenti e di risultati straordinari ed esaltanti, riesce a costruire decine di edifici scolastici e a dare una prospettiva di vita migliore a molti giovani.
Nel libro si descrivono le storie di tante persone, belle e brutte, con ruoli importanti e del tutto normali, semplici. Le storie individuali si intrecciano con la grande storia, quella del conflitto tra India e Pakistan, quella del terrorismo di Osama Bin Laden, quella della guerra americana in Afghanistan e in Iraq.
Mentre i governi degli Stati Uniti vogliono sconfiggere il terrorismo con le bombe, Mortenson prova a vincerlo portando libri e scuole.
Ovviamente la sua azione, soprattutto in America, suscita le reazioni più diverse: per molti è un venduto ai musulmani, per altri è un mito.
Poi c’è pure chi ha fatto le pulci al libro e ha messo in dubbio molti fatti raccontati e molti risultati annunciati. Per alcuni Mortenson è un fanfarone e imbroglione che con le donazioni si pagava alberghi e viaggi lussuosi.
Non so se la storia di questo ex-rocciatore americano è del tutto vera o se è un po’ fantasiosa, quello che interessa è che “Tre tazze di Tè” racconta di un uomo che si batte contro la guerra e contro i pregiudizi. Forse è solo una favola, ma non ne abbiamo un po’ bisogno?
Luciano B.
Tre tazze di tè, Greg Mortenson, David Oliver Relin (trad. Stefano Viviani), Rizzoli BUR, 2009, pp. 486, brossura
[nella rubrica A parole di questo stesso numero, un brano tratto dal libro]