numero 19 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – febbraio 2022
Scrutare il cielo, la sera prima di pasquetta, e interrogarlo ansiosi, era un esercizio defatigante per noi ragazzi; oggi con meteo.it ti predicono il tempo ora dopo ora; poi magari non s’avvera. Non è che la pioggia avrebbe impedito la scampagnata, ma vuoi mettere una giornata di bel tempo alla vigna di Cacini?
Negli anni della ricostruzione, 1948, 1949, c’era poco da scialare; e poca roba mettevano le nostre madri nei sacchetti del pranzo per la scampagnata di pasquetta: un uovo sodo, una salsiccia secca, un pezzo di pizza pasquarola (col sale) e un pezzo di pizza dolce; da bere, secondo loro, l’acqua della fonte, ma noi sul bere la pensavamo diversamente …
Alle otto Cacini, Vittorio e io ci vediamo a Piazza Dante; ma alla vigna ci avrebbero raggiunto Elsa, Michelina e Nilla (che guai se il padre l’avesse vista “mmischiasse coi maschi”; sarà puru pe’ vesso che i paesani ju chiameanu “sturbafeste”?).
La Pasqua quest’anno è venuta tardi; e noi portiamo già i calzoni corti con la camiciola; e le solite scarpe di mezza stagione, leggere ma con le “sferge” in punta e al tacco, per non consumarle …
Cielo nuvoloso, ma non piove; arrivati alla vigna, diamo una pulita al locale; perché, specialmente se piove, è là che mangeremo. Cacini, dopo aver ripulito la mensa, che avremmo condiviso con Renata, la cavalla, prepara il camino dove, acceso il fuoco, cuoceremo gli spaghetti, ma prima faremo il sugo con una bottiglia casereccia di pomodori. L’insalata chiuderà il pranzo, dopo aver consumato uovo e salsiccia con la pasquarola. E l’acqua della fonte? Sì, ma annaffiata col vino di papà Cacini, “che caccemo, friscu, friscu dalla càura” (la cavola).
Le tre ospiti (veramente sono quattro, perché Elsa si è fatta accompagnare dalla cugina Pina), arrivano puntualmente alle dieci. Vestite con abiti adatti alla scampagnata, gonne agili e scarpette alla buona, prendono subito in mano la situazione rispetto ai preparativi del pranzo, senza dare ascolto alle nostre reiterate dichiarazioni (lo sapemo fa’ pure nu’); io l’ho imparato nelle tante escursioni che ho fatto da attivo boy-scout.
L’aria è calma, l’aria di una tranquilla mattinata, mossa da qualche squillante cinguettìo e, ogni tanto, dai moderati nitriti di Renata. Noi proviamo il giradischi con i “settantotto giri” di cui siamo forniti; abbiamo selezionato il meglio delle nostre modeste discoteche casalinghe: “Vecchie mura” con la commovente voce di Oscar Carboni che ripropone gli eterni temi dell’amore (“dissi giuro, disse giura”), “Borgo antico”, “Gelosia”, il tango che ti dà l’ardire di stringere un po’ la dama, quasi a sfiorarne la guancia e a sentirne il petto.
Buoni gli spaghetti, solito profumo dei pomodori, saporita come sempre la salsiccia di maiale genuino, che la mia famiglia alleva a metà “co Giachimo de curuzuzzu”. Ma soprattutto buono il vino, spillato fresco dalla botte, che rende noi maschietti di quattordici, quindici anni, allegri e spensierati, anzi con il pensierino di palpeggiare la fiamma del cuore.
Rigovernata la mensa, ci stendiamo sotto le fronde tranquille di un noce, che ci protegge dal mondo. Io me ne sto disteso fra Nilla e Elsa, con le braccia dietro la nuca; cerco di capire se Elsa è sfiorata dai dolci pensieri che mi agitano cuore e mente: fisso lo sguardo su di lei e, mi dico: se contraccambia, allungo una mano. Lei contraccambia e il suo sguardo è dolce, come non le capita di sovente. Poi balliamo e i balli con Elsa sono intensi, segnati da una carica erotica insolita, anzi a me sconosciuta.
Oggi, dopo oltre sessant’anni, non so più niente di Nilla e Michelina; Pina è una mia cara amica. Elsa è mia moglie da oltre cinquant’anni. Cacini non c’è più da tanto tempo; io e Vittorio viviamo in mondi diversi. Intanto – negli anni – tante pasquette sotto i ponti, ma poche significative come quella.
Gualtiero
Gualtiero mi sono commossa. Grazie