Sabato 22 maggio 2021 – E – Da Caira a Masseria Albaneta fino all’Abbazia di Montecassino lungo la Cavendish Road
Ci accogliamo l’un l’altro sorridendo e ce lo diciamo con gli occhi…. C’è aria di vacanza!! Ci aiuta una bella giornata con cielo azzurro smagliante.
Il nome “Cavendish Road” ha un suono che ricorda le grandi strade americane da percorrere con i macchinoni e col vento fra i capelli. Grande senso di libertà e vacanza. Qui c’entrano gli americani e la libertà ma è tutta un’altra storia. E’ il marzo del 1944 quando i genieri indiani, neozelandesi, americani e polacchi decidono di utilizzare la strada che poi si chiamerà così. Inizialmente è una mulattiera che usavano i paesani e i pellegrini per salire alla Abbazia di Monte Cassino, ma con lavori svolti in gran segreto, la adattano alle dimensioni dei mezzi pesanti.
Prima di imboccare il sentiero, Luciano, che ci accompagna, ci racconta un po’ la storia dei luoghi e il sentiero che faremo ci appare in una luce nuova. Sarà una camminata suggestiva fra storia e natura.
Il bosco ce la mette tutta per vincere la battaglia. La stagione si esprime al massimo della sua forza. E’ una esplosione di verdi diversi e brillanti. Le fioriture sono rigogliose e coloratissime. Sono così tante che a volte alcuni di noi non resistono e si fermano ammirati. Ma le rocce, quelle c’erano, hanno la storia da raccontare. Ricordano il rumore dei cingolati, le bombe, gli spari e le urla. Mentre noi percorriamo la stessa strada dei carri armati alleati durante gli attacchi del marzo e del maggio 1944, la battaglia si materializza davanti ai nostri occhi. E’ un monumento realizzato con i resti di un carro armato “Sherman” in dotazione al 3° Reggimento Corazzato Polacco “Skorpion”. Distrutto da una mina nei combattimenti del maggio 1944, è stato trasformato in un monumento alla memoria dei soldati, che morirono tutti a seguito della terribile esplosione, e volutamente lasciato lì sul campo di battaglia. La croce issata sui resti del carro è fatta con i cingoli e la torretta saltata via è a fianco. Quando mi avvicino non posso fare a meno di commentare con Laura: ” E’ un mostro”. Così ci ritroviamo nel verde, gioiosi e vacanzieri ma anche nel centro di un percorso di guerra. Mi impressionano l’idea che ci sia la stessa terra sotto i nostri piedi, il grande silenzio che c’è adesso intorno e il pensiero del terribile rumore di morte che c’è stato. Continuiamo la nostra camminata per raggiungere l’Obelisco polacco. Lo chiamano così perchè furono i soldati del 2° Corpo Polacco a volerlo in memoria dei loro compagni della Divisione dei Carpazi, che morirono nella difesa della collina dove ora si trova. Il percorso più breve è chiuso e l’altro è troppo lungo così rinunciamo…
Non sembriamo molto dispiaciuti. Infatti il paesaggio intorno a noi è addolcito dai campi di orzo (come campi di grano…) che servono a fare la birra dell’Abbazia………e noi ci gustiamo i nostri panini accompagnandoli con una birra. Ci piace così tanto che al ritorno la compriamo per portarla a casa!!
Raggiungiamo il Cimitero Polacco che è immerso nel bosco e adagiato su un pianoro che sale proprio davanti all’Abbazia. E’ molto rigoroso e la perfezione dell’utilizzo degli spazi, e il susseguirsi delle lastre di marmo, gli danno una solennità particolare. Il Cimitero dei Polacchi è famoso non solo per questo, ma anche perchè è l’unico nella zona ad essere stato realizzato – nel 1945 – dai soldati polacchi che combatterono in questi luoghi nel 1944, a memoria dei loro compagni che non sono più tornati. La nostra camminata si chiude qui, con questo colpo d’occhio speciale, fra l’Abbazia di Montecassino e il Cimitero polacco. Un incontro suggestivo di storia e morte, di guerra e pace ma anche di rinascita, come ricordano le storie delle donne che salivano per la Cavendish Road, portando nelle ceste sulla testa i materiali necessari alla ricostruzione della Abbazia distrutta. E noi? Ce lo vogliamo prendere un piccolo merito? Magari quello semplice di aver camminato su quella strada con la consapevolezza dell’importanza di vivere in pace rispettando il nostro prossimo e a Luciano un po’ di merito in più per averci portato qui….
Rosella G.
detta anche “Arcopenna” per un felice gioco di parole, che solo Peppe poteva pensare, fra Arcoiris, la scrittura dei miei resoconti e il mio cognome da pennuto…