News, Resoconti

All the Time, All the Hope

Redazione

lbaldini


domenica 19 febbraio 2023
T – Il cimitero Acattolico e la Centrale Montemartini

Vai alla scheda dell’escursione


Il mio amato inglese, finalmente accostato al mio amato latino; mi innamorano le scritte incise nel marmo, reso scuro dal tempo, dalle muffe, dall’umidità dell’underground.
Eppure le tombe del Cimitero Acattolico di Roma raccontano anche tutta la speranza.
Speranza di tutti, di non finire lì, nel cimitero, o non solo lì: RESURRECTURIS, dice la scritta che campeggia grande sulla soglia. Gli acattolici sperano comunque di rinascere oppure di non morire, come i loro versi poetici non muoiono, perché non vengono
dimenticati mai.
Arcoiris ci ha portato stavolta alle riflessioni semisilenziose tra le lapidi fittissime in un bosco fittissimo di cipressi e pini marittimi, ci ha immerso nei profumi del bosso e dell’acanto; e ci siamo mossi con rispetto e con ordine cercando, negli stretti passaggi tra le tombe, i nomi familiari, per ricordare insieme storie e interessi di politici, di combattenti, di artisti e di celebri sposi: storie e interessi mai sepolti, in effetti.
La bella giornata è cominciata presto e questa Domenica ho l’onore di accompagnare Caterina che ha prescelto con cura e preparato un sentiero su cui tendere il filo di un discorso che lega il passato all’oggi. La seguiamo allora fino al confine destro di quell’hortus conclusus che è il Cimitero Acattolico per ascoltare Massimo che legge, accanto alle ceneri di Gramsci, uno degli scritti più decisi di Gramsci, un’idea che con forza attraversa ancora le nostre giornate: anche oggi il ripudio dell’indifferenza è in sé una scelta di vita e, come il giovane Antonio scriveva, il nostro futuro si costruisce attivamente, non si rimane passivi a guardare, eterni scontenti del risultato raggiunto da altri.
Tante sono le letture che si susseguono accanto alle lapidi che ricordano Miriam Mafai, Ursula Hirschmann, donne attive nella crescita culturale italiana ed europea; persone che per scelta o per necessità hanno viaggiato, hanno comunicato in molte lingue oppure hanno sperimentato e piegato la lingua italiana a espressioni memorabili, come ricordiamo per Carlo Emilio Gadda: accanto alla sua lapide riemerge la figura antesignana del dottor Francesco Ingravallo “ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari
tenebrosi”. Ma è sulla piccola pietra che ricorda Amalia Rosselli che mi coglie una vera e propria emozione. Riprecipito indietro nel tempo, a quando avevo vent’anni ed ero incapace di immaginare il mio futuro, studiavo sempre alla Sapienza, ed ero sempre
una casalinga. Affiora dal sottosuolo l’eco dei versi che lei forse aveva scritto per me….
Di sollievo in sollievo, le strisce bianche le carte bianche
un sollievo, di passaggio in passaggio una bicicletta nuova
con la candeggina che spruzza il cimitero.
Di sollievo in sollievo con la giacca bianca che sporge marroncino
sull’abisso, credenza tatuaggi e telefoni in fila, mentre
aspettando l’onorevole Rivulini mi sbottonavo. Di casa in casa
telegrafo, una bicicletta in più per favore se potete in qualche
modo spingere. Di sollievo in sollievo tutte
le carte sparse per terra o sul tavolo, lisce per credere
che il futuro m’aspetta.
Che m’aspetti il futuro! Che m’aspetti che m’aspetti il futuro
biblico nella sua grandezza, una sorte contorta non l’ho trovata
facendo il giro delle macellerie

Poi mi distraggo e calmo il cuore, guardando i monumenti funebri, sfiorati dal sole: sono davvero speciali. Il più famoso è quello della tomba Story dove un angelo piangente, volto al tramonto, reclina la testa tra le ali e sulle braccia e si abbandona alla disperazione. E’ l’immagine per cui è noto il Cimitero, ma lì intorno altri celebri scultori si sono dedicati di persona ad onorare il ricordo dei loro cari con figure a tutto tondo che emergono vive e quasi provocatorie all’incontro coi visitatori; un letterato giace svagato
con il suo libro in mano, come fosse steso su un prato a Primavera; un bambino guarda altrove, sembra essersi appena seduto dopo un gioco di corse. La mole bianca della Piramide Cestia, le Mura Aureliane, aperte a Porta San Paolo, fanno da orizzonte alla
parte antica del Cimitero dove le lapidi dei poeti inglesi, sembrano dialogare tra loro.
Usciamo nel Carnevale cittadino e davanti alla Piramide, una piccola Cleopatra e una gnappetta di Tutan Kamon fanno le foto agitando il bastone sacro del comando, bicolore e ricurvo, e lì allora si decide che Gastroiris esige il suo sacrificio odierno: una
puntata a pranzo da Eataly farà stavolta al caso nostro e poi… Caterina merita un caffè di tanto in tanto. Salutiamo Assunta ed altri affezionati partecipanti, in altro forse indaffarati nel pomeriggio, che noi, invece, trascorreremo alla Centrale Montemartini.
Arrivati lì, Pino ci ricorda Orlando, di casa nei territori ACEA e ci sentiamo anche noi un po’ a casa in una città che può mescolare e far convivere resti in pietra con mattoni e metallo; le capoccette, come dice Marco e le megabrugole in fila.
C’è una mostra particolare al pianterreno: si intitola “I colori dei Romani” ed espone pitture murali e soprattutto mosaici. Alcuni sono di fattura così ricercata che pensi di allungare la mano e poterle toccare quelle carpe, quelle seppie del mare. Come nel
Cimitero, mi prende un po’ di commozione a tratti: incontro Luca e parliamo sottovoce, d’istinto, senza immaginare che fracasso ci fosse, nel 1926, nella Centrale. Poi, di nuovo in cammino, a gruppetti, si torna su via Ostiense; si chiacchiera come al solito, di
tutto e ci si saluta infine, prendendoci all the time, naturalmente, ed anche all the hope, tutta la speranza, di rivederci ancora.

Laura M.


Leave a Comment