venerdì 15 luglio
T – La politica che fa “Comunità”. Storie delle Feste de l’Unità.
Trekk urbano serale
La sera del 15 luglio l’appuntamento è a Via delle Botteghe Oscure, ma non siamo lì per attendere i risultati delle elezioni, né per ascoltare Togliatti o Berlinguer, anche se persone come loro ci servirebbero come il pane in questo momento storico. All’inizio siamo quasi venti persone, poi, lungo il percorso, qualcuno ci abbandonerà, o perché il giorno dopo deve partire ed è venuto solo a salutare o perché ha i biglietti per il teatro, ma alla fine ci troveremo a brindare con la birra per il nostro abituale saluto pre vacanziero, in una quindicina di persone. Il nostro appuntamento iniziale è nel luogo dove per anni, dal secondo dopoguerra al 2000, c’era la sede del P.C.I., il Partito, il partito che ha inventato la Festa de l’Unità o, come è stata denominata per tanti anni e per molti di noi, semplicemente la Festa. La tradizione inizia quando ancora l’Europa e l’Italia erano cumuli di macerie e dal terreno usciva il fumo delle bombe e delle rovine, nel 1945 in un paesino, Mariano Comense, perché le grandi città erano distrutte. Si montano palchi, si portano cibarie, si balla, c’è una lotteria, però tutto in tono minore, con pochissime risorse, ma il senso è quello di emulare la Festa de l’Humanitè, il giornale comunista dei cugini francesi. È una festa dedicata alla libertà ritrovata, conquistata a fatica e a costo di tante, tante vite umane. Allora è giusto festeggiare tra compagni che arrivano da ogni dove e svolgono un lavoro immane solo per stare insieme una giornata, per una scampagnata, ma è già evidente che gli iscritti al P.C.I. ed i suoi militanti hanno una capacità unica: quella di coniugare divertimento, politica, senso di appartenenza ed è questo che offrono le feste. Lungo il nostro percorso, ad ogni tappa si sono alternate le storie di alcune feste nazionali (con i commenti dei politici di allora o di altri, da Moravia “i festival dell’Unità hanno il vantaggio di combinare in sé tre idee base: quella della festa cattolica, quella del Soviet e quella del mercato” al sindaco di Berkeley “negli Usa si fanno congressi che sembrano circhi, voi fate feste che sembrano congressi”), alle storie della città. Attraverso strade, vicoli e piazze della nostra magnifica città arriviamo al Portico d’Ottavia, dal Ponte Fabricio all’isola Tiberina dove si tenne la festa cittadina nel ’91, poi il Ponte Cestio prima di scendere sul lungotevere e ancora racconti delle tante feste che si sono succedute dal 1945 ad oggi. Quella del 1948, dopo l’attentato a Togliatti, si svolge a Roma, la capitale deve dimostrare di essere all’altezza di un evento eccezionale e ci riesce grazie al contributo di tutte le sezioni e di tanti, tanti, tanti lavoratori di tutte le categorie ed alla folla che arriva cantando l’Internazionale. Le prime feste erano solo per i militanti e gli iscritti e c’era anche un concorso per eleggere “la Stellina” che, a differenza di Miss Italia, si vestiva anziché spogliarsi. Solo in seguito la festa si è aperta a tutti. Noi proseguiamo, saliamo a attraversiamo il Ponte Sublicio, arriviamo a Testaccio e qui, a Piazza Santa Maria Liberatrice consumiamo la nostra cena al sacco tra panchine e muretti rigorosamente giallorossi, io cerco invano un caffè, ma i bar della zona hanno già spento la macchina, ma dico io si può? Ancora non è neanche mezzanotte e già mi negate il caffè? (Va bene poi l’ho trovato un bar aperto…). Arriviamo all’ex Mattatoio e qui di Feste ne sono state organizzate tante, ma veramente tante. Ci avviciniamo alla Piramide Cestia costeggiando il Cimitero Acattolico che sarà una nostra prossima meta, poi Piazza Albania, San Saba e ancora camminiamo fino ad arrivare alle Terme di Caracalla dove di feste ce ne sono state diverse dagli anni 2000 e dove, in forma “ristretta” si svolge anche la festa di quest’anno. Insieme a tutte le storie delle varie feste e di quelle parti di Roma che attraversiamo arrivano anche i nostri testi, i nostri ricordi personali perché molti di noi le feste le hanno vissute in ogni forma (visitatori, volontari, organizzatori) ed in ogni luogo, quelle cittadine, quelle territoriali, quelle nazionali. Proprio mentre sudavamo e “lavoravamo” (tutti rigorosamente volontari, guai a chi osava chiedere quanto ci pagavano!) molti fra noi hanno cementato quell’amicizia che ci contraddistingue. Così Roberto, Massimo, Francesca, Luciano ed io non sapevamo inizialmente neanche di quale festa avremmo parlato, quale ricordo avremmo voluto condividere con tutti, ma eravamo certi, certissimi del senso che per ognuno di noi ha avuto quell’esperienza che ha forgiato le nostre vite per tanti anni: offrire non solo parole, sentirsi corpo unico, fare politica fuori dai soliti luoghi, incontrare le persone e farle incontrare tra loro. Sono convinta che quello spirito, quel mettersi “al servizio” della collettività si sia riversato dentro la nostra associazione. Come si spiegherebbe altrimenti la capacità di organizzare i nostri trekking, di trovare sempre nuove proposte di Luciano, di fornire alimenti e birra, come si premura di fare Lucilla, di rispondere prontamente ad ogni richiesta di solidarietà vicina o lontana da noi?
Negli approfondimenti, come sempre, sono presenti tutti i testi letti, quelli non letti per questioni di tempo e tutte le informazioni sui luoghi attraversati con fare sicuro nonostante il caldo, anche di sera si sudava come cavalli.
Il nostro trekking aveva come “titolo” “La politica che fa comunità”, ma anche noi la facciamo e continueremo a farla.
Buone vacanze a tutti e che la pioggia sia con noi.
Caterina
Grazie Cate. Ora ho fatto anche il tratto del trekk al quale non ho partecipato.