Domenica 13 febbraio – Monte Fontecellese da Pereto
Febbraio – 13 – Dies Dominica. In italiano (per incliti e incolti): di domenica. Il vento sferzava al largo… della primavera. E te credo. Con tutto quel freddo in dodici eravamo all’appello di Bruno Triboli (lui e famiglia compresi). Qualcuno e qualcuna, spaventati dal freddo e dalle preannunciate procelle, si erano fatti influenzare dalla febbre durante la notte. Ci distribu… Ci distribuamo… Ci distribuimo… Ma come cavolo si coniuga ‘sto verbo? Insomma sul macchinone di Andreas salgono Elsas, Peppes, Massimos e Caterinas Mianos, su un’altra Benedettos, Dianas e Giulianas (entrada nueva), con Tribioli e famiglia (piccolo Stefano e piccola Sandra) c’ero io. Destrinazione (capirete… con quel freddo) Monte Fontecellese, sopra Carsoli.
Non ci crederete, ma il tempo non è stato brutto. Anzi si sono anche visti sprazzi assolati di cielo azzurro, per il quale veloci passere intrecciavano voli (Carducci: “Le passere la sera intreccian voli…”. Ma come faceva a sapere il sesso?).
Nella prima parte andatura normale con Caterina e Gualtiero che chiudevano il gruppo. Poi, come è d’uso, nel finale innevato, a parte Sandra che presto s’involava, davanti pro- e pre- cedevano quelli con gli scarponi più grossi: Bruno e Stefano. Bruno aveva ai piedi due cosoni grossi come case, che però a scanso di equivoci portavano scritto “scarpe”.
Dico davvero; non scherzo.
Arrivati alla vetta (metri 1620 ca, che per chi ancora non lo sapesse significa “circa”, come io ho appreso da poco), uno sguardo rapidorapido al panorama (però, ammazza che vento) e poi giù a precipizio, per trovare un angolo dove mangiare, al riparo dal vento. Andreas questa volta non aveva le sigarette di grappa, ma sigari sudtirolesi di maiale, alias salamini.
Insomma un’escursione che ce la siamo goduti un mondo. A parte il povero Peppe, che avendo esagerato, la sera prima, in scodelle di fagioli, ha intramezzato la camminata con fermate tecniche per svuotamento d’aria.
Ciaveva una cera mogia mogia e un visetto bianco… come la neve. Povero Peppe. A proposito di neve, ce la siamo cavata tutti più o meno bene. Solo Caterina, una volta sola però, ha dovuto chiamare aiuto, perché la gamba e la coscia non gli uscivano più fuori.
Ridiscesi a Carsoli, solita fermata al bar per trenta minuti di riscaldamento; e poi tranquillo rientro a Roma. E così noi potremo dire: “A Montefontecellese c’eravamo”. Voi no.