15 ottobre 2017: A Tor Caldara
Permettete che scriva qualche rigo anch’io sull’escursione di domenica 15 ottobre?
Senza voler attentare allo spazio tradizionalmente di Cate e Rossella, che con penna felice e piglio simpatico raccontano le uscite dell’associazione, ma memore dei modesti resoconti che talvolta scrivevo anch’io nei primi anni di Arcoiris, subentrando talvolta, indegnamente, alle epiche narrazioni di Gualtiero. Il quale – sia detto per inciso – stavolta ci ha preferito il centro anziani di Centocelle, accompagnato in passeggiata il giorno prima. Come se, ormai, non fossimo sufficientemente anziani pure noi: pare che il consorte della Presidente abbia appena compiuto sessant’anni e non è un pettegolezzo!
Non importa. L’importante è la presenza di Elsa, storica garante del beltempo per le nostre escursioni: come ovunque in Italia il tempo era splendido, la giornata luminosissima, la temperatura deliziosa…ma in più noi eravamo al mare!
Dunque, grazie alle minuziosissime indicazioni del nostro ospite (se ne facciano una ragione i pur precisi Luciano, Peppe e Bruno: Luca li ha battuti), i 28 baldi escursionisti, sfuggiti agli agguati degli autovelox, delle rotonde e dei dossi rallentatori, arrivano di buon mattino all’accogliente residenza marina di Via Doride, in quel di Anzio. Baci, abbracci, convenevoli, caffè e biscotti per chi non ha ancora fatto colazione (qualcuno era già lì dalla sera prima), e verso le 10 ci si incammina.
La Riserva di Tor Caldara, piccola e intenzionalmente selvaggia (il sottobosco è un intrico di liane e rami spezzati), accerchiata da villette e stabilimenti, è un miracolo nel devastato litorale pontino e si capisce perché Luca ci sia così affezionato. Percorriamo un agevole sentiero scandito da una serie di stazioni (i belvedere, la solfatara, la torre, la sughera contorta, il laghetto, il ricovero per la fauna selvatica); la passeggiata è piacevolmente lenta e rilassata e facciamo nostro il ritmo delle famiglie che incontriamo, per le quali probabilmente la Riserva è consueta meta domenicale. Non manca il momento culturale (mica vogliamo farci parlare dietro!) e il guardaparco, vicino di casa di Luca, ci apre la torre e ci intrattiene sulla storia del sito, abitato fin dalla preistoria: una volta di più mi convinco che l’uomo ha vissuto ovunque e da sempre.
Ritorniamo lento pede alla villetta di Luca e di colpo tutti diventano straordinariamente dinamici: chi aiuta a montare i tavoli in giardino, chi porta fuori le sedie, chi affetta pane, formaggi e salumi, chi riscalda le lenticchie…Siamo alle solite: è il trionfo di Gastroiris! Non ci siamo fatti mancare nulla, dalle olive variamente condite alla pizza rustica con fiori di zucca e alici, dalla pasta e fagioli (io l’avevo detto che andava riscaldata!) ai bocconcini di bufala a tante tante altre squisitezze, che non elenco per pudore. C’era, addirittura, come ci ha detto persona informata dei fatti, dello speck siciliano di mucche abbeveratesi alla fonte Aretusa! E i dolci, poi! Un tripudio dei dolci che piacciono a me: niente panne o creme ma frutta secca e marmellata; per far venire la bava a chi non c’era ricorderò almeno il presidenziale dolce altoatesino (Val d’Ultimo, per la precisione), la crostata integrale di cedro e i tarallini di Lucilla, che, pur assente, ha pensato a noi.
E questa volta, dobbiamo pur confessarlo, non possiamo nemmeno giustificare la mangiata con il dispendio energetico dell’escursione: i chilometri saranno stati tre a esagerare e l’unico dislivello affrontato sono stati i due piani di scale per affacciarci alla magnifica terrazza di Luca.
Nel dopopranzo chi traffica con la macchinetta del caffè, chi già si avvia verso Roma, temendo il traffico del rientro, chi diligentemente aiuta a sistemare le sedie nella taverna, chi se ne scende in spiaggia con la scusa della passeggiata digestiva. E qualcuna, nemmeno troppo temeraria, si mette in costume per una tardiva tintarella. E poi, alla spicciolata, torniamo in città.
Ecco, al di là del raccontino, che spero non abbia tediati i miei quindici lettori, volevo rendere omaggio a Luca, che conosco ancora troppo poco, e alla sua signorile e affettuosa ospitalità. La sua casa, così piena di oggetti sentimentalmente significativi nella storia di famiglia, non è per questo gelosamente custodita ma messa a disposizione con accogliente naturalezza. Grazie!
Marina (non Conti)
P.S. per Antonietta: mannaggia a te che mi hai fatto venire voglia! Ho fatto la confettura di uva fragola: 8 ore di lavoro, con le mani che sai! Però, che profumo e quanto è buona!