Domenica 17 gennaio – Trekking urbano a Roma. A spasso per la Garbatella: storia e tradizioni, architettura e urbanistica.
Passeggiata Garbata e Bella
Alta disquisizione. Garbata e bella chi? Una ragazza del luogo che a tutti – quando passava – la lingua diventava tremando muta e l’occhi no’ l’ardivan di guardare? O un’ostessa che da quelle parti gestiva una locanda a ore, ov’ella tanto gentile e tanto onesta… pareva? I circa quaranta (Marì, hai recepito? Quaranta!) partecipanti alla passeggiata si sono divisi su questo dilemma. Per me insoluto. Anche se – di questi tempi – la “lectio” mignottesca sembra la “facilior”: insomma, viene da sé.
A proporre temi e tipologie, sociali urbanistiche e architettoniche, di questo incredibile pezzo di Roma era tal Katharina Gasterstad, un’abitante locale, come facilmente si arguisce dal nome… All’apertura della passeggiata, tutti stipati sui gradoni del cortile antistante la fermata della Metro, il tempo non prometteva nulla di buono: faceva freddo e una insistente pioggerellina cadeva da un cielo grigio, inclemente; mentre Katharina imperterrita, dal canto suo, ci raccontava la “leggendaria storia” del sito, che poi avrebbe dato i natali ad Alberto Sordi e Maurizio Arena, e avrebbe visto le scorribande in vespa del Moretti nazionale (you remember “Caro Diario”?).
I primi lotti (la storia comincia il 18 febbraio 1920) nascono per ospitare operai, che lavorano alla sottostante zona industriale: ogni famiglia avrà la sua casetta e il suo orto-giardino, dove – venuto a sera – il capofamiglia avrà modo di ritemprarsi dalle fatiche della dura giornata di lavoro, dedicandosi alle ataviche attività rurali… Poi, nel prosieguo degli anni Venti, altri lotti nasceranno per ospitare i romani dei tuguri e delle baracche e gli sfrattati dalle case demolite a Porta Metronia, a Ponte Milvio, al portico d’Ottavia (quindi la Garbatella ospiterà anche una colonia di ebrei e qualcuno di loro se ne andrà a morire alle Fosse Ardeatine…). Le demolizioni, alle quali si è fatto cenno, nascono dalla necessità del Fascismo di ri-costruire la romanità della Capitale, Roma Caput Mundi; ed ecco i Fori Imperiali, Piazza Augusto Imperatore, l’Università La Sapienza, lo Stadio dei Marmi e –Ducis in fundo – l’Espò 42… Lotti, dunque, che nascono per le grandiose esigenze del Regime, ma costruiti da architetti e urbanisti che credono ancora che il loro lavoro sia una missione sociale e quindi realizzano realtà abitative decenti, anzi graziose: case “modello”, che vincono concorsi internazionali.
Fra le ultime realizzazioni, cara Marina, Kathy ha ricordato la genesi degli “Alberghi Suburbani”, portandoci sul posto e disponendoci sulla scalinata di uno di questi (la guida ti ho detto che è una del luogo, ma sempre tedesca è…): dunque, sulla genesi provo a riassumere. A Roma c’era un viavai di gente senza dimora: ex confinati, ex carcerati, gente sfrattata dal Centro, tante famiglie di ebrei… Insomma, questi alberghi dovevano ospitare temporaneamente tutta questa umanità eterogenea e precaria; che però nel tempo divenne stabile, tant’è che gli alberghi, inizialmente dotati di servizi comuni (mensa e servizi igienici), furono ristrutturati in appartamenti monofamiliari. Fu così che ex confinati, ex carcerati (per lo più politici), ebrei e diseredati, costituirono il nucleo dell’antifascismo in Garbatella (eppoi dice uno che le vie del Signore…). E alcuni degli ospiti di questi lotti finirono morti ammazzati dalle Esse-Esse e da Fascisti: alle spalle della scalinata, dove la guida ci aveva schierato, c’è infatti una lapide in memoria di Enrico Mancini, fucilato alle Fosse Ardeatine.
Alle ore tredici in punto, secondo il timing pre-scritto, Kathy ci ha deportato alla Casetta Rossa, locanda proletaria, dove alla modica somma di 15 euro abbiamo gustato un ottimo antipasto (prosciutto, lonza, caciotta e mozzarella); e a seguire, fettuccine, carne, patate, insalata e vino a volontà…; ai dolcetti ci ha pensato Lucilla. In chiusura la solita gradevole e ironica performance filmica delle sorelle Cinzia e Marina Conti (tecnico Massimo Miano).
Ti risparmio le freddure di Massimo, Tonino e Giuseppe durante le tre ore di escursione; anzi, alcune te le voglio dire. 1) Gli sfrattati, che a differenza di quelli ospitati a Garbatella, furono deportati ad Acilia, rimasero per sempre “accigliati”; 2) le case cosiddette “a riscatto” potevano essere fotografate in tutta tranquillità, perché fallito uno scatto, se ne poteva fare un altro… Freddure che meritavano tutte la deportazione in Siberia. Ah, ah, ah…