domenica 6 aprile E Monte Nuria da Sella di Corno. Percorso di grande bellezza nel cuore del Cicolano.
Dunque. Ma alle medie il professore di italiano mi insegnava che ”dunque” è conclusivo. Altri tempi. Già Ungaretti, in una famosa poesia alla madre, cominciava: “E quando d’un ultimo battito…”. Dunque, a Largo della Primavera eravamo: Io, Elsa, Paola, Iolanda e il dodicenne figliol prodigio Nicolò. A Sella di Corno ci siamo uniti alla famiglia Tribioli (Bruno, Sandra e Stefano, “sitorum creator”, creatore, fra l’altro, del nostro magnifico sito Arcoiris) e ai coniugi Musumeci, Patrizia e Giuseppe.
Erano quasi le dieci, quando… (da piccolo, dei libri d’avventura leggevo solo i periodi che cominciavano con “quando”; da grande non ho perso il vizio, ma mi sono specializzato: leggo un periodo sì e tre o quattro no) dai 900 metri della Sella di Corno abbiamo attaccato l’ascesa per il Nuria. Giornata pienamente primaverile, cielo terso e sole splendente, che a sera aveva lasciato il suo marchio specialmente sulle cuti più tenere: Giuseppe naturalmente e il giovinetto Nicolò: ecco, parliamo di lui. Un linguaggio forbito, puntuale, vivace, ironico. Spero che torni ancora, perché possiate verificarlo, voi che avete disertato, sfortunati che non siete altro.
Cammina che ti cammina, fra fiorellini gialli, celesti e azzurri, di cui Sandra elencava puntualmente nomi e cognomi, erano circa le dodici, quando… Quando siamo arrivati alla vista, sotto di noi, di un ampio verdeggiante pianoro con al centro un tenero laghetto, il Cornino, e una leggiadra “abetina” (insieme di abeti). A questo punto Bruno ha detto: “Qui possiamo dividerci in tre gruppi: si può andare al Nuria, fino ai 1800 (innevati ancora); o a un monte più basso, circa 1600, di cui non ricordo il nome (Monte Torrecane N.d.R.); o sotto, al laghetto. Io, Elsa e Nicolò abbiamo fatto questa terza, poetica scelta. Siccome, poi, in medio stat virtus (la virtù è mediana, come Oriali), Giuseppe, per evitare eccessive trib(i)olazioni (la battuta è sua), ha optato per il monte mediano, seguito da Patrizia – ovviamente: la consorte deve seguire ovunque il marito, come si diceva una volta… – e da Paola e Iolanda, accompagnati da Bruno. Naturalmente i giganti Sandra e il figliol prodigo (di energie) Stefano hanno scelto i 1800 innevati.
Nicolò, ut dicebamus (come dicevo), ha preferito scendere al lago con Elsa e con me e ha cominciato la ricerca di animaletti vari, fra cui lo sconosciuto e soprannominato “vermen-lenticulae”, che avrebbe debitamente sottoposto ad approfonditi studi di laboratorio. Sempre lui ha poi individuato una rana che faceva gregre nel laghetto e un rospo che faceva grongro ai piedi di un abete… ; ma il rospo ero io che, bene pastus (un magnifico pane-e-frittata) e bene potus (trebbiano della rinomata cantina dell’abruzzese Tollo), mi stavo facendo un sonno tranquillo e ristoratore, dopo le pene elettorali della settimana trascorsa.
Dopo le quindici, quando Sandra e Stefano non erano ancora ricomparsi all’orizzonte, abbiamo iniziato a scendere, godendoci la vista del lago Rascino, inframezzato da piccole, verdi praterie. A los ocho de las tardes ho fatto ritorno a casa, dove mi son fatto succulente stelline in brodo: qui morigeratus est, maxime gaudet (chi se contenta, gode). Ma voi, che nun ce stavate, quanno ve fate rivedé? Alla Prossima. Gualtiero