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Qualche divinità

Redazione

lbaldini

venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 novembre 2019
Sul mare Adriatico, nella terra della Fortuna. Trekking urbano a Fano

Lo sappiamo che novembre è un mese piovoso, grigio, dai giorni brevi, eppure noi di Arcoiris non ci arrendiamo e fissiamo trekking all’insegna della pioggia. Eh già, è andata proprio così: le previsioni del tempo erano pessime, abbiamo sperato fino all’ultimo che cambiasse qualcosa (cioè che l’improvviso arrivo dell’alta pressione cacciasse via la pioggia, che mettendoci a fare tutti insieme la danza anti pioggia saremmo riusciti a ingraziarci qualche divinità, che Zeus fosse dalla nostra parte o almeno Elsa) e invece non c’è stato nulla da fare, neanche S. Martino con la sua famosa estate è intervenuto anticipando di un paio di giorni il bel tempo. La pioggia l’abbiamo presa, ma tranquilli, soprattutto nel viaggio di andata ed in particolare quello è stato brutto che chi è arrivato a Fano in macchina, perché mentre camminavamo non c’è stato nessun diluvio universale. Evidentemente qualche divinità ha pensato a noi, infatti Luciano ad un certo punto ha telefonato ad Elsa per chiederglielo… Il maltempo, però, ci ha costretto a modificare il nostro itinerario perché una parte del percorso del primo giorno l’abbiamo dovuta fare con l’autobus in quanto una parte della spiaggia era inagibile, bloccata.

Ma andiamo con ordine. Quanti eravamo? Tra venticinque e trentuno persone a seconda dei momenti e dei tratti (tanti amici di vecchia data, alcuni acquisti recenti e qualche volto nuovo), anche se qualcuno è arrivato a notte fonda, mentre gli altri avevano già espletato la fase dei saluti, della sistemazione presso la Casa ferie Don Orione, tranne Lucilla e Luciano che a Fano hanno una piccola e bellissima casetta e che erano lì già da qualche giorno, Casa ferie grande, confortevole, calda ed accogliente, nonché molto economica (vedi ‘sti preti?), e cenato. Una parte della solita brigata di goduriosi dopo cena si è concessa una delle specialità fanesi: la moretta ovvero un caffè corretto (che io non amo molto perché per me che sono una caffeinomane il caffè non va corretto, è giusto così, forte, amaro e preferibilmente gustato in compagnia) aromatizzato con una scorzetta di arancia, ma la ricetta si trova facilmente su internet. In realtà lo abbiamo fatto per iniziare a conoscere le tradizioni locali, non perché siamo viziosi. E intanto pioveva e pioveva.

La mattina del sabato, invece, niente pioggia ed abbiamo preso tranquillamente l’autobus per fare il primo tratto del nostro trekking tra Fano e Pesaro. Una volta scesi ecco il mare con i suoi colori ed odori, il suo mugghiare (quanto è bello e vivo questo verbo, non vedevo l’ora di utilizzarlo) ecco la sabbia, gli stabilimenti ed il nostro andare tranquillo tra una lettura e l’altra, tra una storia e l’altra alla ricerca di un bar. I colori del mare certo in inverno sono diversi da quelli estivi, eppure quei grigi, quelle macchie improvvise tra le nuvole che lo schiariscono, quegli azzurri imprevisti, quei blu così intensi che sensazioni meravigliose ci regalano. Che vogliamo dire degli odori, allora? Ecco, gli odori più intensi, meno intensi, assenti, persistenti, penetranti, riportano alla mente ricordi lontani e sensazioni provate in mille altre vite. Il rumore poi può essere di bassa intensità, ma può anche ricordare un rombo, un tuono, una mandria impazzita che corre e noi lì ad ascoltare, insieme al rumore del mare, le voci di chi legge le tante storie che riguardano il mare ed i viaggi di chi lo ha affrontato secoli e secoli fa, di chi lo affronta oggi, i miti, le leggende e le storie vere. Quante cose può comunicare il mare a chi sa ascoltare e scrutare. Proprio lì davanti al mare Silvestro ci ha regalato una poesia, detta così, a braccio e noi a chiedergli “Ma di chi è?”, la sua risposta: “È mia”. Ecco, Silvestro è così, tanto silenzioso, quasi non ti accorgi che è fra noi e poi prorompe con declamazioni meravigliose e ce le dona come se niente fosse. Camminando, camminando arriviamo a Pesaro, iniziamo a conoscerla, a percorrerla, a vedere piazze, palazzetti e monumenti, la scultura di Pomodoro colpisce tutti noi, però anche il resto non è male, e mentre percorriamo il lungomare ci raggiungono due pesaresi doc, Paola e Roberto, anzi lui è proprio nato a Pesaro e ne conosce la storia a tal punto che riesce a “rubare” alla nostra guida Luciano (che è sempre più che preparatissimo) la parola quando siamo al porto e a raccontarci la storia di un nuovo mestiere che alcuni pesaresi si sono inventati: ristrutturazione di yatch. D’altronde lo fa da sindacalista quale in effetti è. Si pranza con piadine o spaghetti allo scoglio, brodetto di mare o altro per poi andare al Museo Rossini dove una guida molto “carica”, energica e entusiasta ci racconta tutto della vita del noto e grande musicista. La pioggia ci prende mentre andiamo a prendere il pullman che ci riporta a Fano, ma ormai il più della giornata è passato così, con gli ombrelli chiusi e le mantelline dentro gli zaini. La pioggia ci accompagna persino mentre andiamo a cena alla cooperativa Pesce azzurro, invenzione dei pescatori e che invenzione… si mangia bene, si mangia tanto, ovviamente pesce e ad un prezzo che non corrisponde neanche a quello di una pizza con un bicchiere di birra. Alla fine della giornata c’è chi controlla i chilometri che abbiamo fatto, abbiamo percorso 19 chilometri. Meno male che metà percorso non lo abbiamo potuto fare.

La domenica conosciamo Fano, ovvero la fortuna perché questa è la leggenda che gira su questa piccola ed ordinata, pulita cittadina che in quanto a vivacità culturale batte Roma alla grande: mostre, spettacoli teatrali, biblioteche, concerti e chi più ne ha più ne metta. Anche qui ci raggiunge una vera fanese, si tratta di Sabrina, la cognata di Luciano e ci raggiungono Paola e Roberto, accompagnati da Benedetta, ormai la nostra piccola mascotte ufficiale. Anche qui ascoltiamo storie antiche ed eventi più vicini a noi, soprattutto relativi alla seconda guerra mondiale, alla difesa della città e letture sulla fortuna o sulla sfortuna, alla rivalità con Pesaro. Anche qui sorpresina: persino una poesia in dialetto letta da un’altra fanese doc (*). La giornata è stata buona con noi, generosa, con pochi momenti di pioggia leggera e tanta allegria insieme alla voglia di continuare a fare i vagabondi per il mondo o almeno per l’Italia. Questo Paese che ci sorprende e ci regala tanti piccoli gioielli che sorprendono ed incantano.

A presto miei prodi, tanto tra fine novembre e dicembre ci rivedremo tre o quattro volte. Certo che non si stancano mai questi di Arcoiris.

Caterina

(*) Ecco il testo che ci ha letto la nostra Paola T.

Storia dell’Arco di Augusto di Fano di Giacomo Gabbianelli 

Dic la storia che i Ruman 

eren nuti per fa i cont 

sa un po’ d’singar african 

che eren fermi vers el Pont. 

Dop d’avei mèsi sbudlati 

Ceser vien machì in cità, 

dic: “A scont che j ò masati 

voj fa n’arc propi maquà”. 

Da Vitruvi, el più stimàt 

tra i geometri de Fan, 

s’è fat fa chel bel prugèt 

per un arc de stil ruman. 

Pu presenta sta schifensa 

su al Cumun e dop d’un po’ 

va per prenda la licensa. 

Cu è sucès l’arcuntarò. 

L’ingegner del Cumun de Fan 

ma ste Ceser Utavian 

dic ch’j ha dit: “O Gusto mia 

mo che rasa d’purcaria 

vrisi fa sa st’arc ruman 

che fa rida tuta Fan! 

En capisc in conclusion 

cu c’farai sa un capanon 

costruit sa i bloc de pietra 

sensa mur davanti e dietra: 

en è un pont perché un turent machì intorna en c’èl per gnent; 

en pol ni un cavalcavia 

perché en c’è la feruvia; 

Ji, per me, sta costrusion 

en la mand in cumision! 

Dic che Ceser i ha rispost: 

Ego volo costructionem 

Per mea magnam ambitionem 

ad onoris et a gloria 

ad recordum mea victoria 

contra Sdrubal africanum 

in Metaurum costa Fanum. 

Et omnis populis venturis 

cum vederint esti muris 

de memoria sempiterna 

mihi diran requiem eterna”. 

Ah, el farisi, te vu dì, 

per pasà sota malì 

sai suldat tuti per riga 

te davanti sa la biga 

mentre el popul dla e de qua 

bat le man e strila urrà 

magna e bev e fa le fest?” 

Plus aut minus verum est: 

Sunt festivitas nurmalis, 

Cume vestro carnevalis, 

Sol che en habeo cuncepita 

Vestra musiga arabita”. 

Me dispiac – fa l’ingegner – 

mo en se pol propi daver; 

dop ce pensi cu diran 

tut i posteri de Fan? 

Me daran tuti del fes 

se te desa ste permes! 

Sent un po’ sa che memoria 

me fai gì dentra la storia!! 

O senò, cu dici Ceser, 

se pruvasi d’fal a Peser? 

Cla cità, t’hai da cunvincia 

un bel giorn nirà pruvincia 

e chisà quant i piac-rà 

qualc arvans d’antichità!” 

Cesar vinxit ad Metaurum 

Minga vinxit ad Pisaurum!” 

E senò se vai a fal 

En tla sona industrial? 

Tra Ruscian e Fusumbron 

per diec an c’hai l’esension!” 

Ma chel Gusto, osisignora, 

el vol fa a Porta Magiora 

En se pol, imperator! 

In tel pian regulator 

Quela è sona riservata, 

ci ha da esa fabricata, 

che c’è bsogna per daver, 

la stasion per le curier”. 

Sunt possibilis variantis 

in t’un planum regulantis!” 

No, fiol mia, per carità! 

Ec el pian, guarda ma qua: 

tut sti gambi de culor 

j an già fati j asesor; 

se dag ment ma le variant 

me lutisen el campsant!” 

A ste punt già sent a di: 

Cum a fat a costruì? 

Eh, anca Ceser s’è imbirbit! 

Dic ch’s’è iscrit in tel partit 

– già cla volta el faven tanti – 

E el prugèt j è git avanti 

È nut fora cl’arc ruman 

Che ogg è el pes più bel de Fan

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