Resoconti

sbagliare la via

Redazione

lbaldini

Domenica 17 marzo
E – Monte Gennaro. Una classica nel parco dei Lucretili

Domenica 24 marzo, ore 8:30. Appuntamento a largo della Primavera, destinazione Monte Gennaro, una classica nel Parco dei Lucretili, recita il nostro programma e classica lo è davvero non solo perché per noi romani de Roma il Monte Gennaro è ad un passo dalla Capitale e quasi tutti gli arcoirisiani più volte si sono cimentati nello scalarlo, ma anche perché è un classico sbagliare la via del ritorno. Certo siamo bravi davvero! E renitenti anche.
Andiamo con ordine. All’appuntamento mattutino arriviamo in dodici più un cane, Laika (che sperava di partire su una navicella spaziale, ma le è toccato in sorte solo il Gennaro), più o meno puntuali, si parte, si arriva sotto Tivoli e da lì verso l’inizio del nostro breve e semplice percorso, la nostra guida è Bruno, ci aspettavamo anche Sandra, ma anche le rocce umane hanno un cuore, o meglio una schiena e siamo alla prima consorte assente, giustificata. All’appello dei consorti assenti risultano anche Gualtiero (ginocchio dolorante), Lamberto e Massimo, pigrizia dichiarata. I coniugi presenti (Elsa, Antonietta e Caterina), però, tengono alto l’onore familiare e vanno, non si sono fatti spaventare dalle previsioni del tempo che parlavano di possibili piogge nel pomeriggio. Ed hanno ragione, c’è Elsa con noi, come può arrivare la pioggia? L’escursione, come dicevo, è semplice o per lo meno lo è per chi arriva e parte con le proprie scarpe. Nella fretta e nella confusione del trasloco di alcuni mesi fa Iolanda ha “perso” gli scarponi da montagna più nuovi ed è partita con quelli di trent’anni fa. “Scarpe rotte eppur bisogna andar”, cantavano i partigiani e cantiamo noi ogni tanto, così Iolanda è partita con gli scarponi vecchi e prima di metà strada li ha visti trasformarsi in due coccodrilli famelici. Per fortuna ci sono gli amici. Lucilla ha ceduto i suoi all’amica ed è rimasta con Claudio ad attendere sul pratone a circa metà percorso. Gli altri vogliono proseguire ed Elsa ci prova: “Ma che mi fermo anch’io?” la nostra risposta è stata no, ovviamente. Potevamo perderci la nostra personale “portasole”? In 10, insieme a Laika, imperterriti affrontiamo l’ultima parte del nostro “eppur bisogna andar”. Anna, Antonietta, Bruno, Caterina, Elsa, Iolanda, Isabella, Laura, Luciano B. e Luciano C.: un bel gruppetto considerando che le escursioni di montagna ormai affaticano gli escursionisti di Arcoiris, che invece sono molto più presenti quando si gira per città e per siti archeologici. Forse è ora di mettere il numero chiuso per i trekking cittadini ed incentivare quelli montani con cose tipo, “una parte della salita la fai a ‘cavaceco’ della guida; su in cima c’è un bel bicchiere di rosso che ti aspetta; al ritorno ti paghiamo il caffè”. Cominciamo a pensarci, figlioli, visto che l’età avanza. Si sale tra chiacchiere sommesse, racconti di vita quotidiana, di progetti per i figli, di brevi e brevissime analisi del voto. Cosa accadrà, lo avremo un governo per Pasqua oppure no? Ci domandiamo, pensando a Pier Luigi e alla sua disperata impresa. Nessuno di noi ha risposte ed ognuno vorrebbe incontrare un po’ di elettori del M5S per chiedergli se ora sono contenti. Noi no e, penso, nemmeno gli italiani.
Arriviamo in cima, chi prima e chi dopo, per gli ultimi arrivati c’è solo il tempo di mangiare un panino, fumarsi la meritata sigaretta a pieni polmoni e si riparte. Nella fase del ritorno dalla cima del Monte Gennaro è praticamente obbligatorio perdersi e così noi per non smentirci ci perdiamo, ma la nostra guida ci consola dicendo che il giro è stato più lungo, ma più leggero, con meno pendenza e questo è un bene per le nostre ginocchia. Ci ricongiungiamo con Lucilla e Claudio e poi via, alle macchine. Il tempo di un caffè a Marcellina, ma soprattutto la sosta alla chiesa principale del paese dove un magnifico affresco che rappresenta l’incontro dei tre pastorelli con la Madonna di Fatima, racchiude un segreto. Una delle pastorelle, la più piccola, ha il volto della nostra Lucilla. Andiamo, verifichiamo: è proprio vero, è lei! All’epoca dell’affresco aveva circa 7 anni e risiedeva in quel ridente paesino di qualche migliaio di anime. Bella è bella, non c’è dubbio, ma la domanda che mi sorge spontanea è la seguente: come avrà fatto il pittore a farla star ferma? Anche questo è un mistero della fede.
Caterina

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