sabato 1° marzo – Monte Lupone (m 1378) sopra Segni (Monti Lepini)
SABATO 1° MARZO 2008
MONTE LUPONE SOPRA SEGNI
Ormai è tradizione che Arcoiris si dia appuntamento a Largo della Primavera.
Normalmente ci si vede la domenica mattina. Alle 8 tutto è sonnacchioso, i negozi sono chiusi (pure
il bar del fratello di Massimo!), il traffico rarefatto.
Il sabato mattino è tutto un altro panorama: automobili che sbucano da tutte le parti, gente che va e
viene, studenti vocianti, commercianti già presi dai loro traffici, il mercato dall’altra parte della
strada che ingoia gente, insomma un normale giorno di caos.
Così ci incontriamo (Massimo, Caterina, Luciano, Lucilla, Isa, Luciano C, Paola, Tonino, Marina,
Piero e la guida Andreas) “in doppia fila” e caoticamente. Si è fatto tardi, via è il tempo di
raggiungere l’altro gruppetto (Patrizia, Peppe, Eraldo e Anna) che incontreremo a Colleferro… nel
parcheggio della COOP.
Qualcuno approfitta della seconda sosta per fare colazione, la seconda in 30 minuti!!!
Ancora qualche chilometro e raggiungiamo uno splendido pianoro.
Mucche e cavalli pascolano tranquilli in mezzo alla nebbiolina. Pioviggina e fa freddo, il tempo non
promette bene.
Tutti imbacuccati ci avviamo in boschi di faggi bellissimi, per sentieri un po’ fangosi e soprattutto
scivolosi. Alla fine della giornata le cadute sono innumerevoli. La pioggia non ci lascia mai,
neanche un minuto.
Noi imperterriti seguiamo la nostra monumentale guida senza obiezione alcuna.
Quando arriviamo sulla cresta il vento diventa gelido. Il gruppo è provato: qualche mantellina si è
sbrindellata; molti hanno gli scarponi che fanno ciak, ciak; qualche stomaco manda lai di
disperazione; qualcuno ha le gambe doloranti. Insomma una specie di Caporetto.
Eppure… eppure nessuno si lagna.
Arrivati alla cima invece di mangiare diventa urgente trovare la via della discesa.
Andreas ci molla per qualche minuto per andare in avanscoperta. Sono i momenti più duri, quelli
dello scoramento, del freddo che diventa insopportabile, dei dolori che si fanno tortura.
I fedeli seguaci fino allora silenziosi, si agitano, la loro fiducia sbanda.
Presto si alzano grida: Andreas, Andreas!
“Su torniamo indietro sulla stessa via! C’è la nebbia è pericoloso andare avanti a caso! Ho fame
quando si mangia? Ho freddo quando si riparte? Mi fanno male tutti i muscoli quanto manca
all’arrivo? Sono tutto fradicio! Non mi sento più le mani dal freddo!”
C’è dibattito sui Lepini!
Quando ormai la situazione rischia di divenire incontrollabile là, in mezzo al bosco, nella nebbia,
appare la sagoma imponente del nostro nocchiero. Il sentiero è ritrovato! In un secondo le acque si
acquetano, le mantelline si dispongono in fila e silenziose, chiuse nei “loro dolori”, iniziano la
discesa.
La pioggia ci accompagna fino alla fine. Quando lasciamo le pietre dell’ultimo tratto del sentiero e
ci appare la distesa verde dei pratoni si alza all’unisono un grande, enorme, immenso sospiro di
sollievo!
In un attimo siamo alle macchine. Inizia l’opera di restauro. L’acqua è arrivata ovunque: scarponi,
calzini, magliette, pantaloni, mutande, tutto fradicio. In più il fango: lo trovi ovunque, sugli
scarponi, sulle ghette, sui pantaloni impermeabili, sulle mantelline! E cosa scopri? Scopri che la
stragrande maggioranza degli escursionisti (???) non si sono portati il cambio!
Marina ma che li mandi a fare i tuoi avvisi?
Ma si è fatto tardi e la fame non manca. Si cerca un posto per dare fondo alle nostre riserve
alimentari. Qualcuno vagheggia di locali accoglienti e riscaldati, invece si va sullo splendido
belvedere di Segni e il bagagliaio dell’automobile di Andreas diventa uno splendido desco!
La nostra guida tira fuori il jolly: un tocco enorme di parmigiano, due belle bottiglie di rosso, un
pan pepato che è la fine del mondo. Si aggiungono i beni di conforto che ciascuno mette a
disposizione della comunità e la giornata si fa più …. dolce!
E il caffè? e che un’escursione di Arcoiris può terminare senza il caffè? Giammai. Ci si sposta tutti
al centro commerciale di Colleferro. A questo punto siamo diventati un gruppo di sciammennati:
infangati, con gli scarponi senza calzini, con le mantelline ancora indossate, con pantaloni fradici o
rivoltati fino alle ginocchia.
Siamo così scasciati che una signora di fronte a questo spettacolo stringe a sé il proprio carrello
della spesa e affretta il passo verso l’uscita!
E’ proprio finita. Elsa, Elsa perché ci hai abbandonato??
Luciano Baldin