Sabato 9 e Domenica 10 aprile – Campotosto
Su pei monti della Laga (Campotosto, 9-10 aprile)
E, invece, ve lo voglio proprio dire. Pe’ favve crepà de ‘nvidia. Vi siete persi le cascate dell’Ortanza in tutta la loro bellezza, la scoperta delle origini del fiume Tronto e l’ascensione al Monte di Mezzo.
Veramente, tutte queste bellezze ce le siamo perse anche noi; e io le sto leggendo dall’impeccabile depliant, che – more solito – Luciano ci ha fornito alla partenza. Ce le siamo perse; ma non senza un coraggioso tentativo, fatto sabato mattina, di sfidare l’acqua martellante e il gelido vento (notato il chiasmo?), che imperversavano sui monti della Laga.
Tentativo che io, “rotto dagli anni et dal camino stanco” (Petrarca), subito appoggiato da un gran numero dei partecipanti, ho chiesto alla guida di sospendere. Richiesta subito accolta. Perciò, dietro front e tutti alle calde (non ancora veramente) camere del Bellavista di Campotosto.
A proposito dei partecipanti, anche stavolta nuove entrate (cinque!), più otto veterani, che fa tredici. Ma qualcosa non quadra: sempre new entries (finezze…), ma dai diciotto venti di una volta, che coronavano le escursioni di Campotosto, siamo scesi sotto i quindici. Comunque, peggio per voi perché a pranzo, dopo esserci cambiati e asciugati, ci siamo preparati una amatriciana da sballo.
Di pomeriggio, chi ha fatto una passeggiata a piedi verso il lago e chi, in auto, se ne è andato ad Amatrice. Poi, nel tardo pomeriggio, tutti a darci da fare per allestire una cena succulenta: si è partiti con patatine, olive e locale caciotta pecorina semistagionata (o semifresca: dipende; dipende, sempre, dal punto di vista; infatti, si dice che se non è zuppa, è pan bagnato); a seguire, pecora alla griglia e spezzatino di pecora alla cacciatora (tre ore di cottura e bocconcini da favola: un po’ laboriosi alla masticazione, ma robba naturale, eh?); poi, insalata, frutta, dolce, mirtillo o ginepro; e, a chiusura, un bonoliano lavazza-caffè. Insomma, non ci siamo smentiti: arcoiris puoi anche chiamarla “gastroiris” (la trovata è di Peppe) e nun fai ‘n sordo de danno. Dopo cena, a vuoto alcuni tentativi di passeggiare per digerire; perciò, tutti rinserrati nella pensione a fare quattro chiacchiere (senza padella, però); e, alle ventitre, a dormire.
Domenica mattina, pioggia fitta e insistente. Da rompere veramente i coglioni. Ragion per cui, alla spicciolata, chi se ne è tornato a Roma (Gualtiero, Pino e Livia Todini, non cantando sotto la pioggia): a proposito di Livie, ce n’erano solo due e tutt’e due piccoline: mancava Livia Steve e canegigio, di cui abbiamo sentito la mancanza; ma “di cui” non dirò a chi si riferisce)); chi ha svoltato per Ancona, perché la mamma è sempre la mamma (Luciano); e chi pensava di fare una passeggiata nei pressi del lago, per poi consumare sotto l’accogliente tetto della “Bellavista” gli affettati e il caciopecorino locali: robetta fine e profumata; ma dopo aver preparato, la sera prima, la pecora alla cacciatora, tutta la pensione era un olezzo. Che lèvate!
Avete capito il senso? Chi si perde le uscite di Arcoiris, perde un tesoro. Io, per esempio, ho potuto chiacchierare, oltre che coi soliti Tonino, Nadia, Livia uno e due, Pino, Stefano e Luciano; anche con Carla e Rocco, con Ahchim (‘n’altro doic, dopo Andreas, che proprio non ha potuto), con Rosa (fresca e aulentissima, che – veramente – appare in ver’ la ‘state) e con Laura, a cui Petrarca sicuramente avrebbe dedicato i suoi due delicati versi: “quanto ciascuna è men bella di lei / tanto cresce ‘l disìo che m’innammora”. Cazzarola!