Tutti fermi: racconti dalla quarantena: resoconti di giornate fra cucina e soggiorno percorrendo viaggi fantastici o meno.
Prima settimana
E, all’improvviso, tutto è cambiato. La nostra vita è cambiata. Ancora domenica 8 marzo, sentendoci già un po’ colpevoli, in verità, siamo andati in pineta a camminare, tenendoci a reciproca debita distanza da quanti, a piedi o in bici, coi bambini o coi cani, avevano sentito lo stesso bisogno di normalità, di una normale domenica di primavera anticipata.
Ma che non fosse una domenica normale ce lo ha confermato il Premier Superstar (“quanto m’attizza ‘st’omo!”, direbbe la cara Marchesini), quando, in serata, ha comunicato alla nazione la severa inevitabile misura della “distanza sociale”: si esce di casa solo per motivi di lavoro, salute e acquisto di generi alimentari. Per il resto, tutti ai domiciliari.
Ancora una trasgressione, l’ultima, lunedì 9 in tarda mattinata: dietro casa c’è una strada senza uscita, dalla quale parte un viottolo, che procede con dolce tortuosità fra morbide colline e vallette, in uno splendore di fioriture, profumi e trilli di uccellini ignari. Qualche atleta, nonni con nipotini, due ragazze che raccolgono rami spezzati ad uso ignoto. Fotografo col telefonino il primo papavero dell’anno.
La prima settimana è stata tutta una riprogrammazione del ritmo delle giornate. Non più palestra né teatro né cinema né musei. Ma nemmeno appuntamenti medici rimandabili, spese rinviabili, incontri con amici e parenti. Da qualche tempo ho sostituito l’agendina cartacea con un file word su cui trascrivo, aggiornandola man mano, la to do list. Mi trovo bene con questo sistema. Ma adesso il file è fermo al 9 marzo. Ho portato in cantina il borsone della palestra. E ho portato a casa il tappetino da ginnastica. Il proposito sarebbe di allenarmi in salotto a giorni alterni ma finora è accaduto una volta sola. Dalla radio e dalle chat apprendo che tanti reclusi si sono dati a preparare dolci. E, infatti, nei supermercati scarseggiano uova, farina e lievito. Oltre all’oggetto del desiderio, il troppo citato gel disinfettante.
Io, invece, non ho particolare inclinazione per la cucina e la pasticceria e allora mi dedico alle faccende domestiche, confortandomi all’idea che quest’anno, se non altro, concluderò in anticipo le pulizie di Pasqua, solitamente svolte a ridosso di agosto. Adesso la casa brilla come non mai, mancano solo le tende da lavare, che rimando allo spegnimento dei termosifoni. Ho spolverato tutti i libri, in equilibrio sulla scaletta; ho lavato anche l’esterno della vasistas del bagno, arrampicata sul bordo della vasca (vale come trekking?); ho lucidato le tre cornici tre di cui consta la mia argenteria e le foglie impolverate dell’anthurium che tengo in cucina; ho pulito con l’alcool telefoni e telecomandi (avete presente quello del televisore, appiccicaticcio e con le mollichine fra un tasto e l’altro?); ho messo a dimora le stagionali che avevo fatto in tempo a comprare al vivaio e pulito vetri e ringhiere dei balconi. La cantina, a dire il vero, è sempre a posto e, comunque, un mesetto fa l’avevo riordinata. Quindi, niente da fare! Chi ha da suggerirmi qualche altra faccenda straordinaria cui potermi dedicare?
Ho esaurito anche le attività da scrivania, che riservavo al pomeriggio: rispondere alle mail, metter via le bollette dell’anno passato, fare qualche pagamento online. Ci sarebbe da fare una bella pulizia nel pc, riordinando le foto per cartelle e scartando documenti ormai superati: rimando da quasi tre anni, questa prigionia potrebbe darmene l’occasione.
Seconda settimana
Ieri, 16 marzo, è iniziata la seconda settimana di reclusione domestica. Come diceva il conduttore di Radiodue, è iniziata la settimana dei nervi saldi. E’ così! La prima settimana c’era una sorta di entusiasmo per la novità, che prevaleva sulla paura, ed è stata tutta una fioritura di flash mob dai balconi. Ho scoperto di avere un dirimpettaio sassofonista – un po’ scadente, in verità, ma generoso e coraggioso – che ha inaugurato gli appuntamenti canori delle 18. Oggi, però, non se l’è sentita, perché, come ci ha fatto sapere, il suo pensiero correva alle vittime, che se ne sono andate senza il conforto della vicinanza dei familiari. A me dispiace che non abbia preso piede, almeno nella mia strada, l’iniziativa dell’applauso rivolto a mezzogiorno a tutti gli operatori della sanità, che rischiano in prima linea: il primo giorno eravamo in pochi, il secondo ero sola, il terzo non sono uscita neanch’io.
Dopo una settimana di reclusione, interrotta solo da una scappata alla Coop, ieri dopo pranzo mi sono concessa un’ora d’aria. In realtà, venti minuti. Nel giardino condominiale, per fortuna molto grande, alle due del pomeriggio, in perfetta solitudine e in un silenzio intatto, avanti e indietro sul prato, a respirare a passi lunghi un’aria profumata, senza automobili (ma con il solo autobus di quartiere, mai così frequente e puntuale come in questi giorni in cui viaggia vuoto). Tante margherite e nontiscordardime blu e ciuffi di violette. Poi sono tornata su a piedi. Non è come lo step ma sono pur sempre ottanta gradini!
Per radio hanno detto che c’è chi noleggia il proprio cane per dieci euro: potrebbe essere un’idea per una passeggiatina fuori dal cancello!
Marina M.