racconti dalla quarantena: resoconti di giornate fra cucina e soggiorno percorrendo viaggi fantastici o meno.
Roma, 17 aprile 2020
Viaggio all’interno di casa mia in ottanta (speriamo di no) giorni (11)
Una clausura così lunga non so se l’ho già vissuta, forse durante la primavera/estate del 2017, ma ho rimosso, non me lo ricordo più. Altri periodi di forzata inattività però ci sono stati e normalmente li ho adoperati per recuperare ritardi. E se esiste una cosa su cui rincorro in continuazione e non riesco mai ad arrivare al traguardo è quello dello smaltimento dei libri da leggere.
Spesso di fronte alle tavole imbandite di tante leccornie sconsolatamente mi cerco di far persuaso che lo stomaco è uno solo e anche piuttosto malconcio, dunque è impossibile, anche solo immaginare, di poter accontentare i selvaggi istinti all’assaggio, eppure. Eppure non c’è verso sgarro dopo sgarro si procede verso il baratro.
Allo stesso modo la bulimia dell’acquisto di libri è irrefrenabile. La catasta dei volumi grandi, spesso belli e impossibili, e di quelli piccoli, zattere di salvataggio per lettori pigri e lenti, non si esaurisce mai.
Quando si assottiglia, anche solo leggermente, l’impulso all’accaparramento si manifesta insopprimibile. Gli eventi, in genere negativi, che mi costringono a casa invogliano alla sfida: “almeno potrò smaltire le letture arretrate!” Non ricordo un successo pieno neanche in questo campo, ma mezzi risultati sì. A volte sono riuscito a completare la lettura di volumi di cui non ricordavo più il motivo dell’acquisto e che, una volta arrivato all’ultima pagina, rivelavano che quel parcheggio così lungo tra i libri non letti aveva un perché.
La reclusione in casa di questi giorni però si è rivelata particolare.
I libri arretrati, i fumetti di un tempo, quelli di oggi, i volumi distribuiti da Repubblica, i consigli del coniuge, le raccolte degli album delle figurine Panini distribuiti da l’Unità, i romanzi ed i saggi recapitati dal nostro libraio di quartiere: una quantità di pagine, di racconti, di dati, complicata da gestire.
Paolo Di Paolo in un suo libro “Vite che sono la tua” afferma che “Questo è stato leggere. Questo è. Fare entrare nella propria vita molte più persone di quelle che riusciremmo a incontrare per strada”.
In questi giorni, casa mi è diventata via del Corso di sabato pomeriggio: un viavai intricatissimo di storie. Così, a volte, il sonno un po’ sgarrupato, di certe notti si popola di strane presenze. C’è quello che si ritrova una corona sulla testa e non se lo aspettava, ma c’e pure quello che la corona se la mette da solo, perché non ammette autorità superiore. C’è il dolore di chi guarda la ginestra soffocata dal vulcano e i cazzotti del ranger che difende gli indiani. C’è il primo amore del soldato perduto dell’impero italiano e il mercato del sesso thailandese del vespista in giro per il mondo. C’è Paperino che si muove nei pressi di “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno…” e ci sono i morti che gridano al commissario napoletano.
È tutto un brulicare di gente che spesso si confonde e prende strade sbagliate. Così Kit Carson me lo ritrovo su una mongolfiera in Cappadocia e Carlo Magno dialoga con Silvia tra le colline marchigiane, Sergio Zavoli in una puntata del processo alla tappa si intestardisce a intervistare Gesù di Nazareth e Napoleone gioca a bocce con Eritreo, il vecchietto di Cuore, quello di Michele Serra. Un impasto tremendo, impazzito. Chissà poi se il povero Giacomino dal gracile fisico è riuscito a vincere il Tour de France del ’67? Oh, non è che … non è che voi lo sapete?
Luciano B.
Bella questa mescolanza di protagonisti, epoche, fatti e generi letterari. Stai tranquillo non si finisce mai di leggere tutti i libri che acquistiamo compulsivamente, ma vale in ogni caso la pena di tentare.
Ah, Luciano… è successo anche a me. E sono stata indotta alla riflessione che non è possibile la bulimia di letture. Quasi quasi riesce meglio quella di cibarie e golosità. Lo stomaco parla più chiaro del cervello e quando dice basta, è basta. Il cervello ci inganna più facilmente e allora siamo noi a dover accantonare i libri e dare loro il tempo di sedimentare… Meglio il lavoro ai ferri….. perdere gli occhi nelle righe di una lunga maglia mentre i personaggi parlano, parlano, parlano.