racconti dalla quarantena

Sull’orlo di una crisi di nervi

Redazione

lbaldini

racconti dalla quarantena: resoconti di giornate fra cucina e soggiorno percorrendo viaggi fantastici o meno.


Roma 5 aprile 2020

Fine della quarta settimana. Sull’orlo di una crisi di nervi

Sto bene. No, no, sto bene.

La casa è pulita. Tutta molto pulita. Potrei spargere il contenuto dell’aspirapolvere un po’ per stanza. Dall’alto della scaletta. Così cade pure sui lampadari, i termosifoni, i battiscopa. Mi terrebbe occupata. Una giornata intera. Magari due. «No! Non voglio essere aiutata».

Prendere a fiondate i runners. O il giardiniere che soffia le foglie. Fabbricarmi una fionda. Vuoi che non ci sia un tutorial?

Sull’onda del “restate a casa” Fazio ha brevettato #veniamonoidavoi. Non l’ha rilanciato nessuno. Molto bene.
L’ho sempre detto che i pipistrelli sono uccelli schifosi. «Sono mammiferi!». È uguale. Sempre schifosi sono.

Mesi fa ho rifiutato la cyclette di mio cognato. Perché ho rifiutato? Ah, nemmeno io ho spazio.

La radio mi fa molta compagnia. Ascolto Cervelli e Labate e poi Boschero e Delogu. Per esercitare l’odio. Se non sono soddisfatta, alla sera ascolto pure Fede e Tinto.

Ho spremuto a sangue l’ultima “Settimana Enigmistica”. Le parole crociate crittografate sono state le prime a cadere. Poi tutto il resto. L’Antologia di Edipo non ha più segreti per me. Ho anche unito tutti i puntini. L’ultima volta che li ho uniti avevo quindici anni.

La ricrescita fa il suo corso. Chiedere al “familiare delegato ad uscire per la spesa” di comprarmi una tinta al supermercato. Chissà che mi compra. Meglio i capelli metà castani e metà bianchi o metà castani e metà verdi? Oppure un prodotto di farmacia biodinamico-antiallergico-ammorbidente-brillantante-senzazuccheriaggiunti-senzascattoallarisposta. Con quel bel retrogusto di melma, persistente per giorni. Me li tengo così. Accada quel che deve accadere.

Ho finito la lana bordeaux. La sciarpa è lunga 43 centimetri. «Vabbè, ci hai passato un pomeriggio!». Vabbè.

Sere fa ho guardato in tivvù John Wick 2 e la settimana precedente il primo. Nulla fa ritenere che mercoledì prossimo io mi sottragga a John Wick 3. Ci sono, anzi, indizi a favore di questa eventualità: mi sono guardata anche Tokarev, con Nicholas Cage, insomma sono già passata a John Wick, vergognati! [questa la capiscono gli adepti del ruggito del coniglio]. A mia difesa posso addurre una visione pomeridiana di A serious man, Vostro Onore.

Dormo? Sì, più o meno. Vado a letto tardi. In compenso mi sveglio presto. Fianco destro. Fianco sinistro. Destro. Supina solo cinque secondi. Ricomincio da fianco sinistro. Respirazioni. Tre tempi prendi aria. Trattieni. Cinque tempi espira. Trattieni. Ricomincia, tre tempi prendi aria. Verso le cinque e un quarto sento salire l’autobus dal deposito verso il capolinea. Alle sei e cinquanta arriva l’ama. Alle sette e venti la ragazza del secondo piano va a correre. Ma ci va con l’ascensore.

«Si può uscire a correre nei parchi». «Parchi cittadini chiusi dai sindaci». «Si può correre intorno alle recinzioni dei parchi chiusi dai sindaci». «Si può correre da soli». «Massimo in due, ma senza sputare». «Evitare gli assembramenti». «Si può circolare in macchina anche in due ma seduti uno davanti e l’altro dietro». «Preferibile che il guidatore sia quello seduto davanti, ma regolatevi secondo il buon senso». «Si può portare fuori il cane». «Quante volte? Al bisogno!».«Un solo genitore può portare fuori il bambino a prendere aria». «No, il figlio trentottenne, anche se convivente, non vale». «Non ho detto che si possono portare i bambini fuori per l’ora d’aria ma che il genitore che va a fare la spesa può portarsi appresso il bambino».«Lo dice il decreto».«È scritto nell’ordinanza».«È chiaramente spiegato nella circolare interpretativa». Se esco da sola in macchina, con il cane dietro, travestito da runner,e un bambino con la museruola seduto sul cofano, vale?

Segnare sull’agenda: corrompere il vicino di casa con una crostata onde farsi prestare il figlio per una passeggiata.

Sì, Achille Lauro mi piace. Mahmood a piccole dosi. Alzo il volume se c’è Ghali. Anche Morgan e Bruco, guarda che arrivo a dire. Muffami muffami mi piace ma la seconda canzone non è come la prima.

Le ****ate della chat condominiale. Prima i video (virali?) che rimbalzano da un telefono all’altro. E poi ti ritornano. Come i boomerang. Ora gli avvisi: «Teniamo chiuso il portone!». «In ascensore uno per volta!». Emoticon con pollice (ho detto pollice) alzato. «Vietate le assemblee!». Evvai! «Girano i testimoni di Geova, travestiti da truffatori, che fingono di venire a consegnare le mascherine per rubare lievito e farina». Mi sa che esco dal gruppo. Come John Frusciante.

Sono diventata scrittrice compulsiva per Arcoiris. È terapeutico. Forse. Sì, ma i lettori che c’entrano? Quali lettori? Non li legge nessuno, ‘sti diari della quarantena. Che poi «Quarantena non è il termine esatto!». «Giusto, esimio professore, si deve dire distanziamento sociale». «Mi consenta di dissentire, illustre collega. “Distanziamento sociale” appartiene alla terminologia sociologica e si riferisce ai rapporti fra le classi. Lo dice anche la Crusca: qui si tratta di distanza fisica di sicurezza». Un metro. Cinque metri (se c’è particolato nell’aria, il virus fa massa e arriva più lontano). Un metro e ottantadue. Che faccio, lascio?

Ce l’ho col noto segretario di partito, che va apposta a Milano a prendersi l’aperitivo. Ce l’ho con i giornalisti (“noi facciamo le domande!”), nessuno escluso. Ce l’ho con i virologi superstar, che dicono tutto e il contrario di tutto nella stessa frase. Ce l’ho con l’intrattenitore (?) seral-radiofonico che sull’emittente di Stato dice che le norme sui divieti di uscire di casa sono “interpretabili”. Sono cattiva? Perché, la cattività rende buoni?

Il 25 aprile ci sarà la liberazione? Forse è troppo presto. Non sarò pronta. Ho iniziato tanti cantieri casalinghi, che non ce la farò a chiuderli per quella data. E se poi gli altri escono e io rimango indietro? Devo ancora mettere in ordine le fotografie. E il cassetto delle posate. E quello della cancelleria. Saprò ancora camminare? E andare in bici?

Marina M.

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7 Comments

  1. Marina io leggo tutto ciò che viene pubblicato. Vado a vedere subito in fondo l’autore del brano però i tuoi si riconoscono subito per l’ironia e la lunghezza che s’intravede. Stavolta sei.. ironica, sarcastica o strastufa?

  2. Marina, anch’io leggo sempre, e apprezzo molto i tuoi scritti.
    Dai, forza e coraggio, che dopo aprile… viene maggio!!!

  3. Marina, grazie! I tuoi pezzi sono davvero geniali, m uccido (…) dalle risate, ed è cosa buona 🙂
    Ma ora torno a lavorare.
    Bacio

  4. Ti tranquillizzo anche io Marina, ogni sera entro nel nostro sito e mi concedo un po’ di sana distrazione e come avviene con i resoconti cerco di capire prima chi ne sia l’autore, o meglio l’autrice, dato che anche su questo fronte le donne si danno più daffare. Ognuno di noi ha un suo stile ed il tuo, come dice Antonietta è meravigliosamente ironico e questo serve sempre, figuriamoci in questo periodo.

  5. Tranquilla, tranquilla Marina, siamo in tanti a leggere le news di Arcoiris. Poco prima delle mie due partite a solitario, prima di andare a dormire, verso l’una le due di notte, mi collego e leggo e quando ritrovo la tua ironia mi rassereno e via.. vado a letto più contenta.

  6. Ebbene si anche io leggo i diari dalla quarantena ed è davvero divertente… cserto se sei già arrivata a John Wick…. Baci

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