numero 9 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – giugno 2020
Lui … Cominci un discorso con “lui”? Non lo sai che lui è un caso obliquo? Lo so, lo so; ma “egli“ ormai non si usa quasi più, nemmeno nei discorsi di rango. Provo a farti qualche esempio. “Era lui che agitava fantasmi nella notte scura”, “Lui sì che in ogni occasione profondeva qualità straordinarie”. Se provi a mettere “egli” vedrai che non funziona.
Dunque. Lui sosteneva spesso, quando parlava con me, di essere tutto d’un pezzo, che non cambiava opinione al mutar del vento; questa abitudine l’aveva presa col passar degli anni – adesso ne aveva una quarantina – e ci si ritrovava bene.
I genitori avevano voluto che studiasse, che facesse addirittura il liceo, ma lui alla madre, che lo incitava a studiare per non restare ignorante come loro, rispondeva: “Voglio fare quello che fa papà: il commerciante in proprio, avere un camion e viaggiare in giù e in su per l’Italia. Studiare, robba de scola non me piace”.
Infatti, alla maturità non c’era arrivato, aveva imparato il mestiere del padre e aveva seguito le sue orme. Il suo viaggio preferito era Roma – Ortona, caricare un camion d’uva da tavola, la Regina Italia, e tornare di notte ai Mercati Generali, arrivarci alle prime ore del mattino; e venderla, assistito dal suo sensale.
Intanto messa su famiglia, aveva avuto una bambina che a scuola prometteva bene, mentre lui trascorreva gli anni a fare su e giù col camion per l’Italia; e, alla stagione dell’uva, ogni giorno il percorso Roma – Ortona – Roma. E quando mio suocero, che aveva comprato un terreno a Ortona (un promontorio sul mare), gli offrì uno dei sei lotti realizzati, se ne comprò uno … Ecco perché io e lui d’estate abitavamo nella stessa contrada ortonese.
Qualche volta ci incontravamo, lui fra un trasporto e l’altro di uva ai Mercati Generali, io libero dagli esami di maturità, svolti un po’ qua e un po’ là per lo stivale (Milano, Grosseto, Chieti, Vasto, Lanciano, Pescara, Ortona, insomma, quasi sempre, casa e scuola …).
Argomenti? Qualche volta la politica, ma eravamo irriducibili: lui “democristiano fracico”, come gli dicevo; e io irriducibilmente di sinistra e perciò irriducibilmente perdente. Raramente di calcio, che non lo interessava quasi per niente. Qualche volta parlavamo del suo lavoro e del mio: il suo che era fatica, tanta fatica – come diceva lui – per mettere su appena qualche soldo, il mio che era – diceva sempre lui – un lavoro da pascià, poca fatica, uno stipendio sicuro; e tanti professori sfaccendati, poca voglia di fare il proprio dovere, in attesa solo del 27, San Paganino, come si diceva una volta. Avevo voglia io a obiettargli che molti professori, nonostante il basso stipendio, lavoravano con impegno e qualche volta pure con passione. “Lassa sta’. Lo saccio io comme va ju munnu”.
Passano gli anni; e la figlia, brava al liceo, è brava anche all’Università; delle diverse strade che può intraprendere dopo la laurea, sceglie l’insegnamento … E da allora il suo ritornello – di lui voglio dire – era quello di recriminare il basso stipendio della figlia, che paragonato a quello che racimolava lui – ma quanta fatica – era soltanto ridicolo …, co’ tuttu vello sgobbà sui libbri.
Lo ascoltavo e, fra me e me, dicevo: ma guarda alle volte come si cambia…
Gualtiero